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È caduto il fascismo, è caduto il nazismo, è caduto il muro di Berlino
ed è caduta l’Unione Sovietica. Perché diavolo non dovrebbe cadere
l’Unione Europea? Questi pensieri in libertà – questi pensieri di
libertà – sono esattamente il tarlo maligno (per loro) o benigno (per
noi) che sta facendo impazzire l’establishment. Quando leggiamo un
editoriale di Giuliano Ferrara sul Foglio o ascoltiamo una ramanzina di
Gianni Riotta ad Agorà o ci sorbiamo un cicchetto di Udo Gumpel su
Radio24, abbiamo la netta percezione del panico che li pervade.
Tracimano, letteralmente, di un rancore sordo e ostile nei confronti dei
loro nemici giurati, i populisti, e non si capacitano di come le cose
stiano davvero andando come sembra stiano andando. Ci pare quasi di
vederli (non solo quei tre, ma in generale tutti gli alti pennacchi
della kultura nazionale e internazionale) mentre si rigirano tra le
lenzuola e poi si svegliano – gli occhi sgranati nel buio, le mani
tremanti a stringere la trapunta, le gocce di diaccio sudore alle tempie
– e si rendono conto che l’incubo è realtà: forse può finire anche
l’Unione Europea. O, quantomeno, può finire la parentesi oscura
dell’Italia nell’Unione Europea. Finire come finì il fascismo che, non a
caso, Croce vedeva alla stregua di una parentesi tra lo stato
monarchico liberale e lo stato repubblicano democratico. La UE potrebbe
essere una parentesi tra la prima repubblica e la terza. Finirà. Com’è
finito il fascismo, com’è finito il nazismo, com’è caduto il muro di
Berlino e come si è dissolta l’Unione Sovietica. Uguale. L’errore
capitale degli intellettuali affranti, e dei loro sogni infranti, è
quello di pensare che la storia sia un fatto compiuto e non invece ciò
che essa è: una totalità processuale non necessaria. Vale a dire, un
processo in divenire dove tutto cambia ed evolve. Magari non subito,
magari a lungo termine. Ma cambia, sempre. Invece, lorsignori hanno
creduto a Fukuyama che parlò a vanvera della fine della storia. Erano
davvero persuasi che nessuno potesse mettere in discussione il peggiore
dei mondi possibili fatto di turbocapitalismo, finanza sregolata,
eutanasia degli stati nazionali, approdo a una tecnocrazia globalista
illuminata e ‘neutrale’. Magari essa arriverà davvero e busserà alla
nostra porta con una faccia assai più truce e intenzioni addirittura
peggiori dei totalitarismi del secolo breve. Ma magari anche no. Perché
la storia non siamo noi, a dispetto di quanto cantava De Gregori. La
storia è lei, va per i fatti suoi, in un perenne rimescolamento di
fattori, equilibri e circostanze. Ecco, in questi giorni dobbiamo in
qualche modo giurare a noi stessi di non cedere più alla tentazione del
pessimismo. La Storia troverà sempre il modo di sorprenderci. E ci
regalerà persino delle notti magiche come quelle attuali. Dove agli
incubi di quelli là fan da contraltare i sogni nostri: d’oro.
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