sabato 2 novembre 2013

Chi controlla i binari: la lezione del caso Italo, ovvero quant'è difficile competere con qualcuno che non può fallire e lo sa benissimo.

Marco Ponti
Professore ordinario di Economia applicata, Politecnico di Milano

Il primo concorrente europeo nel settore dei treni di alta velocità (AV) è stato Italo-NTV, iniziativa di Luca di Montezemolo con altri imprenditori e banche italiani, e con il socio di maggioranza relativa rappresentato dalle ferrovie francesi (Sncf, al 25 per cento). Compete da due anni con i servizi di AV di Trenitalia, società del gruppo FS, che è anche proprietario dei binari con Rfi. FS è interamente pubblica: la normativa europea obbliga alla separazione societaria tra reti ferroviarie e società di servizi ma, ipocritamente, non obbliga alla separazione della proprietà. Si tratta unicamente di una separazione contabile, cioè formale.

 
FS poi è pesantemente sovvenzionata dalle casse pubbliche, sia in conto esercizio che in conto investimenti (6 miliardi di euro all’anno all’incirca), anche se, come tutte le imprese sovvenzionate, non ama il termine “sovvenzioni”, e preferisce chiamarli “corrispettivi”: formalmente sono trasferimenti contrattualizzati, ma la sostanza non cambia.
Ntv è in vistosa crisi, anche per un assetto finanziario originale che appariva da subito alquanto spericolato, e certo anche per effetto della crisi. La situazione attuale sarebbe la seguente, non proprio rosea: perdite di 77 milioni di euro, un patrimonio netto sceso a 107 milioni e un debito verso le banche di 220. L’ingegner Giuseppe Sciarrone, tecnico con grande esperienza ferroviaria, ha dovuto addirittura lasciare la gestione, chiarendo che le condizioni di competitività erano insufficienti. Lo sono? Sembrerebbe di sì. FS gestisce il traffico sulla rete, controlla le stazioni e le informazioni agli utenti, ha dimensioni, e quindi economie di scala, di scopo, di rete ecc., enormemente maggiori, e gestisce importanti servizi non liberalizzati. Inoltre gode di una evidente protezione politica per ragioni di “cattura” (in questo caso, voto di scambio con i dipendenti, che godono di una forza contrattuale molto grande e, giustamente, non amano l’avvento della concorrenza e di conseguenza neppure quell’unico concorrente, che potrebbe cambiare il quadro di monopolio pubblico sussidiato dell’intero sistema ferroviario). È difficile competere con qualcuno che non può fallire e lo sa benissimo.
Dove sono le low cost?
Questo contesto è diverso da quello dove la concorrenza ha funzionato bene: il settore aereo, con l’avvento delle compagnie low cost. Qui le infrastrutture non appartengono agli incumbent (quelli che c’erano prima), che in generale non sono sussidiati: che gli aeroporti sussidino alcune compagnie low cost è una leggenda, sfatata da tutte le azioni giudiziarie tentate invano a Bruxelles dagli incumbent. Anzi, alcune vistose protezioni pubbliche perdurano per le compagnie di bandiera, ma evidentemente non sufficienti, dati i risultati, che hanno visto crollare tutte le tariffe aeree, per allinearsi, direttamente o indirettamente, a quelle dei nuovi entranti. Nelle ferrovie di AV, al contrario del settore aereo, i costi di produzione sono poco flessibili (per rigidità contrattuali per il lavoro, assenza di vere alternative per il materiale rotabile e per la limitatezza delle tratte servibili, che non consente strategie innovative quali quelle dei nuovi entranti nel settore aereo). Ne risulta che per l’AV, di fronte a un prodotto sostanzialmente identico tra i concorrenti, l’unica strategia possibile, la guerra dei costi, risulta poco percorribile. E dunque i vantaggi di cui gode l’incumbent sono risultati non superabili, date le condizioni descritte.
Comunque, FS stessa probabilmente si augura che NTV non soccomba. Questo metterebbe definitivamente in luce l’insufficienza della liberalizzazione del settore. Infatti FS continua a presentare l’esistenza di NTV come prova del contrario (una sorta di “opposizione di Sua Maestà”, di prussiana memoria). Paradossalmente , se questo rischio emergesse, a FS converrebbe allentare la pressione concorrenziale che oggi esercita su NTV. Comunque per gli utenti un beneficio si è già realizzato, in termini di qualità dei servizi di FS e anche di prezzi, maggiormente articolati e “limati” dalla pressione concorrenziale (non sappiamo che prezzi vi sarebbero stati senza concorrenza, ma tutti gli indizi sono in questa direzione).
Che lezione trarne per il regolatore indipendente, se esistesse e difendesse davvero gli utenti? Che aprire la concorrenza senza separare realmente la rete dai servizi non basta, e che probabilmente anche le economie di scala e di scopo giocano un ruolo troppo importante nel settore per non estendere la liberalizzazione anche al segmento “lunga distanza non AV” e ai servizi regionali, come d’altronde NTV ha chiesto invano da tempo.
In questo quadro di insufficiente regolazione pubblica, intanto FS si rafforza acquistando grandi imprese di trasporto urbano (Firenze e, sembra, Torino). Secondo le teorie regolatorie, si tratta di “integrazione verticale di impresa dominante” che non dovrebbe essere consentita. Ma, appunto, si tratta di teorie, a difesa degli utenti e dei contribuenti. La realtà sembra ben diversa.

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