sabato 27 luglio 2013

"Fare" un favore alle imprese


Meno regole sulla sicurezza, bonus da cinque miliardi per i macchinari. E intanto alla Torino-Lione non viene tagliato nemmeno un euro
Fatto un omnibus, se ne fa un altro. Non sono bastate più di 40 ore di ostruzionismo del movimento 5 stelle al «decreto del Fare» che la Camera approvato ieri con 344 voti a favore e 136 contrari, che l'operoso ministro per la Coesione Territoriale Carlo Trigilia ha proposto un bis: entro la pausa estiva (ottimista), o comunque subito al rientro dalle vacanze estive, il governo proporrà un «decreto del fare bis». Non contento dell'ingorgo che bloccherà il parlamento fino alla prima settimana di agosto con cinque decreti da riconvertire, una legge delega, due disegni di legge di inziativa governativa e uno di iniziativa parlamentare, il frenetico esecutivo capitanato da Enrico Letta annuncia un'altra infornata di microprovvedimenti che andranno a comporre il secondo «milleproroghe» (post)estivo.

Se il primo «fare» era arrivato in aula con 86 articoli e ne è uscito con 117, il secondo non sarà da meno. Trigilia si è portato avanti con il lavoro e ha annunciato la creazione di un'«Agenzia per la coesione territoriale» che monitori l'uso dei fondi europei in un Sud disperato. Il rapporto Svimez presentato ieri a Roma parla di un crollo dell'occupazione nel Mezzogiorno del 2% nel 2013 contro il -1,1% del Nord Est e il -1,3% di centro e Nord Ovest. Sarà un'altra fiducia quella che costringerà il Parlamento ad approvare il «fare al quadrato», com'è accaduto per il provvedimento passato da ieri all'esame del Senato? Può darsi, visto che il rientro dalla sospirata pausa estiva dovrà essere anticipato almeno al 21 agosto quando scatta la decadenza del «Fare» (il primo). Poi ci sarà il 27 agosto quando il Senato dovrà convertire in legge il decreto sull'occupazione e Iva e il 31 agosto quando toccherà allo «Svuota carceri». Prima di andare in spiaggia ci sarà da trovare un accordo sull'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e sul ddl sull'omofobia, senza dimenticare la delega fiscale che contiene la riforma del catasto, passo iniziale per affrontare, e sbrogliare, la matassa dell'Imu sulla quale non c'è ancora un accordo tra i soci delle larghe intese, Pd e Pdl.


Per il momento la battaglia campale è quella sul Ddl sulla riforma costituzionale. Ieri l'aria era tesissima. L'ostruzionismo dei 5 Stelle sul «Fare» è dovuto all'ostinazione del governo di risparmiare i tempi sulla «doppia lettura» di Camera e Senato. Si vuole procedere a tappe forzate in Commissione Affari Costituzionali e incardinare il provvedimento alla Camera con voto finale a fine agosto. Per i 5 stelle si tratta di un «golpe estivo», mentre Letta ha replicato a brutto muso: «La loro battaglia è contraria ai cambiamenti della Costituzione perche' i 5 stelle non vogliono la riforma della Costituzione ma la rottura di sistema». Argomentazione singolare, che replica il succo degli editoriali di giornata letti di primo mattino su alcuni quotidiani. I grillini dicono di difendere la Costituzione dai progetti delle larghe intese e chiaramente non sognano di rovesciare i padri costituenti in nome della democrazia diretta. Non deve essere passato inosservato a Palazzo Chigi il battibecco tra il «cittadino» Colletti e la presidente della Camera Boldrini. L'argomento è sempre quello delle critiche rivolte in aula al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Dopo il presidente del Senato Grasso, anche Boldrini ha stigmatizzato l'allusione di un 5 stelle alla «monarchia repubblicana» che Napolitano starebbe esercitando.

Che cosa c'entra tutto questo con il «decreto del Fare»? C'entra, e molto. Perché, se così restano le cose, i 5 stelle continueranno l'ostruzionismo anche al Senato dove il governo ha già annunciato nuovi cambiamenti. In particolare sul Documento unico di regolarità contributiva (Durt) sulle imprese, introdotto dal deputato M5S Mimmo Pisano che ha sollevato l'indignazione di commercianti e artigiani, oltre che la censura di Grillo in persona. Il Durt obbligherebbe le imprese ad una severa verifica dei contributi versati ai lavoratori. Questo ha provocato un'insurrezione. La Cna sostiene che impone troppi vincoli alle imprese. A loro basta un'autocertificazione, non importa poi se versano i contributi. Lo spirito di deregolamentazione del mercato del lavoro ispira la norma che abolisce il Documento di valutazione del rischio (Duvri), istituendo la figura dell'«incarico alla sicurezza» che dovrà sorvegliare la sicurezza nelle imprese che non sopportano norme a tutela di chi lavora. Sarà cambiata anche la norma che esonera Poste, Fs e Anas dal tetto agli stipendi dei manager. Nel patchwork del «fare» c'è spazio per l'impignorabilità della prima casa, per un incentivo da 5 miliardi di euro per l'acquisto di macchinari da parte delle imprese e un altro incentivo al mercato della nautica di diporto: il governo ha cancellato le tasse sulle piccole imbarcazioni, dimezzate su quelle sotto i 20 metri. Il Wi-Fi è stato liberalizzato. Notizia importante: alla Tav Torino-Lione non viene tolto un euro, come annunciato. I soldi per il rilancio dei cantieri verranno dai flussi di cassa. Così il governo ha domato quei «rivoltosi» delle imprese. In nome della crescita.

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