Il paragone con l’Italia, dove tutto, anzi molto di peggio è stato accettato con appena qualche mugugno, è impietoso. Anzi vergognoso perché non è possibile tollerare che tra i soggetti di maggior spicco a criticare la vittoria dei ceti popolari in Francia siano stati proprio i sindacati che hanno fatto loro gli argomenti padronali su una presunta insostenibilità del sistema pensionistico e che accusano i cugini francesi di aver sostenuto la lotta con gli scioperi a tappeto.
E’ stato lo stesso Mario Monti a raccontare cosa fecero i sindacati nel “gelido dicembre 2011”, quando il suo governo presentò per decreto legge la riforma Fornero sulle pensioni: “L’abbiamo presentata, più che discussa, con i leader delle federazioni sindacali, che poi non hanno colto quello per fare una specie di rivolta sociale. Ci sono state, qualche settimana dopo, due ore simboliche di sciopero ma non c’è nessun Paese in cui una riforma così forte delle pensioni sia stata adottata così semplicemente dal punto di vista politico”.
Naturalmente l’ex premier lo ha detto con compiacimento, come fosse una medaglia, ma ha lascia trasparire il disprezzo per i traditori.
Questa idea delle pensioni insostenibili è rozza come i conti della serva e convincente come la teoria della terra piatta, nell’immediato sembra plausibile, ma solo a pensarci un po’ si rivela una enorme bugia, solo che tutto l’apparato informativo e comunicativo del sistema lavora perché si eviti di pensarci quel po’ che basta a comprendere l’inganno: non ci accorge che nell’equazione vengono prese a parametro solo le spese, ma non l’aumento della produttività per addetto che è una costante delle società industriali e che è particolarmente elevata in un periodo di forte progresso tecnologico come quello attuale.
Così se il rapporto tra popolazione in età lavorativa e quella pensionabile varia costantemente in favore di quest’ultima, non è così per il valore del lavoro che invece aumenta e in maniera più rapida (2% l’anno in media).
Lo sballo dei conti avviene quando la società dei ricchi vuole impadronirsi totalmente della crescita di produttività, facendone un terreno esclusivo di profitto e non di redistribuzione, imponendo una riduzione dei propri contributi pensionistici proprio nel momento in cui grida che il sistema non è sostenibile: un esempio classico di inganno da parte del potere e di dissonanza cognitiva indotta nei sudditi.
Per la cronaca se ai conti dell’Inps togliamo la parte delle pensioni sociali ( che sono un onere improprio e distinto in ogni Paese del mondo) e ci si limita a quelle pagate dai lavoratori i conti sono in positivo, altro fatto mai citato.
Ora c’è da chiedersi cosa siano cosa diventati i sindacati confederali in Italia visto che difendono in maniera così accanita il plus valore del padrone.
E la risposta è semplice: sono diventati essi stessi delle aziende, che vivono di tessere (sempre di meno,) di compromessi al peggio in sede aziendale, di patronati (l’altra faccia della loro medaglia), di ambigui rapporti con l’Inps e che dunque hanno acquisito le medesime logiche di coloro che dovrebbero combattere.
A tal punto che ormai si scandalizzano se una lotta popolare esce vittoriosa. Essi fanno parte a tutto tondo dell”area protetta, dei piccoli redditieri di posizione che ormai lavorano solo per se stessi e che infatti tanto per tornare a bomba, hanno trattamenti pensionistici separati e di favore.
Non per nulla è dal 2014 che fanno ufficialmente sistema assieme a Confindustria, con il “Testo Unico sulla Rappresentanza” anzi sono divenuti assieme alle coop il Pd reale e dunque la cinghia di collegamento tra i poteri invece di essere un contro potere.
D’altronde sono ormai quarant’anni che il sistema liberista ha condotto una lotta senza quartiere contro il sindacato in tutto il pianeta, riuscendo spesso a circondarli e paralizzarli. Da noi li ha letteralmente resi complici.
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