martedì 31 luglio 2012

Aiuto, ora rubano col tuo nome

L'ultima tendenza dei pirati digitali è scoprire tutto di una persona (spesso sui social netowrk) e poi usare la sua identità per tentare truffe e furti on line. Non è simpatico, ma ci si può difendere.

di Alessandro Longo
Una 27enne di Nardò, in provincia di Lecce, qualche giorno fa ha scoperto di aver truffato tante persone senza saperlo. Un suo profilo su Internet le contattava per proporre siti dove comprare prodotti a prezzi scontatissimi, che però poi non venivano mai spediti. Anche la ragazza era una vittima: l'ultima, di un reato sempre più frequente e remunerativo. Il furto delle identità digitali. L'autore era riuscito a rubare i dati ad altre 37 persone da Nord a Sud.

«Le truffe basate sul furto dell'identità digitale sono un fenomeno sottostimato nel nostro Paese», dice Ombretta Comi, marketing manager dell'azienda di sicurezza McAfee, secondo cui sono otto milioni gli italiani che rischiano questo tipo di furto. Così passano sottotraccia notizie come quella di pochi giorni fa: a luglio un gruppo di pirati ha rubato le password di 453 mila account e-mail di vario tipo (Yahoo!, Gmail, Hotmail, tra gli altri) e di diverse parti del mondo. Significa che i pirati possono entrare nelle caselle mail, analizzarle con software automatici per rastrellare dati personali (indirizzi, codici). La notizia fa il paio con un'altra: a giugno Linkedin (il famoso social network business) ha subito il furto di 6,5 milioni di password.

Questi eventi capitano spesso, perché è quasi inevitabile che i pirati riescano a superare le barriere informatiche dei siti: prova e riprova, qualche fessura prima o poi la scoprono. Il bottino è molto ghiotto, del resto: il cyber crime è un mercato da 388 miliardi di dollari, secondo il rapporto Norton del 2012 e ormai ha superato quello del narcotraffico.

La novità è che una parte crescente di questi soldi viene fatta ai danni della nostra identità digitale. «Un tempo i cyber criminali andavano a caccia soprattutto di informazioni finanziarie: conto corrente, carta di credito. Oggi il mercato di questi dati è saturo e i controlli anti- frode sono più efficienti. Così il nuovo motto dei criminali informatici oggi è rubare tutto», dice  Alexander Moiseev, Managing Director di Kaspersky Lab Italia (azienda di sicurezza informatica). «Ogni singolo bit di dati è il pezzo di un puzzle grazie al quale i criminali guadagnano soldi a discapito delle loro vittime», aggiunge. Il puzzle che vanno a formare è appunto la nostra identità: la sottraggono e così «a nostro nome possono attivare una carta di credito, un conto corrente o comprare un'auto, con cui compiere reati o da rivendere all'estero. Possono ottenere un prestito con la nostra identità. Persino vendere la nostra casa», continua Moiseev.

Ma come funziona il trucco? Come riescono a trasformare i nostri dati in soldi? Spiega Raoul Chiesa, tra i primi hacker italiani e ora esperto di sicurezza: «La prima cosa da sapere è che i pirati non agiscono più da soli ma riescono a sfruttare il maltolto tramite una banda, spesso collegata a organizzazioni criminali». Mafiosi italiani e russi, per esempio. Oppure capibanda italiani che lavorano con manovalanza dell'Est europeo. «Una volta che hai i dati di una persona - nome, cognome, indirizzo, codice fiscale, banca di appoggio - puoi usarli per chiedere 10 mila euro in prestito a una banca a suo nome e intascare i soldi (con documenti falsi, ndr.): in questo periodo va molto di moda».

Lo sa bene Paolo M., che un giorno ha ricevuto un plico da una finanziaria del Nord, «siamo lieti di comunicarle di aver accettato la sua domanda di finanziamento di 6 mila euro». Lui chiede lumi alla moglie Carla e al figlio Rosario, ma nessuno ne sa niente; dopo qualche giorno sporge denuncia alla polizia e poco dopo scopre che con quei soldi i furfanti hanno comprato una moto. A casa infatti riceve pure una multa «per aver guidato la moto contromano». Solo otto mesi dopo la questione si risolve e i ladri vengono arrestati; la fortuna è che avevano sbagliato il numero della carta di identità nelle pratiche (gli altri dati erano corretti).
Sono 22.100 i casi simili nel nostro Paese, nel 2011, secondo l'osservatorio Crif (società specializzata in consulenza creditizia).

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