Un giovane su sette abbandona la scuola con
un basso titolo di studio. La Fondazione Con il Sud promuove una
riflessione ispirata a Don Lorenzo Milani. Per un modello educativo
basato sull'inclusione sociale.
L'Espresso di Fabio Grandinetti
"Non c'è nulla che sia ingiusto quanto far le parti uguali tra
disuguali". Lo diceva Don Lorenzo Milani, il prete fiorentino che dedicò
la sua vita agli studenti più poveri, in aperta contestazione con il
sistema scolastico dell'epoca. Dall'esperienza della scuola della
Barbiana, sperduta nelle campagne del Mugello, era nato “Lettera a una
professoressa”, il libro in cui Don Milani chiedeva agli insegnanti
della scuola dell'obbligo di fare scelte precise per servire i figli del
popolo, anziché levarseli di torno con le bocciature.
Mezzo secolo più tardi, la scuola italiana è cambiata, ma il pensiero di
Don Milani resta per molti un punto di riferimento. Alla sua figura è
dedicata la quarta tappa della manifestazione nazionale “Un futuro mai
visto”, promossa dalla
Fondazione Con il Sud
.
«Partendo dal suo insegnamento – dice il presidente della Fondazione,
Carlo Borgomeo –, affrontiamo il tema della scuola che “serve”, non solo
ai ragazzi ma in generale al presente e al futuro della nostra
società». Oggi, giovedì 29 settembre, a Firenze, si parla di dispersione
scolastica, attraverso le testimonianze di chi, dalla Toscana alla
Sicilia, è impegnato nel contrasto al fenomeno.Secondo l'Eurostat, in Italia la dispersione scolastica è passata dal
20,8% del 2006 al 14,7% del 2015. Quasi quattro punti percentuali in più
rispetto alla media dell'Unione (11%), vicina in ogni caso
all'obiettivo del 10% da raggiungere entro il 2020. I dati europei fanno
riferimento agli
early leaving from education and training (ELET):
i giovani tra i 18 e i 24 anni con al più il titolo di scuola
secondaria di I grado o una qualifica di durata non superiore ai due
anni e non più in formazione. In altre parole, nel nostro Paese quasi un
ragazzo su sette lascia la scuola con, al massimo, un titolo di terza
media. Tra gli stati membri,
fanno peggio solo Spagna (20%), Malta (19,8%) e Romania (19,1%).