Si dice che fosse malato, ma solo qualche mese fa Vaughn Benjamin era
su un palco a fare il suo lavoro, a portare la sua testimonianza senza
sosta in giro per il mondo. La sua ultima esibizione è stata lo scorso
17 settembre al Worldbeat Cultural Center di San Diego. Difficile
riassumere 70 album in cui disciplina e umiltà l’hanno
fatta da padrona ma non è possibile esimersi dal citare capolavori
assoluti come “Ride tru”, “Infinite quality”, “Jubilees of Zion” e “Rul
the Time”.
dolcevitaonline.it Gebre Tsadik
La sua figura ha ispirato una prolifica scuderia di cantanti e musicisti di grande spessore spirituale
tra cui Dezarie, Ras Batch, Ras Attitude, Abja, Bambu Station, Nyorah e
Ras Iba che divennero presto il fermento principale della scena
musicale delle Isole Vergini, lì dove per Vaughn Benjamin tutto ebbe
inizio. In quella parte di mondo nacque la stella della musica degli oppressi, dei senza voce.
Nei Midnite, la band di cui era il cantante principale, non trovavi
grandi virtuosismi musicali ma il loro suono ti avvolgeva, ti cullava,
ti emozionava e ti faceva riflettere.
Era un roots magnetico
in pieno stile “shaolin” che ti catturava tra canti blues di saperi
quasi sepolti ma colmi di verità, passando attraverso sacre scritture,
antiche conoscenze cosmiche e consapevolezze sul potere che l’uomo ha di
redimere se stesso, sul risveglio spirituale che eleva l’anima verso
vette più alte e verso una maggiore comprensione del senso di tutto il
creato.
Negli ultimi anni della sua vita Vaughn Benjamin aveva deciso di
cambiare il nome del progetto in “Akae Beka” focalizzando tutto su di
lui come “solo artist”. Le due parole misteriose sono menzionate nel
libro di Enoch, libro canonico nella cristianità etiope: mentre Beka
rivela i segreti dei cieli Akae invece rivela quelli dei cicli
terrestri; così il cerchio che si chiude abbracciando la conoscenza del
tutt’uno.
Akae era un affascinante ricercatore della “riconnessione”,
cercava di collegare tutto avendone delle nitide visioni mistiche che poi diventavano gemme vibranti del miglior roots senza compromessi in circolazione.
Impossibile non ammirarlo nella sua figura statuaria sul palco,
imperiale, maestoso ruggente leone dal flow vibrante più unico che raro.
L’effetto calmante e meditativo delle sue vibes era
speciale, unico e irripetibile; con chiunque abbia discusso di reggae e
dintorni, quando si menzionavano i Midnite e poi Akae Beka, si doveva
per forza aprire un capitolo a parte perché non era possibile accostarlo
a nessun’altro, chiaro segno della sua genialità e del suo talento
destinato a sconfinare ben oltre il reggae pur restando fortemente
ancorato alla fede rasta fino alla fine.
Akae Beka ci ha lasciati con due album del 2019, “Hail the king” e
“Mek a menshun”, preceduti da un bellissimo set acustico passato in
sordina nel 2018 “Topaz”, un disco di una bellezza infinita. Vaughn
Benjamin ha sempre cercato di spiegare tutto quello che percepiva
intorno a sé, nei suoi testi si parla di fede incondizionata, medicina olistica,
biologia, tecnologia, frequenze ed elettromagnetismo del corpo umano.
Ti teneva incollato sul groove cronico esaltando il potere della meditazione
e della introspezione. Invitava alla calma interiore che tutto rende
fluido dentro e fuori di noi. Come lui stesso recita in un brano del suo
ultimo lavoro, “Give the people some solid sense”.
Non ci potrà mai
essere redenzione senza conoscenza.
Massive respect honourable mr Vaughn Benjamin.
a cura di Gebre Tsadik
Autore per Rasta Snob, da trent’anni rivista di riferimento per gli amanti del reggae
Rete per l'Autorganizzazione Popolare - http://campagnano-rap.blogspot.it
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martedì 4 febbraio 2020
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