lunedì 20 gennaio 2020

Ricchi pochi, poveri tanti. Disuguaglianze, Oxfam: “2.153 super ricchi possiedono quanto altri 4,6 miliardi di persone. Mentre il 50% più povero ha meno dell’1%”


Come ogni anno, alla vigilia del World Economic Forum di Davos la ong fotografa la distribuzione della ricchezza e dei privilegi nel mondo. 
In Italia a metà 2019 il 20% più ricco deteneva quasi il 70% della ricchezza nazionale: situazione peggiorata nell'ultimo decennio, che ha visto il divario allargarsi progressivamente. “E' la storia di due estremi", commenta Elisa Bacciotti, direttrice delle Campagne di Oxfam Italia.



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Crescono ancora le disuguaglianze globali.
Un’élite di 2.153 Paperoni detiene una ricchezza superiore al patrimonio di 4,6 miliardi di persone, mentre alla metà più povera della popolazione resta meno dell’1%.
E il patrimonio delle 22 persone più facoltose supera la ricchezza di tutte le donne del continente africano


È la fotografia contenuta nel nuovo report diffuso come ogni anno da Oxfam alla vigilia del meeting annuale del World Economic Forum a Davos. Secondo la ong la ricchezza globale, in crescita tra giugno 2018 e giugno 2019, resta fortemente concentrata al vertice della piramide distributiva: l’1% più ricco, sotto il profilo patrimoniale, deteneva a metà 2019 più del doppio della ricchezza netta posseduta da 6,9 miliardi di persone. Ribaltando la prospettiva, la quota di ricchezza della metà più povera dell’umanità – circa 3,8 miliardi di persone – non sfiorava nemmeno l’1%.
Se le distanze tra i livelli medi di ricchezza dei Paesi si assottigliano, la disuguaglianza di ricchezza cresce all’interno di molti Stati. In un mondo in cui il 46% di persone vive con meno di 5,50 dollari al giorno, restano forti le disparità nella distribuzione dei redditi. Con un reddito medio da lavoro pari a 22 dollari al mese nel 2017, un lavoratore collocato nel 10% con retribuzioni più basse avrebbe dovuto lavorare quasi tre secoli e mezzo per raggiungere la retribuzione annuale media di un lavoratore del top-10% globale. Poi c’è il lavoro di cura non retribuito, che vale oggi tre volte il mercato globale di beni e servizi tecnologici e impedisce al 42% delle donne nel mondo di avere un impiego. In Italia, la quota del reddito da lavoro del 10% dei lavoratori con retribuzioni più elevate (pari a quasi il 30% del reddito da lavoro totale) superava complessivamente quella della metà dei lavoratori italiani con retribuzioni più basse (25,82%).Quanto alle grandi ricchezze, rielaborando dati e metodologie utilizzati da Credit Suisse per il suo Global Wealth Report la ong arriva alla conclusione che a metà 2019 il 20% più ricco deteneva quasi il 70% della ricchezza nazionale e al 60% più povero restava appena il 13,3% della ricchezza nazionale. La posizione patrimoniale netta dell’1% più ricco (che detiene il 22% della ricchezza nazionale) vale 17 volte la ricchezza detenuta complessivamente dal 20% più povero della popolazione. E la situazione nel tempo è andata peggiorando: tra l’inizio del nuovo millennio e il primo semestre del 2019, le quote di ricchezza nazionale netta detenute dal 10% più ricco dei connazionali e dalla metà più povera della popolazione italiana hanno mostrato un andamento divergente. La quota di ricchezza detenuta dal 10% più ricco è cresciuta del 7,6% mentre quella in mano alla metà più povera degli italiani è lentamente e costantemente scesa (ad eccezione di un lieve “recupero” nel periodo 2017-2019), riducendosi complessivamente negli ultimi 20 anni del 36,6%.In aggiunta, Oxfam ribadisce come questa situazione tenda a persistere perché nella Penisola l’ascensore sociale è fermo. Secondo un recente studio di Francesco Bloise, il 32% dei figli di genitori più poveri, sotto il profilo patrimoniale, è destinato a rimanere fermo al piano più basso, quello in cui si colloca il 20% più povero della popolazione, mentre il 58% di quelli i cui genitori appartengono al 40% più ricco manterrà una posizione apicale. Del resto, “per i discendenti del 10% più povero ci vorrebbero cinque generazioni per arrivare a percepire il reddito medio nazionale“. E’ così che “le diseguaglianze si perpetuano” da una generazione all’altra. Oggi in Italia il 30% dei giovani occupati guadagna meno di 800 euro al mese e il 13% degli under 29 versa in condizione di povertà lavorativa. I 15-29enni in particolare “mostrano un trend costante di riduzione delle retribuzioni annue medie e più marcato rispetto alle classi dei lavoratori in età tra i 30 e i 49 anni e gli over 50. Un trend che ha visto, fatta 100 la media dei redditi sulla popolazione in un dato anno, i redditi dei giovani ridursi da 76.3 del 1975 a 60 del 2010 per calare ancora a 55.2 nel 2017″.
“Il rapporto è la storia di due estremi”, commenta Elisa Bacciotti, direttrice delle Campagne di Oxfam Italia. “Dei pochi che vedono le proprie fortune e il potere economico consolidarsi, e dei milioni di persone che non vedono adeguatamente ricompensati i propri sforzi e non beneficiano della crescita che da tempo è tutto fuorché inclusiva. Abbiamo voluto rimettere al centro la dignità del lavoro, poco tutelato e scarsamente retribuito, frammentato o persino non riconosciuto né contabilizzato, come quello di cura, per ridarle il giusto valore”.

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