giovedì 21 giugno 2018

Classe Operaia. Oxfam: "Dietro agli scaffali dei supermercati povertà e sfruttamento".

Il nuovo rapporto dell'organizzazione mette in luce l'ingiusta distribuzione dei proventi delle vendite dei prodotti alimentari: la metà va ai rivenditori, ai piccoli coltivatori e ai braccianti vanno quote minime, inferiori al 5 per cento. Ecco perché la maggior parte dei lavoratori agricoli è pagato pochissimo, anche in Italia, e spesso lavora e vive in condizioni di grave sfruttamento, ai limiti della sopravvivenza.


repubblica.it  ROSARIA AMATO
Oxfam: Dietro agli scaffali dei supermercati povertà e sfruttamentoROMA - Il 50 per cento del prezzo ai supermercati, meno del 5 per cento a lavoratori e produttori. Ecco perché chi lavora la terra viene pagato pochissimo, e conduce un'esistenza spesso ai limiti della sopravvivenza. Questo negli scaffali dei supermercati non si vede, lì si vedono solo i prodotti, presentati nel miglior modo possile, pronti per l'acquisto. Ma l'Oxfam non si stanca di denunciarlo: oggi pubblica il rapporto "Maturi per il cambiamento", uno studio che analizza le politiche di alcune tra le maggiori catene di supermercati in Europa e negli Stati Uniti.

"I piccoli coltivatori e i lavoratori nella stragrande maggioranza dei casi vivono in povertà", spiegano i ricercatori dell'Oxfam. Per esempio per i produttori su piccola scala di tè indiano o di fagiolini verdi del Kenya "il guadagno medio è pari a meno della metà di quanto sarebbe loro necessario per condurre una vita dignitosa", e per le donne il divario è ancora più svantaggioso.


Ma per trovare guadagni da fame e condizioni di lavoro pesanti e ingiuste non bisogna arrivare necessariamente in Africa. Noi la nostra Africa ce l'abbiamo nelle nostre campagne: " Ci trattano come bestie. Controllano quante volte andiamo al bagno e ci dicono di tornare subito al lavoro. Se ti rifiuti di lavorare la domenica minacciano di non chiamarti più", racconta una lavoratrice italiana. Sì perché poi gli sfruttati dei campi agricoli italiani non sono soltanto lavoratori extracomunitari o comunque stranieri, sono anche italiani: alcuni anni fa destò una profonda impressione la morte per fatica di una bracciante agricola italiana, di 49 anni, madre di tre figli, Paola Clemente. "Lavoriamo dalle 6 del mattino alle 6 di sera, tutti i giorni della settimana, per 25 euro al giorno. - racconta un bracciante del Mali che lavora nelle campagne del Mezzogiorno d'Italia - Possiamo fermarci solo dieci minuti per mangiare".

I guadagni sono bassi, di gran lunga più bassi rispetto ai minimi sindacali. Ma d'altra parte per chi cerca una sistemazione migliore, percorrendo strade legali alternative ai caporali, rivolgendosi per esempio a un'agenzia interinale, c'è l'ostracismo: l'offerta è molta, i proprietari terrieri possono permettersi di scegliere tra chi si accontenta e chi vorrebbe lavorare secondo la legge. Il focus sull'Italia è contenuto in un altro rapporto presentato oggi da Oxfam e redatto insieme alla onlus Terra!.

In Italia si stima che i lavoratori irregolari in agricoltura, vittime attuali o potenziali del capolarato, siano almeno 430.000. Spesso lavorano almeno 12 ore al giorno, e vengono pagati tra i 15 e i 20 euro al giorno, ben al di sotto del minimo legale di 47 euro.

"La legge sul caporalato, approvata con voto unanime dal Parlamento nel 2016, è un atto di civiltà frutto del lavoro che associazioni e sindacati hanno svolto in questi anni. - dichiara Fabio Ciconte, direttore di Terra! - Adesso occorre lavorare a misure di trasparenza delle filiere per prevenire lo sfruttamento in agricoltura. Dall'etichetta narrante dei prodotti alimentari all'elenco pubblico dei fornitori, le nostre proposte sono sul tavolo: partiamo da qui invece di svuotare la legge 199, come sembrano intenzionati a fare il Ministro dell'Interno Salvini e quello dell'Agricoltura Centinaio”.

Anche perché se non si interviene sulle filiere, sulla trasparenza, si favorisce la grande ingiustizia: la concentrazione massiccia dei guadagni nelle mani di chi vende, piuttosto che di chi produce. Nel 2016 "le prime otto catene di supermercati Usa quotati in borsa hanno incassato quasi 1.000 miliardi di dollari, - denunciano i ricercatori di Oxfam - generando 22 miliardi di profitti e restituendo 15 miliardi agli azionisti. Solo il 10% dei dividendi distribuiti dalle tre maggiori catene di supermercati negli Stati Uniti nel 2016, basterebbe a garantire un salario minimo a 600 mila lavoratori tailandesi nel settore della trasformazione dei gamberetti".

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