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Prima Israele e adesso gli Usa si
chiamano fuori dell’organismo delle Nazioni Unite dedicato alla difesa
dei diritti umani. Ad annunciare il ritiro è stata ieri l’ambasciatrice
statunitense alle Nazioni Unite, Nikki Haley, sostenendo che l’organo
delle Nazioni Unite “non ha più nulla a che vedere con il suo nome”.
Da giorni si parlava di una imminente
uscita da parte di Washington. E lunedì, a Ginevra, l’Alto
commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha dato inizio
alla sessione annuale che durerà fino al 3 luglio. “Facciamo questo
passo perché il nostro impegno non ci permette di essere parte di una
ipocrita ed egocentrica organizzazione che deride i diritti umani”, ha
continuato Haley.
L’amministrazione Trump aveva già
criticato alcune posizioni interne dell’organismo delle Nazioni Unite.
La Haley aveva avvertito che gli Usa avrebbero lasciato se non fossero
stati rimossi “i pregiudizi cronici contro Israele”. Insieme alla Haley
l’annuncio è stato dato anche dal segretario di Stato Mike Pompeo che ha
definito lo Human Rights Council come “un esercizio di ipocrisia senza
vergogna”.
Con un esercizio di fantasia che
meriterebbe approfondimenti (sul piano della diffusione di false notizie
non documentate ndr) la Haley invece ha ricordato come lo Human Right
Council delle Nazioni Unite non abbia fatto nulla per “denunciare le
violenze dell’Iran nei confronti dei cittadini americani”(?), una
denuncia su cui il mondo normale non sembra avere a disposizione
informazioni.
La Haley ha continuato sostenendo che
altre nazioni – ma non indica nè quante nè quali – sono imbarazzate per
il trattamento verso Israele, ma non hanno il coraggio per confrontarsi
e cambiare lo status quo. I membri dell’organo interno all’Onu il mese
scorso hanno votato per iniziare una indagine sull’uccisione di
cittadini palestinesi da parte di Israele a Gaza, accusando le autorità
di Tel Aviv di eccessivo uso della forza. Solo gli Stati Uniti e
l’Australia avevano votato contro il provvedimento. E alla posizione si è
aggregata ovviamente la Gran Bretagna che ha condannato i pregiudizi
contro Israele da parte dello Human Rights Council.
L’unico a esprimere soddisfazione per
la decisione statunitense è stato, come prevedibile, il primo ministro
israeliano Benjamin Netanyahu: “La decisione Usa – ha scritto il premier
israeliano su Twitter – di lasciare quell’organismo pieno di pregiudizi
è una dichiarazione inequivoca che il vaso è colmo. Israele accoglie
con soddisfazione l’annuncio americano”.
Non può non colpire la coincidenza
temporale con cui gli Stati Uniti annunciano il loro ritiro dal
Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite mentre il mondo – e una
parte dell’opinione pubblica statunitense – prendono visione delle
misure contro l’immigrazione clandestina negli Usa con lo spettacolo dei
bambini separati dai genitori e rinchiusi nelle gabbie. Ma è lo stesso
mondo e la stessa opinione pubblica che troppo spesso hanno chiuso gli
occhi sulle gabbie dell’apartheid israeliano contro i palestinesi.
Quando si è cercato di denunciarlo, Usa e Israele “hanno portato via il
pallone.”
Ormai è l’intera civiltà raggiunta nel XX Secolo che ha ingranato la marcia indietro.
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mercoledì 20 giugno 2018
L’asse del male esce dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite
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