«Non c'è nessuna lotta ai furbetti del fisco, anzi: alcune nuove norme vanno in senso più lassista. Si vede benissimo che questo governo, sul tema delle imposte, fa quello che vuole il Pdl». La dura accusa dell'ex ministro Vincenzo Visco.
di Stefano Livadiotti
«Purtroppo, sul fronte della lotta all'evasione fiscale non c'è
discontinuità tra il governo di Silvio Berlusconi e quelli di Mario
Monti ed Enico Letta». Vincenzo Visco, "Dracula" (copyright
dell'arci-nemico Giulio Tremonti), ministro delle Finanze con i
governi Ciampi, Prodi e D'Alema, non usa giri di parole.
Perché ce l'ha pure con Letta?
«Il suo governo si basa su un equilibrio politico molto precario e quindi non può sopravvivere senza compromessi. Che però finora sono andati incontro solo al punto di vista del Pdl, almeno sulla questione fiscale e della lotta all'evasione».
A cosa si riferisce?
«Aver messo all'ordine del giorno la questione Imu implica accettare un'ipotesi di riduzione delle imposte a beneficio prevalente dei ceti medi affluenti. Non solo: il cosiddetto decreto "del fare" contiene norme preoccupanti».
Quali?
«E' stato attenuato, in particolare sul fronte dell'Iva, il principio di corresponsabilità tra appaltante e appaltatore, che coinvolgeva il primo, di solito dotato di spalle più larghe, negli adempimenti fiscali e contributivi del secondo: la misura aveva consentito un notevole recupero di gettito, soprattutto nell'edilizia. Poi c'è la norma che impedisce il pignoramento della prima casa, accogliendo di fatto la richiesta di tagliare le unghie a Equitalia».
C'è la crisi e molta gente non ha i soldi per pagare...
«Certo: ci vuole tolleranza, ma senza esagerare. Non si deve arrivare al disarmo unilaterale. Sarebbe stato sufficiente consentire una maggiore rateizzazione e solo a chi è davvero in difficoltà. Oggi una banca può pignorare il bene di un debitore e Equitalia no. Abbiamo messo lo Stato in condizione di inferiorità rispetto a un privato. E' un messaggio chiaro a chi evade. Temo che nei prossimi mesi la caduta del gettito, peraltro già in atto, renderà evidente l'errore».
Veramente il governo si vanta di aver ottenuto ottimi risultati sul fronte del recupero dell'evasione...
«Parole in libertà. Non bisogna confondere le cifre che lo Stato pretende con quelle che riuscirà effettivamente a recuperare. E non è con i blitz che si risolve il problema. Passiamo da Torquemada a Padre Pio: tipico di chi non vuole cambiare davvero le cose».
Qual è allora la sua ricetta?
«E' possibile far scendere l'evasione dall'attuale 8 per cento del prodotto interno lordo a quota 2 o 3 per cento, recuperando decine di miliardi. Per farlo, bisogna convincere i contribuenti che il fisco sa tutto di loro e che se non pagano il dovuto saranno smascherati e perseguiti. Perciò, bisogna razionalizzare la normativa e allineare le banche dati. I controlli ex post sono necessari, ma rappresentano solo l'ultima spiaggia».
Perché ce l'ha pure con Letta?
«Il suo governo si basa su un equilibrio politico molto precario e quindi non può sopravvivere senza compromessi. Che però finora sono andati incontro solo al punto di vista del Pdl, almeno sulla questione fiscale e della lotta all'evasione».
A cosa si riferisce?
«Aver messo all'ordine del giorno la questione Imu implica accettare un'ipotesi di riduzione delle imposte a beneficio prevalente dei ceti medi affluenti. Non solo: il cosiddetto decreto "del fare" contiene norme preoccupanti».
Quali?
«E' stato attenuato, in particolare sul fronte dell'Iva, il principio di corresponsabilità tra appaltante e appaltatore, che coinvolgeva il primo, di solito dotato di spalle più larghe, negli adempimenti fiscali e contributivi del secondo: la misura aveva consentito un notevole recupero di gettito, soprattutto nell'edilizia. Poi c'è la norma che impedisce il pignoramento della prima casa, accogliendo di fatto la richiesta di tagliare le unghie a Equitalia».
C'è la crisi e molta gente non ha i soldi per pagare...
«Certo: ci vuole tolleranza, ma senza esagerare. Non si deve arrivare al disarmo unilaterale. Sarebbe stato sufficiente consentire una maggiore rateizzazione e solo a chi è davvero in difficoltà. Oggi una banca può pignorare il bene di un debitore e Equitalia no. Abbiamo messo lo Stato in condizione di inferiorità rispetto a un privato. E' un messaggio chiaro a chi evade. Temo che nei prossimi mesi la caduta del gettito, peraltro già in atto, renderà evidente l'errore».
Veramente il governo si vanta di aver ottenuto ottimi risultati sul fronte del recupero dell'evasione...
«Parole in libertà. Non bisogna confondere le cifre che lo Stato pretende con quelle che riuscirà effettivamente a recuperare. E non è con i blitz che si risolve il problema. Passiamo da Torquemada a Padre Pio: tipico di chi non vuole cambiare davvero le cose».
Qual è allora la sua ricetta?
«E' possibile far scendere l'evasione dall'attuale 8 per cento del prodotto interno lordo a quota 2 o 3 per cento, recuperando decine di miliardi. Per farlo, bisogna convincere i contribuenti che il fisco sa tutto di loro e che se non pagano il dovuto saranno smascherati e perseguiti. Perciò, bisogna razionalizzare la normativa e allineare le banche dati. I controlli ex post sono necessari, ma rappresentano solo l'ultima spiaggia».
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