La Commissione europea ha proposto un secondo ricorso davanti alla Corte perché alla data dell’11 febbraio 2016 l’Italia non si era ancora conformata a quelle sentenza. Oggi la Corte di giustizia Ue stabilisce che “lla data limite dell’11 febbraio 2016, l’Italia non aveva preso tutte le misure necessarie per l’esecuzione della sentenza del 2012 al fine di rispettare gli obblighi che le incombono in forza della direttiva”.
Un inadempimento grave perché è durato quasi sei anni, dice la Corte, e perché l’assenza o l’insufficienza di sistemi di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane può danneggiare l’ambiente. Nell’udienza di febbraio 2018, i centri per i quali non sono state fornite prove di messa a norma erano ancora 74, un numero grande anche se inferiore ai 109 della sentenza 2012.
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