Secondo un sondaggio del Washington Post-ABC News pubblicato mercoledì, i tre quarti degli elettori democratici ritengono che il senatore Bernie Sanders, il “socialista del Vermont”, potrebbe sconfiggere il presidente in carica Donald Trump se fosse selezionato come candidato presidenziale del partito.
I
sondaggisti hanno chiesto agli intervistati democratici, o che hanno
appoggiato un democratico, quale candidato pensavano avrebbe vinto
contro Trump se quel candidato rappresentasse il partito a novembre.
Il
settantadue percento ha dichiarato di ritenere che Sanders potrebbe
sconfiggere Trump in uno scontro uno contro uno, mentre il 24 percento
pensa che potrebbe vincer Trump, mentre il 4 percento non ha opinioni.
Di
tutti i candidati democratici, Sanders è insomma colui che -nelle
risposte – appare avere le migliori possibilità di sconfiggere il
presidente in carica. Mike Bloomberg, uomo d’affari
miliardario ed ex sindaco di New York City, ha ottenuto il secondo
miglior risultato: nel suo caso, il 69% degli intervistati ha dichiarato
di ritenerlo in grado di poter battere Trump in generale, mentre il 28%
pensa che la vittoria andrebbe a Trump e il 3% è senza un’opinione.
L’ex vicepresidente Joe Biden,
che appariva in prima posizione nella maggior parte dei sondaggi
nazionali prima dei caucus dello Iowa del 3 febbraio, è solo terzo. Il
sessantotto percento degli intervistati a questa domanda lo ritiene in
grado di vincere contro Trump se fosse stato selezionato per
rappresentare il partito, contro il 28 percento e il 4 percento di senza
opinioni.
Più indietro gli altri. Il 58% degli intervistati stima vincente la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren, mentre solo il 55 percento degli intervistati pensava che l’ex sindaco di South Bend, Indiana, Pete Buttigieg,
che aveva sconfitto per poco Sanders nel caucus dello Iowa, ma aveva
perso con lui nel primario del New Hampshire, potrebbe ottenere la
vittoria.
Ovvio
che si tratta soltanto di sondaggi. Chiaro che, trattandosi di opinioni
espresse oggi da elettori democratici, tutti o quasi ritengono di poter
vincere contro Trump con qualsiasi candidato.
Ma
non è privo di interesse che “il socialista” – parola che fino a
qualche tempo fa era negli Usa un insulto in grado di fermare la corsa
di qualsiasi politico – sia ritenuto il miglior candidato possibile
contro i parafascista Trump
Fonte: Newsweek
P.s. Due righe dedicate ai compagni che confondono l’analisi oggettiva dei processi con l’individuazione soggettiva
dei personaggi che sono diventati “volto pubblico” delle tendenze in
atto. Non ha senso, ragionando da marxisti, star lì a questionare quanto un determinato politico progressista di un altro paese (e tanto meno se quel paese sono gli Stati Uniti…) corrisponda o meno a quel che pensiamo noi.
La cosa più importante di queste elezioni americane, infatti, non è il quanto di rivoluzionarietà di Bernie Sanders e dei suoi seguaci, ma la possibile rottura
definitiva del “bipolarismo moderato convergente al centro”. Trump a
destra e Sanders “a sinistra” stanno demolendo – o meglio, rappresentano
sul piano politico una rottura degli equilibri sociali storici – buona
parte del potere dell’establishment.
Questa
è una notizia di cui intanto prendere atto. Non cambia certo la natura
imperialista degli Stati Uniti, ma ne illumina l’attuale crisi; non solo
con i numeri dell’economia, ma soprattutto con la fine del “sogno
americano” e la sua egemonia culturale sul mondo occidentale.
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