Come consulente informatico ed esperto web, ho usato Facebook per circa un anno, sia come utente normale, sia come tecnico per integrarlo con siti terzi. Come utente finale non ho amato molto la piattaforma, ho notato molte cose che reputo personalmente del tutto deprecabili. Non mi piace la socialità narcisista e voyeuristica che lo permea. Non mi piace il mercato dei profili e lo scempio di privacy, di buon gusto, di buon senso e di pudore. Insomma non mi piace, ma è un’opinione come milioni d’altre, e non ha molta importanza. D’altro canto, ho anche maturato un’idea tecnica e più oggettiva dell’opportunità di integrare social network come Facebook nei nostri siti. Il risultato di misurazioni e riflessioni è che nel 95% dei casi non esiste un vantaggio ma bensì un effetto negativo osservabile e quantificabile. Di seguito, in venti punti, le ragioni tecniche di questa mia convinzione.
1. Tutti questi strumenti, bottoni o finestrelle, sono inseriti in cosiddetti blocchi “iframe”, parti della pagina web capaci di leggere e tracciare le informazioni del social network residenti sulla macchina del visitatore (i famigerati cookies). Questo consente a un sito come Facebook di tracciare in forma mirata (sul profilo del suo utente registrato) le sue abitudini di navigazione anche fuori Facebook.com, mentre per gli utenti non registrati di poter raccogliere informazioni dettagliate di abitudini di navigazione anonime, utili comunque a fini statistici e di marketing. Quindi l’utilità offerta al vostro visitatore e cliente, crea, a lui un problema di privacy non gestibile (a meno di cancellare la cronologia e le informazioni di navigazione ogni volta che esce dal sito in blu) e a voi una emorragia di dati sensibili verso Facebook; una donazione non corrisposta in alcun modo.
2. Le librerie di codice Facebook per i bottone “Mi Piace” e varie Api (interfacce di programmazione applicative) aggiungono un peso medio alla pagina di circa 100-200 kilobytes scaricati in una decina di richieste del browser verso internet aggiuntive (se avete Firefox potete tracciare questo traffico con una estensione come Firebug). Questo appensantisce la pagina, a fronte di un modestissimo contributo grafico e applicativo. I tempi di caricamento medio si allungano drasticamente, riflettendosi sui rank di alcuni importanti motori di ricerca. Nel mobile questo poi si traduce in costi aggiuntivi e in attese indesiderate e indesiderabili per il vostro utente.
3. Le misurazioni statistiche indicano che il numero di visitatori in ingresso derivanti dai “Mi Piace” partiti dal sito sono irrilevanti a fronte dei collegamenti in ingresso da Facebook.com (detti referrals) o altri siti di social networking. In genere si misura un pareggio se non addirittura una lieve perdita.
4. La proliferazione di bottoni “social” rende il sito “cheap” (dozzinale) sia dal lato estetico che dal lato di forza comunicativa e di user experience (esperienza utente, vedi Wikipedia ). I siti davvero professionali e forti non mescolano la loro comunicazione e il loro brand con tecnologie di massa e amatoriali. Un esempio: su apple.com non esistono bottoni “social network”.
5. Tutti i diritti non espressi nella licenza d’uso che accettate integrando il loro codice Javascript sono a vantaggio di Facebook e a svantaggio del sito ospitante. Quindi bisogna prestare molta attenzione nel caso in cui la condivisione di risorse preziose verso Facebook possa entrare in contenzioso con il sito in blu (si veda espressamente i documenti di accordo relativi ai vostri materiali protetti da proprietà intellettuale).
6. I bottoni “social” sono link aggiuntivi che distraggono, distolgono dalla vostra comunicazione e dai click che cercate di veicolare e catturare con tanta fatica ai vostri visitatori clienti. Questo si ripercuote negativamente sulle vendite, sugli introiti pubblicitari e sui tempi medi di permanenza del vostro sito.
7. I bottoni “social” sono spesso vie d’uscita a senso unico. Cliccando su un “Mi Piace” si è spesso costretti a fare login, dopo di che il vostro visitatore viene subito allertato di notifiche varie su Facebook. Incuriosito il vostro cliente è tentato di passare a navigare sulle pagine di Facebook, abbandonando il vostro sito.
8. I contatori presenti nei bottoni o nei badge (finestre in cui compaiono post e utenti di Facebook in genere a lato di una pagina) funzionano solo nel caso in cui la Url (Uniform Resource Locator, indirizzo di pagina web) condivisa sia di successo. Un badge social che mostra poche decine di “Mi Piace” indica un sito amatoriale e di scarso successo. Questo è il caso in cui l’eliminazione dei bottoni “social” può migliorare la percezione che i visitatori possono avere del sito.
9. L’integrazione con i bottoni “social” come Facebook, G+, Twitter, etc.. comporta un lavoro e un significativo costo di manutenzione nel tempo. Un buon gestore di sito dovrebbe quantificare il ritorno economico di una integrazione sociale e decurtarlo dai costi sostenuti. Nella maggior parte dei casi, l’investimento si presenta, ad una analisi fredda, in perdita.
10. Offrire al proprio visitatore un semplice meccanismo di condivisione collegamenti, magari unito a un meccanismo di accorciamento della Url stessa, è infinitamente più semplice e riutilizzabile per ogni tipo di sito presente e futuro.
11. La realizzazione di “Pagine” su Facebook come mini cloni di un sito non portano visite in quanto il loro scopo unico è far restare dentro Facebook i suoi utenti evitando che questi cerchino e prendano quelle stesse informazioni all’esterno del sito in blu. Questo verosimilmente si traduce in una diminuzione di visualizzazioni di pagina del sito originale.
12. I bottoni sociali sponsorizzano i relativi marchi di fabbrica e portano loro preziosi visitatori sottratti al vostro ecosistema. Effettuare gratuitamente un’azione controproducente non è una buona prassi.
13. Inserire il vostro marchio di fabbrica, sito, pagine, link, informazioni, in un social network significa gettare tutto ciò in una mischia polverosa. La visibilità verso la massa la si ottiene elevandosi con un lavoro di altissima qualità, non immergendosi a capofitto in essa.
14. Spesso la platea di seguaci (i cosiddetti followers) su Twitter o di amici e conoscenti su Facebook e G+ non è la migliore per la tipologia di informazioni e materiali che il nostro sito offre. I casi in cui i social network possono contribuire ad aumentare l’esposizione e la visibilità sono molto pochi e molto specifici. Prima di investire tempo e denaro nella loro integrazione è necessario chiarire questo punto con una attenta analisi preventiva e una misurazione post integrazione.
15. I siti d’informazione, blog, opinioni, procedure (how to), manuali, che usano la condivisione di notizie e articoli per diffonderli, guadagnano in visitatori nuovi perdendo al contempo impressioni di pagina. Questo è dovuto al fatto che molte persone usano i social network per commentare e aumentare l’informazione anziché scrivere i suddetti commenti nel sito originario. Anche in questo caso si rendono necessarie valutazioni dopo precise misurazioni.
16. Evitare una integrazione pesante, quasi identitaria, con Facebook, Twitter, G+ o altri social network. Questa dipendenza applicativa lega il vostro sito alle sorti del social network di turno. Basta ricordare le sorti di nomi come MySpace, Orkut, SecondLife, Yahoo Groups, Friendster, per citarne solo alcuni.
17. L’integrazione dei bottoni social e relativi badge è completamente inutile e fastidiosa per gli utenti che non hanno account Facebook, Twitter o G+, o che non li utilizzano. 80 visitatori su 100 non hanno bisogno di quei bottoni, e solo 1, 2 dei restanti 20 sarà tentato di fare click su di essi. Da misurazioni e statistiche diffuse sembra che questi bottoni siano utilizzati in media da una platea pari al 2% del totale dei visitatori.
18. Il bottone “Mi Piace” inserisce il link nella sezione relativa dell’utente Facebook e non nella sua Timeline, Bacheca o Notizie. Ecco che eliminandolo, gli utenti che usano Facebook saranno, se interessati a farlo, portati a copiare e incollare il collegamento direttamente nella loro Timeline/Bacheca, con il risultato che questo potrà forse portare veri visitatori a costo zero. Cosa diversa invece avviene per il click su bottoni G+. In questo caso si ottiene anche un premio nel calcolo (il cui algoritmo e peso non è noto) del posizionamento del sito (il famoso Google Pagerank), cosa che si può tradurre in una emersione nei risultati delle ricerche su Google.
19. La quantità di Javascript in esecuzione dovuta alle interfacce Facebook, G+, Twitter, etc.. riduce drasticamente le performance del browser rendendo lo scorrimento delle vostre pagine inestetico e “scattoso”. Su macchine meno potenti come iPad e tablet Android questo può in qualche caso tradursi addirittura nell’impossibilità di utilizzo della pagina stessa.
20. Il numero delle condivisioni Facebook o di “tweet” (cinguettii) su Twitter di un articolo non conta in modo assoluto. Conta soprattutto cosa viene detto di quel link. Se sono per la maggior parte critiche negative, si assisterà a un picco di popolarità seguito da un irrecuperabile crollo di credibilità.
(Dino Olivieri, “Venti buone ragioni (tecniche) per non integrare o dismettere Facebook e altri social network nei sitiweb”, dal blog “Onyrix” del 23 luglio 2012. Di recente, sullo stesso argomento, l’autore ha scritto l’intervento “Reasons you should quit Facebook”. Olivieri segnala inoltre i termini legali d’uso di Facebook che moltissimi accettano senza nemmeno leggere, nonché un articolo per webmaster e information architects circa l’inutilità o il danno derivante dall’inserimento di bottoni e badge di social network come Fb, G+ o Twitter).
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