La Fip chiede anche la sospensione della sentenza del tribunale di Roma che ha ordinato l'assunzione degli operai iscritti alla Fiom. "Con gli attuali livelli di produzione richiesti dal mercato, se entrano loro dobbiamo metterne altrettanti in cassa integrazione"
ROMA - La Fiat non accetta la sentenza del tribunale di Roma su Pomigliano 1, che conteneva l'ordine di assumere nello stabilimento i 145 lavoratori iscritti alla Fiom. La società Fabbrica Italia Pomigliano (Fip), oltre al ricorso contro la sentenza, ha annunciato che chiederà la sospensione della decisione del tribunale.In una nota stampa, la Fip afferma che chiederà di sospendere l'esecuzione dell'ordine di "assumere 145 persone attuali dipendenti di Fiat Group automobiles solo perché in un certo momento iscritte alla Fiom". "La ragione di questa richiesta - è scritto nel comunicato - è che l'esecuzione dell'ordine, al di là della complessità del processo di selezione dei singoli, causerebbe gravi distorsioni nell'attuale contesto operativo di Fip".
In sostanza, afferma il Lingotto, l'attuale numero dei dipendenti è più che adeguato alle esigenze produttive e dunque alle esigenze del mercato. "Qualsiasi ulteriore assunzione comporterebbe il contemporaneo ricorso alla cassa integrazione, se non a procedure di mobilità, per un numero corrispondente a quello dei nuovi assunti, inclusi probabilmente alcuni dei 145" di cui alla sentenza."La società - conclude la nota - è fermamente convinta che l'esecuzione dell'ordinanza arreccherebbe un danno irreparabile all'attuale contesto lavorativo in Fip e per tale ragione debba essere evitata". Un ragionamento puramente imprenditoriale e di mercato, dunque, mentre sull'altro piatto della bilancia la Fiom ricorrente ha messo la violazione di un diritto costituzionale, costituita dalla discriminazione di un gruppo di lavoratori per la loro appartenenza a un determinato sindacato.
La decisione del tribunale di Roma era stata criticata aspramente dall'amministratore delegato Fiat Chrysler, Sergio Marchionne, che aveva parlato di "regole folcloristiche" 2 esistenti soltanto in Italia.
Le reazioni - "Mi sembra che la Fiat non possa essere extraterritoriale - commenta Giorgio Airaudo, responsabile auto della Fiom - . Non può prima creare il guaio discriminando e poi dire che la riparazione al guaio che ha creato determina problemi insormontabili. Non esiste l'immunità, neanche per le imprese". Duro il giudizio di Antonio Di Pietro (Idv) che parla di "un modo banditesco di gestire le relazioni industriali in Italia" e del ricorso in appello come dell'ennesimo "atto di arroganza della Fiat nei confronti dei lavoratori, delle leggi italiane e della Costituzione". Il responsabile welfare dell'Idv, Maurizio Zipponi, ha aggiunto che "la Fiat, impugnando la sentenza del Tribunale di Roma, che prevede l'assunzione dei 145 operai discriminati di Pomigliano, conferma la volontà di non rispettare le decisioni della magistratura".
"Quella di Sergio Marchionne - rincara il presidente di Sel, Nichi Vendola - è una sfida arrogante e violenta alle più elementari regole della convivenza democratica, un gesto di disprezzo verso gli operai e verso la Costituzione, l'ennesima prova di uno stile padronale ed estremista inaccettabile in un momento di così grande sofferenza del mondo del lavoro".
(30 giugno 2012)
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