«Dovranno passare sul mio corpo», avverte Sergio Chiamparino, ultimo guardiano politico della linea Tav Torino-Lione. Clinicamente morto, come progetto strategico, il Tav della valle di Susa resta il supremo totem del super-potere oligarchico che ha fatto carne di porco della democrazia europea, criminalizzando ogni voce di dissenso. Banche, partiti, mafia e maxi-opere: per 25 anni le grandi lobby hanno dettato legge, affidando interi tratti della rete ferroviaria superveloce direttamente alla criminalità organizzata, come denunciato da Ferdinando Imposimato. Nel suo “Libro nero dell’alta velocità”, un analista come Ivan Cicconi vede “il futuro di Tangentopoli”, tra «scelte note e occulte, bugie consapevoli e inconsapevoli», come il “finto” finanziamento privato. Il giallista Massimo Carlotto spiega che le grandi opere sono notoriamente «una lavanderia per riciclare denaro sporco». Rischi sistemici inevitabili? Inconvenienti in agguato in ogni maxi-appalto? Ma nel caso della valle di Susa è peggio: perché l’ipotetica linea-doppione, fotocopia dell’attuale Torino-Modane che già collega Italia e Francia via traforo del Fréjus, è completamente inutile. Lo dicono 360 esperti dell’università italiana e lo conferma la stessa autorità elvetica incaricata dall’Ue di monitorare i trasporti transalpini. L’utilità della Torino-Lione? Una leggenda metropolitana. Ma non per Sergio Chiamparino e il gruppo di potere che rappresenta.
Sindaco
di Torino dal 2001 al 2011, Chiamparino esprime al meglio la storica
conversione neoliberista dell’ex sinistra piemontese, passata dalla
lotta operaia sotto le bandiere del Pci alle platee del Lingotto
all’ombra del Pd veltroniano e renziano. Dopo aver gestito le Olimpiadi Invernali 2006 che hanno ridato fiato all’economia
torinese prostrata dal declino della Fiat, Chiamparino è passato – in
modo disinvolto – dalla guida della città alla presidenza della
Compagnia di San Paolo, potentissima fondazione bancaria del primo
istituto di credito italiano, per poi tornare tranquillamente alla politica:
oggi è presidente della Regione Piemonte. “Siete praticamente finiti”,
disse cordialmente ai NoTav nel 2010, festeggiando quella che immaginava
fosse la fine della resistenza popolare della valle di Susa contro la
maxi-opera. “Siete rimasti in quattro gatti”, disse ai militanti, che
risposero con una marcia di 40.000 persone. Da allora, la battaglia
NoTav si è letteralmente incendiata, anche con pesanti strascichi
giudiziari. E nel frattempo è cambiata la percezione nazionale del
fenomeno: decine di personaggi pubblici – scrittori, cantanti, attori,
registi – si sono schierati dalla parte dei valligiani, bocciando la
Torino-Lione come una inutile, pericolosa devastazione.
La novità è che, dopo le elezioni
del 4 marzo, questo pensiero è diventato maggioranza, nel paese: il
governo gialloverde frena, sui cantieri valsusini. I penstastellati
dovranno “passare sul corpo di Chiamparino” se vogliono cestinare la
Torino-Lione? Si tranquillizzi, gli risponde il ministro grillino Danilo
Toninelli: in valle di Susa potrebbe non passare nessun treno. Al che,
Chiamparino rilancia e “convoca” a Torino l’esecutivo, che però risponde
picche. Un affronto, per il presidente della Regione: «L’esempio che
arriva dal governo non è di rispetto istituzionale», dice Chiamparino,
irritato anche con Salvini, “colpevole” di avergli ricordato che «il
contratto di governo prevede, per tutte le grandi opere, una nuova
analisi costi-benefici». Chiamparino attacca il neo-ministro
dell’interno, definendolo «un primo ministro ombra, in campagna
elettorale permanente, che non mostra alcun rispetto istituzionale».
Davvero? «Se pensava di farsi da solo il monologo sulla Torino-Lione e
altre opere che invece dovranno passare da una seria analisi
costi-benefici previste nel contratto di governo, strumentalizzando ai
fini politici la sua carica istituzionale, è stato servito», replicano i
parlamentari piemontesi del Movimento 5 Stelle, chiudendo il caso della
mancata partecipazione del governo al summit torinese.
Ancora
più dura la risposta leghista: «Se un governatore fantasma, sparito da
Torino e dal Piemonte, si ricorda di esistere solo per attaccare Salvini
e la Lega, significa che l’incontro sulle infrastrutture era solo un
pretesto», dice Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera e
segretario regionale del Piemonte. «Chiamparino sa bene che il mio
ministero sta lavorando alacremente per una “project review” di certe
importanti opere della sua regione», precisa lo stesso Toninelli:
«Quando sarà il momento, saremo noi a convocare un tavolo istituzionale
con tutte le parti in causa». E aggiunge: «Il governo è cambiato: forse
il presidente Chiamparino ha difficoltà a farsene una ragione».
L’esecutivo è cambiato perché gli italiani hanno votato,
democraticamente. E hanno scelto Lega e 5 Stelle: di questo, proprio,
l’establishment sembra non riuscire a capacitarsi. E tra le macerie
dell’ex centrosinistra, tutto quello che riesce a pigolare il Pd
è la paura che venga cancellato il maxi-appalto del secolo, per il
super-treno che nessuno vuole – a parte Chiamparino e la potente lobby
dell’alta velocità valsusina, che in trent’anni non ha mai trovato modo
di spiegare, al popolo, a cosa (e a chi) servirebbe davvero, quel
maledetto treno, destinato a restare in eterno – secondo tutti gli
esperti – nient’altro che un patetico, miliardario binario morto.
«Dovranno passare sul mio corpo», avverte Sergio Chiamparino, ultimo
guardiano politico della linea Tav Torino-Lione. Clinicamente morto,
come progetto strategico, il Tav della valle di Susa resta il supremo
totem del super-potere oligarchico che ha fatto carne di porco della democrazia europea, criminalizzando ogni voce di dissenso. Banche,
partiti, mafia e maxi-opere: per 25 anni le grandi lobby hanno dettato
legge, affidando interi tratti della rete ferroviaria superveloce
direttamente alla criminalità organizzata, come denunciato da Ferdinando
Imposimato. Nel suo “Libro nero dell’alta velocità”, un analista come
Ivan Cicconi vede “il futuro di Tangentopoli”, tra «scelte note e
occulte, bugie consapevoli e inconsapevoli», come il “finto”
finanziamento privato. Il giallista Massimo Carlotto spiega che le
grandi opere sono notoriamente «una lavanderia per riciclare denaro
sporco». Rischi sistemici inevitabili? Inconvenienti in agguato in ogni
maxi-appalto? Ma nel caso della valle di Susa è peggio: perché
l’ipotetica linea-doppione, fotocopia dell’attuale Torino-Modane che già
collega Italia e Francia
via traforo del Fréjus, è completamente inutile. Lo dicono 360 esperti
dell’università italiana e lo conferma la stessa autorità elvetica
incaricata dall’Ue
di monitorare i trasporti transalpini. L’utilità della Torino-Lione?
Una leggenda metropolitana. Ma non per Sergio Chiamparino e il gruppo di
potere che rappresenta.Sindaco di Torino dal 2001 al 2011, Chiamparino esprime al meglio la storica conversione neoliberista dell’ex sinistra piemontese, passata dalla lotta operaia sotto le bandiere del Pci alle platee del Lingotto all’ombra del Pd veltroniano e renziano. Dopo aver gestito le Olimpiadi Invernali 2006 che hanno ridato fiato all’economia torinese prostrata dal declino della Fiat, Chiamparino è passato – in modo disinvolto – dalla guida della città alla presidenza della Compagnia di San Paolo, potentissima fondazione bancaria del primo istituto di credito italiano, per poi tornare tranquillamente alla politica: oggi è presidente della Regione Piemonte. “Siete praticamente finiti”, disse cordialmente ai NoTav nel 2010, festeggiando quella che immaginava fosse la fine della resistenza popolare della valle di Susa contro la maxi-opera. “Siete rimasti in quattro gatti”, disse ai militanti, che risposero con una marcia di 40.000 persone. Da allora, la battaglia NoTav si è letteralmente incendiata, anche con pesanti strascichi giudiziari. E nel frattempo è cambiata la percezione nazionale del fenomeno: decine di personaggi pubblici – scrittori, cantanti, attori, registi – si sono schierati dalla parte dei valligiani, bocciando la Torino-Lione come una inutile, pericolosa devastazione.
La novità è che, dopo le elezioni del 4 marzo, questo pensiero è diventato maggioranza, nel paese: il governo gialloverde frena, sui cantieri valsusini. I penstastellati dovranno “passare sul corpo di Chiamparino” se vogliono cestinare la Torino-Lione? Si tranquillizzi, gli risponde il ministro grillino Danilo Toninelli: in valle di Susa potrebbe non passare nessun treno. Al che, Chiamparino rilancia e “convoca” a Torino l’esecutivo, che però risponde picche. Un affronto, per il presidente della Regione: «L’esempio che arriva dal governo non è di rispetto istituzionale», dice Chiamparino, irritato anche con Salvini, “colpevole” di avergli ricordato che «il contratto di governo prevede, per tutte le grandi opere, una nuova analisi costi-benefici». Chiamparino attacca il neo-ministro dell’interno, definendolo «un primo ministro ombra, in campagna elettorale permanente, che non mostra alcun rispetto istituzionale». Davvero? «Se pensava di farsi da solo il monologo sulla Torino-Lione e altre opere che invece dovranno passare da una seria analisi costi-benefici previste nel contratto di governo, strumentalizzando ai fini politici la sua carica istituzionale, è stato servito», replicano i parlamentari piemontesi del Movimento 5 Stelle, chiudendo il caso della mancata partecipazione del governo al summit torinese.
Ancora più dura la risposta leghista: «Se un governatore fantasma, sparito da Torino e dal Piemonte, si ricorda di esistere solo per attaccare Salvini e la Lega, significa che l’incontro sulle infrastrutture era solo un pretesto», dice Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera e segretario regionale del Piemonte. «Chiamparino sa bene che il mio ministero sta lavorando alacremente per una “project review” di certe importanti opere della sua regione», precisa lo stesso Toninelli: «Quando sarà il momento, saremo noi a convocare un tavolo istituzionale con tutte le parti in causa». E aggiunge: «Il governo è cambiato: forse il presidente Chiamparino ha difficoltà a farsene una ragione». L’esecutivo è cambiato perché gli italiani hanno votato, democraticamente. E hanno scelto Lega e 5 Stelle: di questo, proprio, l’establishment sembra non riuscire a capacitarsi. E tra le macerie dell’ex centrosinistra, tutto quello che riesce a pigolare il Pd è la paura che venga cancellato il maxi-appalto del secolo, per il super-treno che nessuno vuole – a parte Chiamparino e la potente lobby dell’alta velocità valsusina, che in trent’anni non ha mai trovato modo di spiegare, al popolo, a cosa (e a chi) servirebbe davvero, quel maledetto treno, destinato a restare in eterno – secondo tutti gli esperti – nient’altro che un patetico, miliardario binario morto.
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