I tagli erano inevitabili, ma un eccesso di austerità fa avvitare l'economia nella povertà: come in Grecia. Adesso bisogna creare un fondo Ue per sostenere chi non ha lavoro. Per rilanciare i consumi ma anche perché senza il consenso dei cittadini la moneta unica non può sopravvivere.
di Luigi Zingales
Quando un malato ha la febbre alta, bisogna innanzitutto combattere
l'infezione, ma anche evitare che la febbre troppo elevata causi
danni collaterali. La crisi dell'area euro è
simile. La malattia è un'economia del sud Europa ingessata e
corrotta che non riesce a crescere e sogna una svalutazione come un
drogato in astinenza sogna una extra dose. La febbre è lo spread
tra il rendimento dei titoli pubblici del sud Europa e quelli
tedeschi. Lo spread è dovuto alla mancanza di fiducia che i mercati
hanno nelle capacità di queste economie di sostenere il debito
pubblico.
Anche se si tratta solo di un sintomo, come la febbre, rischia di uccidere. Uno spread elevato aumenta il costo del debito pubblico, rendendolo non sostenibile. Ma uno spread elevato si riversa anche sul costo del denaro che le imprese devono pagare, riducendone la competitività e la capacità di crescita. Questo freno alla crescita riduce ulteriormente la sostenibilità del debito. Il presidente del Consiglio Mario Monti è perfettamente conscio di questo problema e per questo ha posto come obiettivo dell'ultimo vertice europeo la creazione di un meccanismo automatico per contenere lo spread. Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha resistito per paura che l'uso massiccio di "antipiretici" elimini la pressione politica a curare l'infezione. Difficile darle torto: non appena lo scorso agosto la Banca centrale europea intervenne per acquistare i nostri titoli, il governo Berlusconi si rimangiò il suo programma di austerità.
Proprio per questo un'unione con trasferimenti tra stati (come vuole l'Europa del sud) non può sussistere senza un trasferimento di potere dalla periferia al centro (come richiede la Germania). In questa difficile dialettica, il vertice europeo di Bruxelles ha raggiunto un buon risultato: la creazione di un'autorità bancaria europea che si occupi di intervenire per evitare che il collasso di alcune banche si trasformi in una crisi finanziaria globale. Questo trasferimento di potere dagli Stati nazionali all'Europa in cambio di aiuti rappresenta il primo passo avanti verso un'integrazione fiscale sostenibile. Sul fronte dello spread si è fatto un po' pochino. La possibilità per i paesi " virtuosi" di utilizzare lo European Financial Stability Fund (EFSF) per comprare i titoli degli Stati in difficoltà senza l'introduzione di ulteriori diktat riduce il costo politico di un aiuto europeo per Italia e Spagna, ma rischia di peggiorare la situazione.
I soldi a disposizione dell'Efsf sono troppo pochi per scoraggiare la speculazione. Ma sono abbastanza per incoraggiare gli investitori stranieri a liberarsi dei nostri titoli: è meglio farlo ora che questi titoli sono sostenuti artificialmente, che dopo, quando il fondo si sarà esaurito. Le economie del sud Europa rischiano di morire non solo di spread, ma anche di un eccesso di cura, ovvero di austerità. Se è giusto ridurre la spesa pubblica, fonte di corruzione e di inefficienze, è anche vero che l'effetto immediato di tale riduzione è un aumento della disoccupazione, che a sua volta causa una riduzione della domanda interna e quindi del Pil. Per evitare un avvitamento dell'economia sul modello greco, un'unione monetaria dovrebbe avere un programma automatico di trasferimenti, non solo per le banche, ma anche per i disoccupati.
Un sussidio alla disoccupazione, omogeneo a livello europeo, finanziato con fondi europei, e amministrato a livello europeo, avrebbe notevoli vantaggi. Ridurrebbe i costi di aggiustamento delle economie in difficoltà senza per questo eliminare la pressione finanziaria per le riforme, perché i soldi verrebbero dati direttamente alla gente e non ai governi. Come per le banche, trasferendo a Bruxelles il potere di supervisione, ridurrebbe gli effetti devastanti della corruzione politica prevalente in sud Europa. Ma, ancora più importante, aiuterebbe a cambiare l'immagine negativa di Europa che si sta diffondendo, attenta agli interessi delle banche, ma non a quelli dei cittadini. Poco servirebbe salvare l'euro, distruggendo il consenso. Senza il quale l'Europa muore.
Anche se si tratta solo di un sintomo, come la febbre, rischia di uccidere. Uno spread elevato aumenta il costo del debito pubblico, rendendolo non sostenibile. Ma uno spread elevato si riversa anche sul costo del denaro che le imprese devono pagare, riducendone la competitività e la capacità di crescita. Questo freno alla crescita riduce ulteriormente la sostenibilità del debito. Il presidente del Consiglio Mario Monti è perfettamente conscio di questo problema e per questo ha posto come obiettivo dell'ultimo vertice europeo la creazione di un meccanismo automatico per contenere lo spread. Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha resistito per paura che l'uso massiccio di "antipiretici" elimini la pressione politica a curare l'infezione. Difficile darle torto: non appena lo scorso agosto la Banca centrale europea intervenne per acquistare i nostri titoli, il governo Berlusconi si rimangiò il suo programma di austerità.
Proprio per questo un'unione con trasferimenti tra stati (come vuole l'Europa del sud) non può sussistere senza un trasferimento di potere dalla periferia al centro (come richiede la Germania). In questa difficile dialettica, il vertice europeo di Bruxelles ha raggiunto un buon risultato: la creazione di un'autorità bancaria europea che si occupi di intervenire per evitare che il collasso di alcune banche si trasformi in una crisi finanziaria globale. Questo trasferimento di potere dagli Stati nazionali all'Europa in cambio di aiuti rappresenta il primo passo avanti verso un'integrazione fiscale sostenibile. Sul fronte dello spread si è fatto un po' pochino. La possibilità per i paesi " virtuosi" di utilizzare lo European Financial Stability Fund (EFSF) per comprare i titoli degli Stati in difficoltà senza l'introduzione di ulteriori diktat riduce il costo politico di un aiuto europeo per Italia e Spagna, ma rischia di peggiorare la situazione.
I soldi a disposizione dell'Efsf sono troppo pochi per scoraggiare la speculazione. Ma sono abbastanza per incoraggiare gli investitori stranieri a liberarsi dei nostri titoli: è meglio farlo ora che questi titoli sono sostenuti artificialmente, che dopo, quando il fondo si sarà esaurito. Le economie del sud Europa rischiano di morire non solo di spread, ma anche di un eccesso di cura, ovvero di austerità. Se è giusto ridurre la spesa pubblica, fonte di corruzione e di inefficienze, è anche vero che l'effetto immediato di tale riduzione è un aumento della disoccupazione, che a sua volta causa una riduzione della domanda interna e quindi del Pil. Per evitare un avvitamento dell'economia sul modello greco, un'unione monetaria dovrebbe avere un programma automatico di trasferimenti, non solo per le banche, ma anche per i disoccupati.
Un sussidio alla disoccupazione, omogeneo a livello europeo, finanziato con fondi europei, e amministrato a livello europeo, avrebbe notevoli vantaggi. Ridurrebbe i costi di aggiustamento delle economie in difficoltà senza per questo eliminare la pressione finanziaria per le riforme, perché i soldi verrebbero dati direttamente alla gente e non ai governi. Come per le banche, trasferendo a Bruxelles il potere di supervisione, ridurrebbe gli effetti devastanti della corruzione politica prevalente in sud Europa. Ma, ancora più importante, aiuterebbe a cambiare l'immagine negativa di Europa che si sta diffondendo, attenta agli interessi delle banche, ma non a quelli dei cittadini. Poco servirebbe salvare l'euro, distruggendo il consenso. Senza il quale l'Europa muore.
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