domenica 24 giugno 2018

“Macron è feroce con migranti e sindacati".

Intervista Huffpost alla scrittrice francese Annie Ernaux: "Sull'Aquarius non ha fatto nulla lasciando che la Spagna salvasse l'onore dell'Europa".

"Emmanuel Macron? È un autocrate con il desiderio di restaurare la monarchia, c'è qualcosa di molto violento che non viene percepito dagli osservatori e che si sta producendo durante la sua presidenza". 
È immediata e decisa la risposta della scrittrice Annie Ernaux quando le chiediamo cosa ne pensi del suo presidente attuale, fissandoci ancora di più con i suoi occhi color ceruleo. Siamo a Lignano Sabbiadoro e lei che - a ragione - è considerata una delle autrici più autorevoli del panorama culturale francese (suoi i besteller Il posto, Gli anni, vincitore del Premio Strega Europeo, L'altra figlia, Memoria di ragazza e Una donna, pubblicato come tutti gli altri da L'orma editore), ha ricevuto il 34esimo Premio Hemingway per la Letteratura, "il più grande scrittore nel Novecento americano, molto legato al mio percorso di scrittura e di vita", ci spiega. "Di fatto – aggiunge subito dopo – Macron si è accorto che la Francia non si è ancora ripresa dall'elaborazione del lutto della mancanza di un re, e sta agendo in qualche maniera per colmare quel vuoto, ma così facendo, non si rende conto che si allontana sempre di più dalla vita quotidiana delle persone normali, le cui esigenze sono sempre prese meno in considerazione dalla sua presidenza". "Tutto questo emerge dalle sue affermazioni: nel suo agire politico, la comunicazione corrisponde a tutto. Una politica del genere ha una stagione sola, non durerà, o almeno, così spero".


Nella sua autobiografia, "Memoria di ragazza" (uscita lo scorso anno anche da noi nella traduzione di Lorenzo Flabbi, c'era la Francia di De Gaulle, quella del franco pesante, di Dalida e di una nuova Repubblica: oggi come vede il suo Paese?
"È difficile rispondere sul presente perché siamo nell'occhio del ciclone, ma noto una differenza rispetto al 1958, che è poi l'anno in cui ambiento quel libro: la Francia era un'unità a sé stante, si parlava di Francia " da sola" e di Francia "innanzitutto" e poi la si metteva in relazione con gli altri Paesi. Ora, invece, c'è una coscienza diversa e la stessa è inserita giustamente in un contesto europeo e mondiale, una realtà condivisa da tutti i francesi".

Cosa c'è di diverso?
"In quella attuale c'è uno strazio, una presenza di qualcosa di 'straziato' come penso ci sia anche qui da voi in Italia, la situazione non è facile. Noto sempre di più una separazione tra due tipi di Francia: quella del ripiegamento su se stessa e della paura dell'altro e quella che si è aperta ad un'idea comune di multiculturalità e di accoglienza che sono un dato di fatto da cui non si torna indietro. Questa separazione tra le due resta latente durante diversi periodi dell'anno ed esplode al momento delle elezioni, quando si è chiamati a votare, quando cioè questa separazione diventa un conflitto".

La colpa di tutto questo è da ravvisare, stando anche ai tanti che l'hanno votato, proprio in Macron: perché?
"Macron aveva un atteggiamento aperto a questa idea di Francia che evolve e si 'multiculturalizza', come dicevo. È stato questo il volto con cui si è presentato alle presidenziali, ma poi, da quando è diventato presidente, la sua politica è stata diversa. Da liberale che era è diventata ultra liberale e sempre più severa, ha mostrato un volto che è chiaramente di destra che nel tessuto culturale e sociale del Paese produce un ripiegamento su sé stessi e una paura che è invece propria dell'altra Francia. Il risultato è che la parte meno abbiente si è convinta che non esistano più soluzioni dal punto di vista politico, c'è sempre più politicizzazione, non esiste un contrappeso alla destra estrema e radicale, al Front National di Marine Le Pen, non c'è il partito comunista e quello socialista è completamente disfatto".
Cosa resta da fare per arginare tutto questo?
"C'è appunto il signor presidente con la sua politica sempre più liberale, ma se si guarda ad una crisi recente come quella dell'Aquarius, lui non ha fatto e risolto assolutamente nulla: non ha preso una posizione ed è rimasta soltanto la Spagna a salvare l'onore dell'Europa. Anche la sua politica interna non fa che prevaricare le differenze e ciò che produce è fondamentalmente il populismo".

Un uomo di sinistra, almeno così diceva di essere, che lei definisce di destra, ma che attacca Salvini. Se è di destra, non dovrebbe condividere le sue stesse idee?
"Macron non ha niente da spartire con lui, la distanza tra loro esiste ancora. Quella di Salvini non è la sua politica né il suo mondo di riferimento. Di fatto, però, ha scelto un ministro degli Interni che nei confronti dei profughi e dei migranti ha applicato e sta applicando delle leggi severissime, e allora lì si fa fatica a vedere queste differenze rispetto a Salvini...".

Quali sono le condizioni dei migranti e dei profughi in Francia?
"Basta andare per strada a Parigi, dove la sindaca e il ministro degli Interni stanno conducendo una politica volta solo a peggiorare la vita di queste persone con situazioni che hanno a loro volta solo peggiorato la vita di chi in quei quartieri ci abita. Macron sta poi conducendo una politica molto feroce rispetto a tutti i movimenti sociali che vogliono il cambiamento: è in atto una progressiva soppressione delle rivendicazioni sindacali e delle loro organizzazioni, sta privatizzando tutto il privatizzabile, portando avanti una politica sicuramente liberale e di destra. Poi, certo il mondo culturale di riferimento non ha a che fare con Salvini, ma questo non lo giustifica".

Lei ama parlare di politica, ma nei suoi libri, raffinati ed intimisti, della stessa non c'è traccia: perché?
"Non mi interessa mettere la politica nei miei libri, apparirebbero subito stonati, ma da ciò che scrivo si può capire molto di me e di cosa penso. Sono un'etnologa di me stessa, predisposta a questo dalle mie stesse origini operaie-contadine (la Ernaux è nata nel 1940 in un paesino della Senna Marittima, ndr), poi superate quando sono diventata una professoressa, ma sono sempre stata tra quei due mondi così diversi quando sono passata dall'altra parte, ben predisposta ad ascoltare le proteste sociali. In tal senso, la scrittura mi ha aiutata, ma ciò che accade nella scrittura accade nel momento in cui scrivo, ho difficoltà nel cogliere il presente".

Nel presente, il movimento #MeToo ha avuto ed ha la sua rilevanza dopo gli scandali sessuali legati a Weinstein e non solo. Qual' è la sua posizione in merito?
"Quando, lo scorso ottobre, scoppiò lo scandalo, avendo scritto "memoria di ragazza", mi chiesero subito di intervenire. Per molti giornalisti che mi intervistarono, era la storia uno stupro, ma in realtà, il mio libro è un'altra cosa. La scrittura mi ha permesso di raccontare la donna del '58 che ero che non è quella di oggi. La scrittura permette molte più complessità rispetto al movimento anti-Weinstein – che condivido pienamente - ma non è riconducibile solo ad uno slogan o ad presa di posizione. È molto di più, per questo ci rende migliori".

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