Grassi vegetali. Additivi per colorare e insaporire. Latte o frutta inesistenti. Così si perde il gusto della delizia dell'estate. Ecco le regole per non rischiare.
l'espresso di Agnese Codignola
Avrebbe potuto rimanere in paese e godersi i frutti dei sacrifici
di suo padre, che quando lui aveva 11 anni aveva comprato quella
gelateria; e nella stagione estiva rendeva bene. Ma Celle Ligure
non bastava a Roberto Lobrano. Non aveva un'idea
precisa sul suo futuro, ma sapeva che non sarebbe rimasto tutta la
vita ad aspettare i turisti. E così a 18 anni ha messo la spatola
in valigia ed è andato a studiare, lingue e poi marketing, e a
vedere il mondo del gelato con un'altra prospettiva. Prima di tutte
quella di inventarsi un nuovo modo di fare il mestiere del padre.
Da lì a ritrovarsi immerso a tempo pieno tra i profumi, gli aromi e le ricette segrete del gelato artigianale italiano il passo è stato breve, ma già segnato dall'innovazione. Oltre al negozio, Lobrano ha aperto un blog nel quale ragiona di gelato a tutto campo. Perché di una cosa è convinto: fare i gelati è - o dovrebbe essere - una continua ricerca. Ad esempio di nuovi gusti e assortimenti, di studiare scientificamente le caratteristiche chimico-fisiche degli ingredienti, di perfezionare le formulazioni. Tutto ciò lo ha portato molto presto a diventare un docente di corsi di gelateria richiesto in tutto il mondo e uno dei fiori all'occhiello della Carpigiani Gelato University di Bologna, la scuola dove ogni anno decine di migliaia di studenti di diversi paesi vanno a imparare i segreti del mestiere.
Ma tutto questo studiare ha spinto Lobrano a vedere chiaramente i limiti di un prodotto che ancora oggi non è considerato come dovrebbe e valorizzato nel modo giusto né a livello legislativo né, spesso, da chi lo fa e lo vende. Spiega infatti: «Nonostante sia senza dubbio una delle eccellenze del Made in Italy, il gelato artigianale non è protetto da una normativa né tutelato da marchi specifici, e questo è un grave vulnus per tutti: per chi lo produce all'insegna della qualità, che non può difendersi dalla concorrenza sleale, e per il consumatore, che non può sapere che cosa sta acquistando, visto che non è necessario rispettare alcuna norma per definire un gelato artigianale. Ciò significa che sotto quell'etichetta ci può essere di tutto»
Per capire che cosa questo significhi è utile riassumere come si fa un gelato artigianale. Praticamente tutti utilizzano quelli che vengono chiamati semilavorati, cioè miscele composti forniti da alcune ditte specializzate che contengono le basi di alcuni ingredienti necessarie per ottenere i gusti, che vengono poi uniti al latte, allo zucchero a agli additivi come gli addensanti. Ma il punto è proprio qui: le miscele dei semilavorati possono essere di altissima qualità, cioè, per esempio, contenere solo nocciole del Piemonte, o pistacchi di Bronte, o il cioccolato migliore e così via, ma possono anche essere fatte di ingredienti scadenti, magari uniti ad additivi usati solo per fare massa. Solo l'esperienza può aiutare il gelatiere a capire che cosa sta utilizzando, anche perché spesso le stesse ditte fornitrici sono piuttosto parche di informazioni sul contenuto dei semilavorati. Lo stesso vale per gli additivi e per la frutta: i gelatieri artigianali usano quella fresca o quella in preparazioni surgelate, che mantengono buona parte del gusto e dell'aroma di quella fresca, ma in commercio si trovano anche preparati industriali che la frutta l'hanno vista molto da lontano, e che contengono aromatizzanti e coloranti, sia pure legali, non necessari quando gli ingredienti sono freschi.
Al proliferare di "gelaterie artigianali" che vendono, invece, prodotti di scarsa qualità e disorientano il consumatore si associa, poi, la sapienza del marketing dell'industria che, che da tempo hanno imparato a conquistare la gola dei clienti con modelli di business vincenti. Così, spiega Lobrano, «le pubblicità dei gelati industriali puntano sempre di più su aspetti come la genuinità degli ingredienti e la somiglianza con i gelati artigianali». Certo, i gelati industriali sono sicuri e sempre più spesso fatti anche con ingredienti di buon livello, ma contengono il più delle volte grassi vegetali idrogenati e addititivi per colorare e aromatizzare, che nel gelato artigianale non dovrebbero esserci. Basta pensare che quest'ultimo deve essere fatto ogni giorno, perché il ghiaccio, che aumenta entro poche ore, lo rende sempre meno cremoso, mentre quello industriale dura diversi mesi- «E' evidente che non stiamo parlando dello stesso prodotto», continua Lobrano: «Bisognerebbe poi distinguere tra il gelato del singolo artigiano e quello delle catene di gelaterie artigianali e marchi in franchising, che necessariamente utilizzano prodotti più vicini a quelli industriali, per garantire l'uniformità».
Da lì a ritrovarsi immerso a tempo pieno tra i profumi, gli aromi e le ricette segrete del gelato artigianale italiano il passo è stato breve, ma già segnato dall'innovazione. Oltre al negozio, Lobrano ha aperto un blog nel quale ragiona di gelato a tutto campo. Perché di una cosa è convinto: fare i gelati è - o dovrebbe essere - una continua ricerca. Ad esempio di nuovi gusti e assortimenti, di studiare scientificamente le caratteristiche chimico-fisiche degli ingredienti, di perfezionare le formulazioni. Tutto ciò lo ha portato molto presto a diventare un docente di corsi di gelateria richiesto in tutto il mondo e uno dei fiori all'occhiello della Carpigiani Gelato University di Bologna, la scuola dove ogni anno decine di migliaia di studenti di diversi paesi vanno a imparare i segreti del mestiere.
Ma tutto questo studiare ha spinto Lobrano a vedere chiaramente i limiti di un prodotto che ancora oggi non è considerato come dovrebbe e valorizzato nel modo giusto né a livello legislativo né, spesso, da chi lo fa e lo vende. Spiega infatti: «Nonostante sia senza dubbio una delle eccellenze del Made in Italy, il gelato artigianale non è protetto da una normativa né tutelato da marchi specifici, e questo è un grave vulnus per tutti: per chi lo produce all'insegna della qualità, che non può difendersi dalla concorrenza sleale, e per il consumatore, che non può sapere che cosa sta acquistando, visto che non è necessario rispettare alcuna norma per definire un gelato artigianale. Ciò significa che sotto quell'etichetta ci può essere di tutto»
Per capire che cosa questo significhi è utile riassumere come si fa un gelato artigianale. Praticamente tutti utilizzano quelli che vengono chiamati semilavorati, cioè miscele composti forniti da alcune ditte specializzate che contengono le basi di alcuni ingredienti necessarie per ottenere i gusti, che vengono poi uniti al latte, allo zucchero a agli additivi come gli addensanti. Ma il punto è proprio qui: le miscele dei semilavorati possono essere di altissima qualità, cioè, per esempio, contenere solo nocciole del Piemonte, o pistacchi di Bronte, o il cioccolato migliore e così via, ma possono anche essere fatte di ingredienti scadenti, magari uniti ad additivi usati solo per fare massa. Solo l'esperienza può aiutare il gelatiere a capire che cosa sta utilizzando, anche perché spesso le stesse ditte fornitrici sono piuttosto parche di informazioni sul contenuto dei semilavorati. Lo stesso vale per gli additivi e per la frutta: i gelatieri artigianali usano quella fresca o quella in preparazioni surgelate, che mantengono buona parte del gusto e dell'aroma di quella fresca, ma in commercio si trovano anche preparati industriali che la frutta l'hanno vista molto da lontano, e che contengono aromatizzanti e coloranti, sia pure legali, non necessari quando gli ingredienti sono freschi.
Al proliferare di "gelaterie artigianali" che vendono, invece, prodotti di scarsa qualità e disorientano il consumatore si associa, poi, la sapienza del marketing dell'industria che, che da tempo hanno imparato a conquistare la gola dei clienti con modelli di business vincenti. Così, spiega Lobrano, «le pubblicità dei gelati industriali puntano sempre di più su aspetti come la genuinità degli ingredienti e la somiglianza con i gelati artigianali». Certo, i gelati industriali sono sicuri e sempre più spesso fatti anche con ingredienti di buon livello, ma contengono il più delle volte grassi vegetali idrogenati e addititivi per colorare e aromatizzare, che nel gelato artigianale non dovrebbero esserci. Basta pensare che quest'ultimo deve essere fatto ogni giorno, perché il ghiaccio, che aumenta entro poche ore, lo rende sempre meno cremoso, mentre quello industriale dura diversi mesi- «E' evidente che non stiamo parlando dello stesso prodotto», continua Lobrano: «Bisognerebbe poi distinguere tra il gelato del singolo artigiano e quello delle catene di gelaterie artigianali e marchi in franchising, che necessariamente utilizzano prodotti più vicini a quelli industriali, per garantire l'uniformità».
Nessun commento:
Posta un commento