mercoledì 12 febbraio 2020

Patrick Zaky non deve essere un altro “caso Regeni”!

Zaki
12 / 2 / 2020
global project
7 febbraio 2020.
 Il ricercatore dell'università di Bologna, di origini egiziane, Patrick George Zaky viene fermato all'aeroporto del Cairo.

Patrick stava tornando dalla sua famiglia per una breve visita, quando è stato trattenuto ed è scomparso per le successive 24 ore. Il ragazzo pare sia stato prima interrogato al Cairo, poi trasferito nella sua città natale, Mansoura, a circa 120 chilometri a nord est.
Durante queste ore, secondo gli avvocati, è stato picchiato, sottoposto a scosse elettriche, minacciato e interrogato su varie questioni legate al suo lavoro e al suo attivismo. Nessuno, compresi i suoi genitori, è stato inizialmente informato del suo arresto.
A rivelare quanto è accaduto è stata Amnesty International, sostenendo che il giovane è stato interrogato per via del suo lavoro sui diritti umani: "Secondo il suo avvocato, i funzionari dell’Agenzia di sicurezza nazionale (Nsa) hanno tenuto Patrick bendato e ammanettato per tutto l’interrogatorio durato 17 ore all’aeroporto e poi in una struttura della Nsa non resa nota, a Mansoura".
Patrick Zaky è un attivista per i diritti umani. È ricercatore per l’ong Egyptian initiative for personal rights (Eipr) e si occupa dei diritti della minoranza cristiana, della comunità Lgbtqi, delle donne. Ha sempre manifestato pubblicamente il suo sostegno alla campagna di “verità e giustizia per Giulio Regeni” e si è sempre battuto per la libertà d'espressione nel proprio paese.
L'arresto di Patrick George Zaky è solo l'ultimo esempio di violazione dei diritti umani da parte del regime egiziano di Abdel Fattah al-Sisi, sistematicamente impegnato nel reprimere i dissidenti politici e tutti coloro che si sospetta possano avere posizioni critiche verso il governo. “L’arresto arbitrario e la tortura di Patrick Zaky rappresentano un altro esempio della sistematica repressione dello stato egiziano nei confronti di coloro che sono considerati oppositori e difensori dei diritti umani, una repressione che raggiunge livelli sempre più spudorati”, ha spiegato Amnesty, che nei giorni scorsi ha lanciato una petizione in cui si chiede la liberazione di Zaki e che ha superato le 10mila firme.
Nel frattempo l'Italia e l'Unione Europea hanno assicurato che si stanno muovendo per monitorare la situazione, ma al momento non sono state intraprese iniziative nei confronti del governo del Cairo.
Il timore che Patrick possa fare la stessa fine di Giulio Regeni serpeggia con forza soprattutto in Italia. Tante e tanti stanno chiedendo con forza che il governo italiano si spenda in prima persona per la risoluzione di questa difficile situazione.
Un'immagine simbolica è apparsa quache giorno fa nei pressi dell'Ambasciata d'Egitto a Roma per sollecitare il governo a chiedere la liberazione del ricercatore dell'università di Bologna.
L'opera della Street Artist Laika ritrae Patrick con indosso una divisa da carcerato e Giulio Regeni che lo abbraccia e lo rassicura dicendogli: "Stavolta andrà tutto bene".
Un amico egiziano di Patrick in un'intervista al Manifesto ha dichiarato: «La situazione dei diritti umani in Egitto ha raggiunto probabilmente il punto più basso nella storia moderna del paese in questi ultimi sette anni. A parte gli egiziani, nessuno conosce questa realtà meglio degli italiani, colpiti dalla tragica morte di Giulio Regeni. Le persone coraggiose che lavorano in questo campo sanno che quanto più il loro lavoro diventa pericoloso tanto più si fa necessario. I loro sforzi instancabili sono ciò che indebolisce l’oppressione. Patrick ne è un esempio»
Secondo quanto dichiarato dall'amico di Patrick è come se le forze di polizia oltre a sapere che tipo di studi sta portando avanti in Italia, hanno anche voluto umiliarlo. Hanno minacciato di violentarlo ma fortunatamente non l’hanno fatto.
«Non è del tutto chiaro – continua l’amico – perché il rapporto sul suo arresto sia stato falsificato, ma è probabile che servirà a rendere più difficile dimostrare le torture. Così facendo loro negano ‘l’esistenza’ di quelle 20 ore di interrogatorio».
Quello che ha colpito gli amici di Patrick in Egitto è la buona reazione che parte dell’opinione pubblica italiana sta avendo in queste ore. È ancora troppo vivo il ricordo di Giulio e forte è la necessità, non soltanto da parte della famiglia, di conoscere davvero il motivo per il quale Giulio non ha fatto più ritorno in Italia.
Non può esserci un altro “caso Regeni”, chiediamo con forza la verità su cosa sta succendo a Patrick Zaky.

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