giovedì 14 giugno 2018

Via dalla Costituzione il pareggio di bilancio (di G. PALMA e P. BECCHI su Libero di oggi)

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Articolo di Paolo BECCHI e Giuseppe PALMA su Libero di oggi, 14 giugno 2018:
Il governo ha cominciato a mostrare come la musica stia cambiando sul tema “migranti”, ma cambierà qualcosa anche nell’ambito della politica economica? Certo, non ha senso avanzare critiche a pochi giorni dalla formazione del governo, ma dei “minibot” quasi più non si parla, nonostante siano nel programma di governo, e neppure dell’obbligo del pareggio di bilancio. Per non parlare dell’euro, che anzi non passa giorno senza che esponenti del governo, per «calmare i mercati», sottolineino la sua «indispensabilità». Oggi vogliamo soffermarci sull’obbligo del pareggio di bilancio.
Quando nel 2012 l’obbligo del pareggio di bilancio fu inserito in Costituzione su dettatura di Mario Monti, e per ordine della Bce, al popolo fu iniettata una consistente dose di menzogne basata sul fatto che lo Stato è come una famiglia e quindi non può accumulare debiti. Falso. Il pareggio di bilancio consiste infatti nell’impegno dello Stato a non poter spendere a deficit, quindi a lasciare zero ricchezza a cittadini e imprese. Se lo Stato spende 100 e incassa 97, ha speso a deficit nella misura del 3 per cento, soldi che restano nell’economia e che costituiscono ricchezza per la collettività. Se invece lo Stato si impone, addirittura per Costituzione, di fare pareggio di bilancio, vuol dire che quei 100 che spende deve vederseli tornare indietro in egual misura, lasciando zero ricchezza nell’economia reale.

LA SVENDITA
In un clima di totale svendita del Paese all’Ue, il Parlamento italiano inserì nel 2012 in Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio con una revisione costituzionale votata dai 2/3 dei componenti di entrambe le Camere. A favore votarono Pd e Pdl, contro – ma solo in seconda votazione – Lega Nord e Italia dei Valori. In questo modo la modifica non fu sottoposta a referendum popolare confermativo, con la conseguenza che non vi fu alcun dibattito nel Paese lasciando che i cittadini restassero ignari di quello che era successo. Oggi la situazione politica è molto diversa ed esistono le condizioni per rimediare.
Ma per farlo serve una nuova revisione della Costituzione che abroghi la Legge costituzionale n. 1/2012 ripristinando l’originaria formulazione degli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione. I numeri in Parlamento ci sono. L’art. 138 della Costituzione prevede, per i procedimenti di revisione costituzionale, due diverse votazioni di Camera e Senato distanziate l’una dall’altra da un intervallo di almeno tre mesi, e nella seconda votazione occorre quantomeno la maggioranza dei componenti di entrambe le Camere. M5S e Lega dispongono di questa maggioranza. Dopo di che occorrerà un referendum confermativo.
IL CONTRATTO
Il “contratto di governo” – sul punto – non è per la verità cristallino, ma c’è un capitolo in cui se ne parla che è proprio quello delle riforme istituzionali. La penultima versione del contratto prevedeva espressamente il “superamento” del pareggio di bilancio, formulazione lessicale ammorbidita dalla versione definitiva. Una correzione introdotta forse per non spaventare né Mattarella né i mercati, ma il significato non cambia di molto. Se non si interviene con una revisione costituzionale in tal senso il Paese resterà schiavo di uno dei vincoli esterni tra i più pericolosi di sempre. Qualora non si procedesse con l’abrogazione del vincolo, i nostri figli finiranno per non avere né un lavoro né una pensione dignitosa. Quando lo Stato incassa in misura equivalente a quello che spende, è inevitabile che alla collettività non resti nulla. Al netto degli interessi passivi che paghiamo sul debito pubblico, è da ventisette anni che l’Italia fa addirittura avanzo primario. Se rispettassimo anche il vincolo del pareggio di bilancio, l’avanzo primario sarebbe addirittura superiore a quello degli ultimi decenni, infatti quel poco di deficit che facciamo attualmente è dato soltanto dagli interessi sul debito, e non perché siamo spendaccioni. Una situazione insostenibile che impedisce ogni forma di sviluppo economico.
In Parlamento è già stato depositato, in questa Legislatura, un Ddl di revisione costituzionale a firma della deputata Cipriani del M5S che prevede proprio l’abrogazione del vincolo del pareggio di bilancio. Speriamo che si proceda con celerità in questa direzione.
Articolo di Paolo BECCHI e Giuseppe PALMA su Libero di oggi, 14 giugno 2018.

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