sabato 29 febbraio 2020

Niente sarà più come prima.

Una delle conseguenze da trarre nel corso di questa crisi sanitaria, che potrebbe essere solo la prima, è che niente sarà più come prima, come ha scritto Naomi Klein. Ce lo dicono, in modo difficile da mettere in dubbio, molto più del virus “cinese” le conseguenze del cambiamento del clima. Dobbiamo convincerci che il tempo di cambiare anche le nostre abitudini è adesso. Perché la crisi climatica e ambientale le sconvolgerà tutte; e per tutti da ora in poi le cose cambieranno in peggio: il “tempo che fa” non sarà più prevedibile, e a volte nemmeno sopportabile; il lavoro potrebbe mancare perché i mercati che lo sorreggevano si dileguano; i negozi e i supermercati non saranno sempre pieni e a molte cose dovremo rinunciare; potremo ritrovarci senza auto o benzina, o con i treni che fanno anche sette ore di ritardo; la luce potrà non accendersi più tutti i giorni, l’acqua non scorrerà più dal rubinetto per ore, le case potranno rimanere al freddo, le vacanze sfumare perché gli aerei non partono più; e le malattie da virus ignoti moltiplicarsi. Se aspettiamo ancora che a cambiare siano coloro che ci governano, quelli che continuano a pensare solo a Tav, Tap, Olimpiadi e nuovi stadi, mentre “la nostra casa brucia”, finiremo bruciati con lei.

La mobilitazione martellante e scomposta di politici e media contro il coronavirus ricorda Pierino e il lupo: che cosa mai si potrà fare per comunicare una vera emergenza, quando la crisi climatica alle porte comincerà a mordere veramente sulle nostre vite (come già sta facendo su quelle di milioni di altri esseri umani), ora che tutti vedono che il lupo non c’è, o non è un lupo?
Quello che si vede nell’immediato è solo una corsa a misure estreme per non sentirsi scavalcati da chi pretende che si faccia ancora “di più”: è il meccanismo di una competizione politica che ha perso la bussola del vero o presunto “bene comune”.
Vuoi chiudere i porti? E io chiudo gli aeroporti. Vuoi chiudere le moschee? E io chiudo le chiese.  
Così si fanno idiozie come tenere aperti i bar all’ora del cappuccino e chiuderli all’ora dello spritz.
Ai medici viene tolta la parola; a Burioni no.
Molti però, tra cui Marco Bersani e Giorgio Agamben, vedono in queste misure una prova o una tappa di avvicinamento allo stato di eccezione; a un controllo sistematico di tutte le nostre attività quotidiane. E’ vero: le misure colpiscono quasi solo luoghi e momenti di aggregazione: spettacoli; bar e caffè del “dopolavoro”; riunioni, assemblee e manifestazioni; l’ufficio, quando si può disperdere tutti nel telelavoro: ciascuno a casa sua! Tutte condizioni favorevoli all’affermazione di un dominio autoritario.


Questa mezza quarantena, che non tocca il lavoro in fabbrica, le code ai supermercati, gli assembramenti nelle stazioni o sui mezzi pubblici, le cene di Salvini, tutte occasioni massime di contagio, è in linea con le tendenze di fondo dei processi in corso: chiusura sistematica di tutti i centri di aggregazione – di donne, di giovani, di richiedenti asilo, di attivisti – e, soprattutto, leggi contro i migranti e le lotte sociali, tese a trasformare l’Europa in una fortezza chiusa verso l’esterno, ma anche in una caserma ben disciplinata all’interno, dove dissenso e conflitto sono fuorilegge. E’ così che le destre (in sintonia, ancorché negata, con gli establishment di centro e di sinistra, consapevoli o meno che ne siano) si preparano ad affrontare con la forza delle armi le conseguenze della crisi climatica: le migrazioni di massa nel e dal resto del mondo, e le lotte contro lo sconquasso delle condizioni di vita e di lavoro e territori all’interno di ogni paese. Continuando a spremere gas e petrolio dal ventre della Terra e a pompare CO2 nell’aria.
Ma, per non limitarsi a un’ovvia denuncia, proviamo a trasformare questa ilarotragedia in un’occasione di crescita e autoformazione per tutti.
Perché, in ultima analisi, le misure imposte, per quanto in parte ridicole e in parte eccessive, spezzano l’ordinario andamento delle nostre esistenze, ci fanno capire che da un momento all’altro possiamo entrare veramente in “emergenza”; una condizione che, per chi l’ha dichiarata o ha preteso che venisse dichiarata nei confronti della crisi climatica e ambientale, dovrebbe essere norma, consapevolezza che da ora in poi niente potrà più scorrere come prima.  
Una condizione in cui molti sono già stati gettati dalla precarietà del lavoro o della vita; e molti altri da qualche evento estremo che li ha cacciati dalle loro case.
Ma che per tutti dovrebbe significare “abituarsi a fare a meno delle proprie abitudini”.
Perché la crisi climatica e ambientale le sconvolgerà tutte; e per tutti da ora in poi e, volenti o nolenti, sempre più spesso, le cose cambieranno in peggio:
il “tempo che fa” non sarà più prevedibile, e a volte nemmeno sopportabile;
il lavoro potrebbe mancare perché i mercati che lo sorreggevano si dileguano;
i negozi e i supermercati non saranno sempre pieni e a molte cose dovremo rinunciare;
potremo ritrovarci senza auto o senza benzina, o con i treni che fanno anche sette ore di ritardo;
la luce potrà non accendersi più tutti i giorni, l’acqua non scorrere più dal rubinetto per ore, le case rimanere al freddo, le vacanze sfumare perché gli aerei non partono più; e le malattie da virus ignoti moltiplicarsi.
E a tutte queste cose dovremo trovare rimedio insieme a coloro che le patiscono con noi.
Ma soprattutto dobbiamo anticiparle, individuando, percorrendo e imponendo nuove strade, perché se aspettiamo che a farlo siano coloro che ci governano, che continuano a pensare solo a Tav, Tap, Olimpiadi e nuovi stadi, mentre  
“la nostra casa brucia”, finiremo bruciati con lei.
E’ un inganno sostenere che la vita potrà continuare come prima, perché basta “rendere sostenibile” lo sviluppo (del Pil).
Lasciamo perdere il Pil e guardiamo alle cose: di sviluppo non ce n’è più da tempo, né per noi né per il resto del mondo, se non per un manipolo sempre più ristretto di Signori della Terra (e della finanza) che tengono in pugno i nostri destini.
Non ci sarà conversione ecologica, né del sistema né delle nostre vite, se non ci rendiamo innanzitutto conto che, come scrive Naomi Klein, That changes everything: niente sarà più come prima.

Nessun commento:

Posta un commento