La regione Campania accorre in soccorso della Gori spa, per farlo decide di ignorare i referendum per l’acqua pubblica disegnando una legge di riordino del Servizio idrico integrato cucita addosso al privato. Palazzo Santa Lucia avrebbe dovuto, entro dicembre 2012, varare la legge regionale sul Sii, da mesi invece gli Ambiti territoriali ottimali sono affidati a un commissario straordinario. L’uomo scelto per gestire la fase di passaggio è Carlo Sarro, attuale deputato casertano del Pdl, avvocato di Nicola Cosentino, ex presidente dell’Ato 3 sarnese-vesuviano (in mano alla Gori) ed ex vicepresidente dell’Ato2 (che riunisce il napoletano e il casertano), dove ha sempre cercato di far approdare i privati. La Spa è un’emanazione dell’Acea di Caltagirone, da cui è controllata con circa il 37% delle quote (ma tra i soci c’è anche la multinazionale francese Suez), e in Campania ha dato pessima prova di sé: acqua del rubinetto con valori fuori norma, grosse perdite nella rete, nessun investimento, molte assunzioni gradite alla politica e tariffe salite alle stelle.
La Regione, con le delibere di giunta 171 e 172 del 2013, ha messo in campo la Salva-Gori per alleggerire il debito di 282 milioni di euro contratto nei confronti dell’ente: 70 milioni sono stati cancellati, i restanti spalmati su 20 anni, i primi dieci senza interessi. A fronte dei primi due regali l’onorevole Sarro con delibera numero 17/2013 ha provveduto ad aumentare ancora le tariffe del gestore Gori del 13,4%, con possibili ulteriori aumenti negli anni a venire. E così il privato continua a lucrare indisturbato, nonostante i referendum. Ma è solo il primo passo.
Il passaggio successivo è l’approvazione in consiglio del dl, già licenziato dalla giunta regionale, lo strumento con cui cancellare ogni possibile pubblicizzazione dell’acqua richiamando le norme comunitarie, pur sapendo che queste non valgono una volta che si è espressa la volontà popolare a giugno 2011. Il testo è un regalo ai privati con tratti grotteschi quando, ad esempio, riconosce che l’acqua è un bene essenziale alla vita ma ne garantisce la disponibilità e l’uso ai soli residenti. Leghismo potabile in salsa campana.La Regione, con le delibere di giunta 171 e 172 del 2013, ha messo in campo la Salva-Gori per alleggerire il debito di 282 milioni di euro contratto nei confronti dell’ente: 70 milioni sono stati cancellati, i restanti spalmati su 20 anni, i primi dieci senza interessi. A fronte dei primi due regali l’onorevole Sarro con delibera numero 17/2013 ha provveduto ad aumentare ancora le tariffe del gestore Gori del 13,4%, con possibili ulteriori aumenti negli anni a venire. E così il privato continua a lucrare indisturbato, nonostante i referendum. Ma è solo il primo passo.
Il nuovo assetto disegnato dall’esecutivo Caldoro prevede la riduzione a tre Ambiti territoriali ottimali, ma la loro individuazione non viene sottoposta al rispetto dei bacini idrografici naturali. Sono sostanzialmente delle divisioni amministrative, decise dalla politica. Secondo voci di palazzo, si andrebbe verso un Ato con Napoli e Caserta e relative province, uno salernitano, l’ultimo con Benevento e Avellino. Secondo il testo, i Piani d’ambito sono redatti dalla regione e semplicemente ratificati dagli Ato. Se questi ultimi non si adeguano alle decisioni «la regione può esercitare poteri sostitutivi attraverso la nomina di commissari ad acta». I comuni, riuniti negli Ato, possono essere estromessi da Palazzo Santa Lucia. Il capolavoro arriva con il Titolo II – Gestione del servizio. Ogni articolazione territoriale, composta da diverse amministrazioni (alcune servite dal privato, altre dal pubblico), deve scegliere il gestore coordinatore del Sii, a questo soggetto verrà affidata «la gestione dei servizi oggetto dei contratti di affidamento scaduti o decaduti». Quindi alla fine in ogni Ato ne resterà uno, scelto in base alla normativa nazionale e comunitaria attualmente vigente. Con l’accorpamento degli Ambiti territoriali, la Gori (presente su un territorio vastissimo che va dai paesi vesuviani fino ai confini del salernitano, passando per la penisola sorrentina) si troverà senza alcuna reale concorrenza. Infatti all’Abc – Acqua bene comune, creata dal Comune di Napoli convertendo l’ex Arin Spa in azienda speciale, non è stato dato alcun affidamento dalla gestione commissariale. Ed ecco che la pubblicizzazione finisce nel cestino.
Le prossime elezioni regionali sono dietro l’angolo così si indica pure la costituzione di un’Agenzia regionale campana delle acque, l’Arca, che aiuterà sicuramente a costruire nuovo consenso. A due anni dal referendum bisogna ricominciare tutto daccapo. Da ieri è partita la petizione per la costituzione di una Commissione d’inchiesta partecipata sul diritto all’acqua mentre l’Istituto di studi politici e ambientali sta mettendo a punto uno studio di fattibilità per trasformare la legge regionale prima dell’approvazione in consiglio. Infine Legambiente preparerà un dossier perché preoccupata dall’impatto che le norme potrebbero avere sull’ambiente. Intanto i comitati campani stanno lavorando alla costruzione di una rete di sindaci che resistono al privato, una trentina disseminati soprattutto nel salernitano, napoletano e casertano. Roccapiemonte ad esempio ha ingaggiato una guerra con la Gori al Tar, l’affidamento in capo al municipio resiste a Casoria mentre Baiano, Sperone e Vairano hanno organizzato una gestione condivisa che abbatte i costi.
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