domenica 24 giugno 2018

Trattati commerciali e democrazia svenduta, fermiamo il CETA.


Mentre la questione migranti e il fallimentare regolamento di Dublino stanno tenendo banco sui media come le principali criticità di un'Europa che fatica a rispettare i suoi valori fondanti di solidarietà libertà e giustizia, incombe sul nostro Parlamento la questione del CETA, il trattato di libero scambio tra Europa e Canada, che rischia di svilire per sempre le basi democratiche dell'Unione Europea in ossequio al libero commercio.
 
Elena Fattori Senatrice Movimento 5 Stelle


Evitata per un soffio la ratifica nella scorsa legislatura, il No al CETA è un impegno assunto da circa i due terzi dei candidati alle scorse elezioni politiche con la Campagna "No CETA, non tratto", promossa dalla Campagna Stop Ttip Italia insieme a diverse organizzazioni e a un ampio schieramento di associazioni dei consumatori.
Bocciare il trattato commerciale, con la notifica alla commissione europea del NO alla ratifica, avrebbe un impatto determinante sulle strategie di liberismo sfrenato dell'UE: non solo bloccherebbe l'applicazione provvisoria delle misure di abbattimento di dazi e dogane contenute nel CETA ma costringerebbe l'UE a ripensare alla modalità e all'impatto dei grandi trattati commerciali.

Il naufragato TTIP e l'attuale CETA, il JEFTA col Giappone in dirittura d'arrivo e i trattati con la Nuova Zelanda e con l'Australia in itinere, non sono semplici trattati commerciali di abbattimento dei dazi ma incidono profondamente sulla democrazia dei Paesi membri e sulle norme di tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro. Le criticità sono comuni a tutti i trattati: la totale segretezza delle trattative; la scarsa difesa dei prodotti agroalimentari di qualità; la deroga all'obbligatorietà del rispetto del Principio di precauzione europeo; l' istituzione di tavoli tra i regolatori dell'Ue e del paese contraente in cui dei tecnici delegati, senza consultare gli organi democraticamente eletti, si danno l'obiettivo di "semplificare" il commercio tra le due parti anche su questioni che riguardano le competenze nazionali come appalti pubblici, agricoltura, sicurezza alimentare, servizi, investimenti, commercio elettronico. Estremamente controverso inoltre il meccanismo Isds (Investor-state dispute settlement), una procedura di arbitrato internazionale per le controversie tra Stati e aziende, che attribuisce agli investitori lo speciale diritto di ricorrere contro leggi e regolamenti, anche se a tutela di salute e ambiente, qualora questi ostacolassero la fruizione dei profitti previsti. Inevitabilmente quindi trattati che armonizzano al ribasso le tutele faticosamente conquistate in Europa: lavoro, salute, ambiente, in nome di una libera circolazione delle merci e del profitto considerati valori prioritari.
Classificati finora come di natura mista, non solo commerciale ma anche regolatoria, i trattati di libero scambio come il CETA sono soggetti all'approvazione dei Parlamenti nazionali. Basta un solo Parlamento contrario per fare decadere il trattato. Per i trattati in arrivo, in primis quello col Giappone, viene applicata la nuova dottrina che li classifica come competenza esclusiva dell'UE. Con questo trucco, solo i governi dei contraenti e il Parlamento europeo, avranno la possibilità di decidere sui patti commerciali senza il passaggio per i parlamenti degli stati membri a scapito perciò della tutela degli interessi nazionali. La Commissione prevede che nuovi accordi commerciali, incluso il JEFTA, saranno firmati prima dell'estate ed entreranno in vigore a metà del 2019.
Insieme ai colleghi Paolo Russo e Loredana De Petris abbiamo perciò spedito una lettera a tutti i parlamentari di Camera e Senato affinché, immediatamente dopo l'avvio dei lavori parlamentari, si rafforzi il fronte contro gli accordi capestro calati dall'alto. Il segnale deve arrivare necessariamente attraverso la bocciatura del CETA da parte del nostro Parlamento.
E' importante portare al centro dell'attenzione questo tema anche in vista del Consiglio europeo del 26 giugno 2018 dove dovrebbe arrivare per l'ok finale degli Stati membri il Jefta, il trattato di liberalizzazione degli scambi tra Ue e Giappone, che in volume vale il doppio del Ceta, un quarto del Pil globale.
E' cruciale fermare questo tipo di trattati e ripensare al regole di libero scambio che mettano al primo posto i diritti e non il profitto, non per protezionismo, ma per onorare i principi fondanti dell'Unione Europea.

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