Una maggioranza assoluta per far partire il cantiere delle riforme. Nonostante siano più modesti di quelli annunciati dai sondaggi in questi ultimi giorni, i primi dati pubblicati dopo la chiusura delle urne confermano quanto anticipato una settimana fa dopo il primo turno delle elezioni legislative.
Secondo le prime proiezioni, per i
prossimi cinque anni l'emiciclo del Palais Bourbon sarà dominato dal
gruppo dei marcheurs. I deputati macroniani dovrebbero aggiudicarsi 355
seggi su 577, superando abbondantemente i 289 necessari per avere la
maggioranza parlamentare. Un risultato importante, che costringe gli
avversari a spartirsi il resto dell'emiciclo. Ai Républicains dovrebbero
andare 125 deputati, mentre il Partito Socialista se ne aggiudica 49,
una ventina in più alla France Insoumise, dietro con 28 seggi.
Male il Front National, che con 8
rappresentanti non riesce nemmeno a raggiungere i quindici parlamentari
necessari per formare un gruppo parlamentare. Tra le conferme di questo
secondo turno, c'è anche quella sull'astensionismo, che raggiunge il
picco del 56%. Un dato record, secondo molti analisti provocato dal
disinteresse dei francesi nei confronti di queste elezioni, stanchi dopo
otto mesi di campagna elettorale tra primarie e presidenziali.
Quella di Macron è una vittoria
schiacciante, che conferma il momento di grazia che sta vivendo in
questo periodo il neo eletto presidente. La macchina macroniana messa a
punto poco più di un anno fa avanza come un rullo compressore,
livellando il panorama politico francese, che resta impotente dinanzi al
dinamismo dimostrato dal presidente in questo primo mese di governo. I
timori sollevati nei giorni scorsi dall'opposizione in merito ai
pericoli che potrebbero derivare da una maggioranza così ampia, e per
certi versi così inesperta, non sembrano aver spaventato gli elettori.
Ormai Macron è pronto per avviare il
cantiere delle riforme, sicuro di poter contare su una maggioranza che
non ostacolerà i disegni di legge che verranno presentati in Parlamento.
Tra questi, priorità a quelli sul lavoro e sulla moralizzazione della
vita pubblica, le due proposte faro del programma presentato durante la
campagna presidenziale che dovrebbero approdare in Assemblea già questa
estate.
Per i suoi avversari, i prossimi mesi
saranno quelli della riorganizzazione, tra riunioni di partito,
congressi e ristrutturazioni interne. Orfana di un leader capace di
imporre una linea politica coerente, la destra repubblicana potrebbe
scindersi in due gruppi, tra chi promette un'opposizione forte alle
proposte dell'esecutivo e chi, invece, è incline a un atteggiamento più
conciliante. L'unico partito capace di attuare un minimo di
ostruzionismo parlamentare si ritrova così impantanato nelle sabbie del
dibattito interno.
In piena crisi anche il Front National
di Marine Le Pen. Nonostante la leader frontista entrerà per la prima
volta in Parlamento avendo stravinto nel suo feudo del Pas-de-Calais con
il 58% dei voti, il partito fatica a riprendersi dopo la sconfitta
incassata alle ultime presidenziali. I dissidi interni emersi in queste
ultime settimane hanno portato l'estrema destra francese al collasso,
incapace di riorganizzarsi in tempo per queste elezioni.
A sinistra, poi, regna l'incertezza e la
confusione. La France insoumise di Jean-Luc Mélenchon, che ha vinto
nella quarta circoscrizione di Marsiglia contro la marcheuse
Corinne Versigny totalizzando il 34% delle preferenze, potrebbe allearsi
con il partito comunista, formando un unico gruppo in Parlamento. Un
matrimonio riparatore, visti gli attriti verificatisi in passato tra il
tribuno della gauche e l'estrema sinistra, necessario però a compattare
una forza di opposizione stabile e convincente.
Dal canto suo, i socialisti pagano il
prezzo del precedente governo Hollande, il più impopolare nella storia
della quinta Repubblica. Dopo aver appreso i risultati, il segretario
generale del partito, Jean.-Cristophe Cambadélis, ha annunciato le sue
dimissioni.
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