domenica 29 luglio 2012

Perotti: cambiamo vita, tanto ormai il capitalismo è morto


Spread alle stelle, borse che crollano. Cosa succede? «Sta crollando questo capitalismo basato integralmente sullafinanza e non sull’industria, sull’artigianato, sulla manifattura, sui fondamentali». Simone Perotti, ex manager convertitosi in skipper e scrittore di successo – dopo il besteller “Adesso basta” l’ultimo lavoro, “Scollochiamoci”, scritto per “Chiarelettere” , Paolo Ermani – non ha più dubbi: dopo due secoli e mezzo il nostro capitalismo «sta arrivando alla sua ultima fermata», ormai «i nodi vengono al pettine e non si può che assistere all’agonia di un mostro impazzito che è sfuggito al controllo del suo creatore». Un mostro o, a scelta, un grande malato: che «nessuno dei grandi medici accorsi al suo capezzale riesce a curare». Quella a cui stiamo assistendo è un’agonia: non ne siamo responsabili, se non in minima parte, e non possiamo farci nulla. A meno di non adottare l’unica arma di autodisfesa a nostra disposizione: cambiare vita, e subito.
Secondo Perotti, intervistato dal blog “Cado in piedi”, si tratta di trovare il modo di mettersi al riparo dalla crisi, per quanto possibile, evitando di Simone Perottiscivolare nel baratro cieco della recessione terminale che minaccia l’Europa, l’Occidente e tutto il pianeta, sotto la scure delle inutili e crudeli politiche di “rigore” inventate dagli stessi dominus dellafinanza mondiale, i principali “architetti” di una crisi che, attraverso la speculazione, garantisce immense fortune a pochissimi, a spese di tutti gli altri. La soluzione? «Vivere in maniera più sobria, vivere di poco, disertare la Borsa e qualunque investimento finanziario». Inutile aspettarsi miracoli dal fantasma della politica: si può agire in proprio, tutti insieme. Per esempio, con investimenti quotidiani e mirati: «Meglio utilizzare il proprio denaro (poco o tanto che sia) per fare cose che abbiano un senso chiaro, magari autoproducendo una parte del nostro cibo, forse creando valore per la produzione di energia che ci serve realmente e concretamente per scaldarci». Tradotto: «Pensiamo a installare un pannello solare, invece di comprare le azioni di chi li produce».

Intanto la disoccupazione giovanile è esplosa e solo 2 assunzioni su 10 sono a tempo indeterminato. Per i giovani sembra non ci siano vie duscita: il futuro è letteralmente abolito dal cupo orizzonte disegnato dai tecnocrati europei, emissari delle élite finanziarie. «I giovani – dice Perotti – sono stati in difficoltà forte anche quando avevano 18 anni nel 1946 e avevano magari un genitore morto in guerra e due zii che erano stati fatti sparire dai nazisti perché erano dei partigiani, e magari crescevano in una zona bombardata dagli inglesi via mare in cui non c’era neanche il ponte per andare al di là del Bisagno», il torrente che bagna Genova, città natale dello scrittore. Tempi duri: il dopoguerra, la fame, l’impossibilità di studiare: il dolore di quei ragazzi, aggiunge Perotti, è paragonabile alle difficoltà della generazione attuale, come se di colpo i giovani fossero stati scaraventati indietro di oltre mezzo secolo. «Ma poi i ragazzi sono usciti, hanno fatto quello che ritenevano giusto fare, la possibilità se la sono costruita: i nostri giovani devono fare un po’ la stessa cosa».
«Sono abbastanza critico rispetto a chi guarda i giovani con paternalismo, pensando siano l’unica generazione di sfigati in una storia dell’umanità in cui i giovani hanno sempre avuto tutte le opportunità: non è vero, non è mai stato così», premette Perotti, in sintonia con le tesi che Giampaolo Pansa ha esposto nel suo ultimo lavoro autobiografico, “Poco o niente”, che rievoca le impensabili durezze con cui si dovettero confrontare le generazioni precedenti. Ogni epoca lancia le sue sfide, sostiene Perotti, e i giovani hanno comunque le carte in regola per per affrontarle, con entusiasmo e magari un Giampaolo Pansapizzico di idealismo, rischiando cocenti disillusioni ma avendo dalla loro parte quantomeno l’età. «Direi che quelli che sono messi peggio sono i quarantacinquenni, i cinquantacinquenni che magari hanno perso un po’ l’abbrivio, che forse il meglio di loro l’hanno già dato e che devono fronteggiare una situazione molto difficile».
Questo però non costituisce un’attenuante: se solo 2 assunzioni su 10 sono a temo intederminato significa che «il sistema ha mentito: non può essere drenata tutta la forza lavoro così come era stato promesso». Otto giovani su dieci restano senza garanzie? E’ la prova della “bufala”, del sistema basato su false promesse. «Questo è un Paese che ha delle vocazioni ben chiare: basterebbe ripulirlo da tutta l’immondizia che c’è in giro sulle coste, sulle spiagge, nelle montagne, dovunque c’è un patrimonio turistico, naturalistico, architettonico, paesaggistico e artistico che ha grande valore per noi, ma che noi teniamo malissimo». Secondo Perotti, «basterebbe ripulire l’Italia proprio togliendo le carte per terra e già lavorerebbero migliaia di persone». Lavoro utile, e per tutti? Basterebbe bonificare i siti ex industriali e restaurare l’immenso patrimonio storico. Nessun paese al mondo ha così tante risorse, e nessuno le spreca come fa l’Italia: stiamo dilapidando la nostra cassaforte turistica, quella che ci salverebbe, con scelte sempre sbagliate o fuori tempo massimo.

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