Sessanta giorni dopo la decisione della Commissione europea - che ha negato alla regione Lazio la terza deroga per l’arsenico nell’acqua - si è finalmente creata una “unità di crisi” presieduta dall’assessore regionale Marco Mattei. Dobbiamo però constatare come l’unica vera azione a tutela della salute dei cittadini non sia ancora stata presa: ovvero obbligare tutti i gestori (compresi Acea, Acqualatina e Talete) a fornire acqua potabile con un valore di arsenico entro i limiti di legge, pari a 10 microgrammi/litro.
A questo punto i comitati per l’acqua pubblica chiedono che sia la magistratura - già interessata da diversi esposti - a fare chiarezza, individuando le eventuali responsabilità ed omissioni, poiché non si capisce come sia possibile far passare per emergenza (con la conseguente levitazione dei costi) una situazione che doveva essere già risolta con le deroghe concesse ai gestori fino al dicembre 2009. Gestori che hanno continuato a riscuotere tariffe piene ed oggi pretendono ancora di essere aiutati.
Per quanto riguarda la dichiarazione dello stato di emergenza e la nomina di un commissario siamo ormai al ridicolo. L’emergenza è stata dichiarata da due settimane, ma tanto emergenza non è. Non è ancora noto, infatti, l’elenco dei comuni interessati ed assistiamo ad un penoso rimpallo tra regione Lazio e protezione civile nazionale.
Ci fa, infine, piacere che il presidente Polverini chieda di essere costantemente informata. Se però vorrà avere informazioni corrette eviti di ascoltare i cattivi consiglieri, forse troppo vicini ai gestori privati dell’acqua: ascolti i comitati, che da anni si battono per un’acqua pubblica e di qualità. Ascolti i medici per l’ambiente, che da sempre studiano il problema dell’arsenico, proponendo soluzioni realistiche a tutela della salute della popolazione.
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