Nulla sfugge al sistema: denaro e proprietà, lavoro e salute, affari e storia creditizia. Ma anche investimenti, contratti, capitali. Banche e finanza dispongono di servizi ad hoc, incluse le agenzie di rating. Per loro siamo tutti trasparenti, cittadini e aziende: «Il fatto che le banche riescano ad acquisire informazioni private e che godano di una consistente indipendenza dallo Stato le rende sempre più simili ai servizi segreti», sostiene l’economista russo Valentin Katasonov. «In realtà, sono lebanche e i servizi segreti che sorvegliano le informazioni mondiali: infatti, la fusione del personale dei servizi speciali occidentali e dei settori bancario e finanziario ha dato vita ad un gigantesco e losco colosso, dotato di vaste risorse informative e finanziarie capace di controllare ogni aspetto della vita umana». Sono in pochi, aggiunge Katasonov, a sapere esattamente cosa si nasconda dietro l’acronimo Swift: è il vero “cervello” della sorveglianza finanziaria e informativa mondiale.
Letteralmente: Società per le Telecomunicazioni Finanziarie Interbancarie Mondiali. «Si tratta di una cooperativa di credito attraverso la quale il mondo finanziario esegue le proprie operazioni», spiega l’economista in un intervento su “Strategic Culture” ripreso da “Come Don Chisciotte”. «Sono più di 10.000 le istituzioni finanziarie e le grandi aziende in 212 paesi che ogni giorno si affidano a tale società per scambiarsi milioni di messaggi finanziari standardizzati». Attività a tutto campo, per lo scambio sicuro di dati di proprietà «pur assicurandone formalmente le loro privacy e integrità». Da un punto di vista legale, Swift è una SpA, fondata nel 1973 da 240 banche di 15 paesi. Missione: inviare e ricevere informazioni affidabili sulle transazioni finanziarie. La società è attiva dal 1977 e, per l’enorme quantità di transazioni, utilizza il dollaro.
Tecnicamente è una società cooperativa di diritto belga, gestita dalle istituzioni finanziarie che ne fanno parte. Ha uffici in tutto il mondo, ma il quartier generale è a La Hulpe, vicino a Bruxelles. L’organo governativo è l’Assemblea Generale, dove le decisioni vengono prese sulla base di una maggioranza del tipo “un’azione – un voto”, ma il Cda è nelle mani della finanzaoccidentale e gli azionisti che contano sono Usa, Germania, Svizzera, Francia e Gran Bretagna. Per le transazioni verso l’estero, lo Swift è uno snodo bancario obbligatorio: «Quando la maggior parte delle transazioni internazionali veniva effettuata in dollari, tutti i pagamenti passavano dai conti aperti nelle banche statunitensi». Banche che, a loro volta, disponevano di conti nell’Frs, il “Federal Reserve System”. I server della Swift, dislocati negli Usa e in Belgio, rivelano numeri impressionanti: almeno 7.800 clienti in 200 paesi, con un flusso finanziario giornaliero di 6 trilioni di dollari.
Nell’estate del 2006, ricorda Katasonov, la Swift è stata coinvolta in uno scandalo sollevato da “New York Times”, “Wall Street Journal” e “Los Angeles Times”: violazione del segreto bancario, col pretesto di prevenire il terrorismo all’indomani dell’11 Settembre, e dati trasferiti segretamente alla Cia per controllare la provenienza dei pagamenti in entrata e in uscita. La prima ammissione ufficiale risale al 2003, quando sul caso si pronunciano a Washington la Società per le Telecomunicazioni Finanziarie Interbancarie Mondiali e alcune agenzie statali americane, comprese Fbi e Cia, nonché la Federal Reserve allora diretta da Alan Greenspan. L’accordo: portare avanti la collaborazione, ma a condizione che Washington rispetti alcune regole. Ovvero: si concede al Tesoro di rinforzare i controlli sulle attività sospette, in odore di terrorismo, chiudendo però un occhio su altri pagamenti, compresi quelli legati all’evasione fiscale e al traffico di droga.
«Durante le trattative – spiega Katasonov – gli Stati Uniti hanno avanzato la proposta che la Swift non fosse una banca, bensì un intermediario tra banche». L’accesso ai suoi dati, dunque, non avrebbe violato le leggi sulla privacy degli istituti di credito statunitensi. «È risaputo che le banche centrali di Gran Bretagna, Germania, Italia, Belgio, Olanda, Svezia, Svizzera e Giappone erano al corrente delle pratiche intraprese dalla Cia», mentre la banca centrale della Russia non è stata menzionata nella lista. «In alcuni casi, le banche centrali tennero segreto il fatto che la Swift collaborasse con gli Usa, per cui il pubblico, i governi e i parlamenti ne rimasero all’oscuro (anche se questi ultimi ne fossero stati a conoscenza, non avrebbero fatto trapelare nulla)». Poi, nel 2006, in Gran Bretagna è il “Guardian” a rivelare «un caso che attribuiva alla Swift la condivisione annuale con la Cia di informazioni legate a milioni di transazioni di banche britanniche», configurando «una violazione delle leggi sia britanniche che europee», compresa la Convenzione europea per i diritti umani.
La Banca d’Inghilterra, una delle 10 banche centrali ad avere un posto nel consiglio d’amministrazione della Swift, ha rivelato di aver messo al corrente il governo britannico già nel 2002. «Quando lo abbiamo scoperto, abbiamo informato il Tesoro e abbiamo lasciato a loro l’incombenza del caso», ha dichiarato Peter Rogers, della Bank of England. «Abbiamo anche avvisato la Swift che avrebbe dovuto affrontare l’argomento col governo. Non aveva niente a che fare con noi: riguardava la sicurezza e non la finanza, era una faccenda tra la Swift e il governo». Dal Parlamento, in una risposta scritta, Gordon Brown assicurava che il governo era a conoscenza dell’accordo. Citando la politica governativa di non rilasciare alcun parere su «faccende di sicurezza specifiche», tuttavia, il cancelliere ha rifiutato di dichiarare se fossero state prese delle misure per «assicurare la protezione della privacy dei cittadini britannici, le cui transazioni finanziarie avrebbero potuto essere ritenute come facenti parte di investigazioni da parte degli Stati Uniti e dalla Swift contro il terrorismo». Brown si è inoltre rifiutato di precisare se il programma fosse stato «legalmente adeguato» all’articolo 8 della Convenzione europea per i diritti umani.
Ad oggi, ammette Katasonov, non conosciamo ulteriori dettagli della collaborazione tra la Swift e i servizi segreti statunitensi: «Sembra che il caso venga sottratto al dominio mediatico». E’ molto probabile, ovviamente, che gli Usa stiano continuando ad attingere dalle banche dati della Swift, da cui nel 2012 hanno fatto espellere la presenza finanziaria dell’Iran. Inoltre, il dollaro resta centrale in tutte le transazioni internazionali, che passano per sedi americane: «I dati vengono raccolti da banche commerciali e dal Federal Reserve System», incrementando così le informazioni a disposizione di Washington, al dettaglio: banche commerciali, compagnie assicurative, fondi pensione. «All’inizio del 2003, i media hanno affermato che tutti i servizi speciali degli Stati Uniti, compresa la Central Intelligence Agency, il Federal Bureau of Investigation, la National Security Agency e altri, potevano accedere a questa banca dati per proteggere i propri interessi nazionali e la propria sicurezza». Come sfuggire a 007 e “banksters”? L’unica, conclude Katasonov, è abbandonare il dollaro come unica valuta di scambio internazionale. Solo così è possibile sfuggire all’occhiuta sorveglianza del Grande Fratello di Washington.
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