Una fetta importante di quell’elettorato popolare e della working class
già risultato decisivo nella sorprendente vittoria del tycoon, come
quegli ambienti ultraconservatori, iperliberisti, evangelici e
complottisti che, dentro e fuori i confini del Partito repubblicano ne
hanno a loro volta appoggiato l’ascesa. Un contesto sociale ed
economico, e la presenza di una minoranza ideologica agguerrita, senza
tener conto dei quali, i passi seguiti da The Donald fino ad ora
potrebbero risultare più che sorprendenti, inspiegabili.
Ad anticipare per certi versi la decisione del presidente era infatti arrivato, già il 25 maggio, l’esito di un’inchiesta d’opinione realizzata dalla rete ammiraglia dei media di destra, Fox News. A differenza della maggioranza dei loro concittadini, coloro che l’8 novembre dello scorso anno hanno votato per il tycoon newyorkese non si sono detti turbati dai cambiamenti climatici: il 75% sono «sereni» su questo punto e ben più preoccupati da altre emergenze di natura sociale. Analogo successo per le posizioni climato-scettiche tra i «conservatori», 69% degli intervistati, e gli «evangelici bianchi», 60%.
«Sono stato eletto per rappresentare il popolo di Pittsburgh, non quello di Parigi», ha spiegato Trump nel suo discorso che annunciava l’abbandono dell’accordo sul clima con la scusa di difendere milioni di posti di lavoro «americani» che altrimenti sarebbero andati persi a favore di altri, in primis i rivali cinesi. Ma se la contrapposizione tra occupazione e vincoli ambientali ha caratterizzato l’intervento di Trump destinato, prima che agli osservatori internazionali, al suo pubblico, altri temi emergono nelle parole dei suoi sostenitori.
I gruppi di pressione conservatori e «libertarian», che più che libertari possono essere però definiti come liberisti, come il Competitive Enterprise Institute, l’Heartland Institute, l’Heritage Foundation e il Cato Institute, appoggiati da industriali legati alla destra politica come i fratelli Charles e David Koch o Robert Mercer, vicino al leader della alt-right, e consigliere di Trump, Stephen Bannon, che si erano già mobilitati contro la firma dell’accordo di Parigi da parte di Obama, presentano ad esempio questa decisione come una «riconquista della sovranità americana» che giudicano minacciata dal multilateralismo.
Ancora più in là si è spinto Mark Levin, animatore di un seguitissimo show radiofonico conservatore, che ha salutato «il magnifico» discorso di Trump spiegando come le critiche che gli sono arrivate provengano in realtà dalla «sinistra europea», e dai suoi alleati nel Paese, perché «il vero obiettivo di coloro che si presentano come progressisti, ma sono in realtà dei regressisti, non è in realtà quello di fermare il cambiamento climatico, ma di ridistribuire le ricchezze degli Stati Uniti a dei Paesi stranieri: si tratta di un movimento socialista solo un po’ camuffato».
La denuncia in odore di complottismo dei progetti della «sinistra», come anche del rischio che la vita degli americani sia sottoposta ad un numero crescente di controlli e limitazioni, fa poi spesso il pari con l’idea, diffusa in molti ambienti evangelici, che attraverso l’ecologismo l’uomo voglia in qualche modo sostituirsi a Dio.
Un eletto repubblicano del Michigan, ed ex pastore, Tim Walberg, ha spiegato il suo appoggio a Trump, affermando che «come cristiano credo che vi sia un Creatore molto più grande di noi che interverrà se davvero ci saranno problemi». Il commentatore conservatore Erick Erickson ha poi riassunto l’opinione degli ambienti della destra religiosa su questo argomento, spiegando, «io prego Gesù, non Madre natura. Il pianeta è ancora al suo posto? Beh, allora vuol dire che il buon Dio si sta occupando di noi. L’uomo può perciò continuare a pensare ad altro».
Ad anticipare per certi versi la decisione del presidente era infatti arrivato, già il 25 maggio, l’esito di un’inchiesta d’opinione realizzata dalla rete ammiraglia dei media di destra, Fox News. A differenza della maggioranza dei loro concittadini, coloro che l’8 novembre dello scorso anno hanno votato per il tycoon newyorkese non si sono detti turbati dai cambiamenti climatici: il 75% sono «sereni» su questo punto e ben più preoccupati da altre emergenze di natura sociale. Analogo successo per le posizioni climato-scettiche tra i «conservatori», 69% degli intervistati, e gli «evangelici bianchi», 60%.
«Sono stato eletto per rappresentare il popolo di Pittsburgh, non quello di Parigi», ha spiegato Trump nel suo discorso che annunciava l’abbandono dell’accordo sul clima con la scusa di difendere milioni di posti di lavoro «americani» che altrimenti sarebbero andati persi a favore di altri, in primis i rivali cinesi. Ma se la contrapposizione tra occupazione e vincoli ambientali ha caratterizzato l’intervento di Trump destinato, prima che agli osservatori internazionali, al suo pubblico, altri temi emergono nelle parole dei suoi sostenitori.
I gruppi di pressione conservatori e «libertarian», che più che libertari possono essere però definiti come liberisti, come il Competitive Enterprise Institute, l’Heartland Institute, l’Heritage Foundation e il Cato Institute, appoggiati da industriali legati alla destra politica come i fratelli Charles e David Koch o Robert Mercer, vicino al leader della alt-right, e consigliere di Trump, Stephen Bannon, che si erano già mobilitati contro la firma dell’accordo di Parigi da parte di Obama, presentano ad esempio questa decisione come una «riconquista della sovranità americana» che giudicano minacciata dal multilateralismo.
Ancora più in là si è spinto Mark Levin, animatore di un seguitissimo show radiofonico conservatore, che ha salutato «il magnifico» discorso di Trump spiegando come le critiche che gli sono arrivate provengano in realtà dalla «sinistra europea», e dai suoi alleati nel Paese, perché «il vero obiettivo di coloro che si presentano come progressisti, ma sono in realtà dei regressisti, non è in realtà quello di fermare il cambiamento climatico, ma di ridistribuire le ricchezze degli Stati Uniti a dei Paesi stranieri: si tratta di un movimento socialista solo un po’ camuffato».
La denuncia in odore di complottismo dei progetti della «sinistra», come anche del rischio che la vita degli americani sia sottoposta ad un numero crescente di controlli e limitazioni, fa poi spesso il pari con l’idea, diffusa in molti ambienti evangelici, che attraverso l’ecologismo l’uomo voglia in qualche modo sostituirsi a Dio.
Un eletto repubblicano del Michigan, ed ex pastore, Tim Walberg, ha spiegato il suo appoggio a Trump, affermando che «come cristiano credo che vi sia un Creatore molto più grande di noi che interverrà se davvero ci saranno problemi». Il commentatore conservatore Erick Erickson ha poi riassunto l’opinione degli ambienti della destra religiosa su questo argomento, spiegando, «io prego Gesù, non Madre natura. Il pianeta è ancora al suo posto? Beh, allora vuol dire che il buon Dio si sta occupando di noi. L’uomo può perciò continuare a pensare ad altro».
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