"Abbiamo discusso con grande profondità, eravamo circa 50, laici e religiosi, magistrati, italiani e stranieri. Ha introdotto questa proposta l'arcivescovo di Monreale, Michele Pennisi che ha nel suo territorio i comuni di San Giuseppe Jato e di Corleone. Pennisi ha richiamato i pronunciamenti dei vari Pontefici, l'appello forte di Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi fino alle prese di posizione forti di papa Francesco, fin dall'incontro con i familiari delle vittime innocenti della mafia nella primavera del 2014. E ha sottolineato l'importanza di verificare la possibilità, in base alla dottrina giuridica della Chiesa, come un decreto di scomunica possa essere applicato per i mafiosi e corrotti. Sarà indispensabile anche il parere dei canonisti della Curia romana e del Tribunale della Penitenzieria Apostolica".
"C'è stata una presa d'atto e siamo rimasti d'accordo che avremmo continuato a lavorare secondo quanto il cardinale Turkson ci indicherà. Bisogna considerare che già nel 1944 i vescovi siciliani avevano ipotizzato la scomunica contro gli appartenenti ai gruppi criminali. Giovanni Paolo II ricordò ai mafiosi il giudizio di Dio. Papa Francesco il 21 giugno 2014 a Cassano allo Jonio affermò :"Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!" E nell'incontro con i familiari delle vittime innocenti della mafia, supplicò con molta umiltà: "Ve lo chiedo in ginocchio: convertitevi, perché altrimenti andrete all'Inferno".
"Sì, perché il corruttore è uno che ha depenalizzato il suo crimine già dentro la sua coscienza, lo minimizza, lo giustifica. La corruzione è l'anticamera anche per la criminalità mafiosa. Il corruttore non prova il senso di colpa, per questo non può essere perdonato, in questo senso si deve intendere la scomunica, per questo corrompe se stesso o come dice Papa Francesco puzza, odora di morte".
E' necessaria una rivoluzione culturale , etica e sociale che non parta solo dall'alto ma dal basso e soprattutto dal basso , ma ancora di più da dentro. Dall'interno delle nostre coscienze. Bisogna fare attenzione che le parole "lotta alla corruzione" e "legalità" non diventino "idoli" che portano al compiacimento e alla copertura, ad una legalità malleabile e sostenibile, cioè fino a un certo punto. La legalità è uno strumento per conseguire la giustizia. E' la giustizia (cioè la sana imprenditoria, il lavoro, la dignità e la speranza delle persone) che noi vogliamo sia possibile.. Nella piana di Sibari ,Papa Francesco parlò dei mafiosi come adoratori del Male. Ma anche il corrotto adora il denaro e il potere. Il denaro e il possesso. E in questo senso che si deve intendere la scomunica, cioè il fatto che la persona che pratica la corruzione si pone fuori dalla vita, dal bene e dalla vita della Chiesa. Il Vangelo è incompatibile con le mafie e con ogni forma di corruzione. La fede non può essere silente, indifferente o inerte di fronte al male e alle ingiustizie".
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