Cannabis light, parere del Consiglio superiore di sanità: “Pericolosità non può essere esclusa, fermare le vendite”.
Nel mirino ci sono i
"prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa" (con
livelli di Thc inferiori allo 0,2 per cento) in vendita nei 'canapa
shop' in tutta Italia. Secondo il Css, infatti, la presenza di Thc anche
a basse concentrazioni "non è trascurabile" e può "penetrare e
accumularsi in alcuni tessuti, tra cui cervello e grasso".
Fermare le vendite della ‘cannabis light‘. A scriverlo nero su bianco è il Consiglio superiore di Sanità (Css), perché “non può esserne esclusa la pericolosità“. Il
parere è stato comunicato su richiesta del ministero della Salute e
riguarda la marijuana legale, cioè quei “prodotti contenenti o
costituiti da infiorescenze di canapa” (con livelli di Thc inferiori allo 0,2 per cento) in vendita nei ‘canapa shop‘ diffusi in tutta Italia.
Secondo il Css, devono essere attivate “nell’interesse della salute individuale e pubblica e in applicazione del principio di precauzione, misure atte a non consentire la libera vendita dei suddetti prodotti“. Una presa di posizione durissima che rischia ora di danneggiare il mercato in pieno boom dei canapa shop, dopo
che nel maggio scorso una circolare pubblicata dal Ministero delle
politiche agricole aveva dato il via libera alla coltivazione (solo
se la pianta ha un tasso di thc inferiore allo 0,2 per cento). Da quanto
si apprende, il ministero della Salute è già stato informato di questo
parere e ha chiesto anche l’opinione dell’Avvocatura dello Stato.
I rischi per la salute, spiega il Css, riguardano proprio il principio attivo dei cannabinoidi: “La biodisponibilità di Thc anche a basse concentrazioni
non è trascurabile, sulla base dei dati di letteratura; per le
caratteristiche farmacocinetiche e chimico-fisiche, Thc e altri principi
attivi inalati o assunti con le infiorescenze di cannabis sativa
possono penetrare e accumularsi in alcuni tessuti, tra cui cervello e grasso, ben oltre le concentrazioni plasmatiche misurabili”.
Un altro problema è il fatto che non è stato valutato “il rischio al
consumo di tali prodotti in relazione a specifiche condizioni, quali ad
esempio età, presenza di patologie concomitanti, stati di gravidanza/allattamento, interazioni con farmaci,
effetti sullo stato di attenzione, così da evitare che l’assunzione
inconsapevolmente percepita come ‘sicura’ e ‘priva di effetti
collaterali’ si traduca in un danno per se stessi o per altri”.
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