L’ultima storia della schiavitù del terzo millennio arriva dalla Sicilia. Lavoravano per 3 euro all’ora nelle campagne di Marsala e di Mazara del Vallo, ricevevano pane duro a pranzo e a cena, venivano sfruttati anche per 12 ore al giorno e dovevano rivolgersi ai loro sfruttatori chiamandoli padroni, gli immigrati, clandestini e regolari, reclutati da due agricoltori di Marsala (Trapani). I due, padre e figlio, rispettivamente di 68 e 35 anni, sono stati arrestati oggi dalla Polizia. Per loro il gip di Marsala ha disposto i domiciliari con l’accusa di sfruttamento della manodopera aggravato e in concorso. Il giudice ha disposto anche il sequestro preventivo di due vigneti e di un oliveto. I terreni sequestrati dalla Polizia saranno confiscati dallo Stato, perché utilizzati per compiere il reato di sfruttamento della manodopera
Le indagini della Squadra Mobile, coordinate dalla Procura di Marsala, sono durate sei mesi e hanno accertato che i due “caporali” sfruttavano gli immigrati facendoli lavorare non solo nelle loro aziende, ma anche mettendoli a disposizione di altri agricoltori della zona. Quasi ogni mattina andavano a prelevarli con le loro macchine e li portavano nei campi per fare la vendemmia, la raccolta delle olive, della frutta e della verdura. Sono state le intercettazioni e le telecamere installate dagli investigatori a inchiodare i due responsabili. Padre e figlio svolgevano ‘rapide contrattazion” con gli immigrati sulla paga oraria, sulle ore di lavoro e sul cibo e decidevano quale lavoratore impiegare: chi “faceva troppe storie” sul compenso o sul cibo veniva subito “scartato”.
Dalle indagini della Polizia è emerso che gli arrestati sfruttavano la manodopera almeno da tre anni, facendo fare turni di lavoro massacranti che iniziavano alle 5 del mattino. Tre euro era la paga oraria massima oltre alla “mangiarìa“, cioè il panino che i due “caporali” davano ai lavoratori come pasto della giornata, non sempre previsto se la paga era un po’ più alta. Spesso, però, il pane era duro e scarso; per questo motivo, alcuni degli immigrati sfruttati si lamentavano, chiedendo almeno del pane più m
Sempre in Sicilia, nel Ragusano, la Polizia ha arrestato un imprenditore agricolo albanese di 34 anni, Auglent Lalollari, per sfruttamento di sei suoi connazionali clandestini. Per lo stesso reato è stato denunciato in stato di libertà il padre. I braccianti erano pagati pochi euro l’ora e soltanto i giorni in cui lavoravano, ed erano costretti dallo stato di bisogno ad accettare ogni trattamento da parte del titolare, anche quello di vivere in fogne a cielo aperto: i servizi igienici delle strutture in cui vivevano non erano collegati alla rete fognaria e i liquami venivano dispersi a cielo aperto nella parte retrostante la fatiscente abitazione, costringendo gli operai a convivere con ratti e insetti. Al lavoro nei campi c’era anche una donna incinta intenta a estirpare le melanzane in una serra con oltre 40 gradi di calore, tanto che giunta negli uffici della Polizia è stata colta da malore per la troppa fatica. La Squadra Mobile di Ragusa ed il Commissariato di Vittoria durante l’operazione in un garage dell’azienda hanno trovato una moto rubata e diversi oggetti provento di furto le cui foto sono state pubblicate sulla pagina facebook della Questura di Ragusa per permettere ai proprietari di individuarli e ottenerne la restituzione. La polizia ha scoperto anche un allaccio abusivo alla rete elettrica, che è stato rimosso da tecnici dell’Enel. Per questo l’imprenditore è stato denunciato anche per ricettazione e furto di energia elettrica.
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