infosannio.wordpress.com - Fatto Quotidiano (Massimo Fini)
Nella prima, estremamente positiva, il segretario del Psi
toglie al Partito socialista lo storico inferiority complex nei
confronti di quello comunista (non per nulla la microcorrente di cui era
a capo prima dell’elezione del Midas si chiamava Autonomia) e
cerca di mettere il suo partito sulla strada di una moderna
socialdemocrazia europea.
Anche i finanziamenti illeciti, utilizzati già
dai tempi di De Martino e Mancini, assumono in questa fase un colore,
per così dire, diverso da quelli che sarebbero stati in seguito.
Il Psi
era stretto nella morsa del Pci che riceveva i soldi dall’Unione
Sovietica (“l’oro di Mosca”) e la Dc che li aveva dalla Cia.
Autofinanziarsi, sia pur illegalmente, in una situazione come quella
diventava necessario per sopravvivere.
“Primum vivere, deinde
philosophari” mi spiegò anni dopo Claudio Martelli che era stato mio
compagno di banco al Carducci.
Seconda fase. Il socialismo è una sorta di
proseguimento laico del Cristianesimo, è la difesa, per dirla con
Dostoevskij, degli “umiliati e offesi”. E’ ovvio che con i cambiamenti
sociali cambia anche la categoria degli “umiliati e offesi” che non
possono essere più solo gli operai sulla via di una lenta estinzione, ma
non possono essere nemmeno i visagisti, i coiffeur famosi, gli
architetti dalla rosea faccia di culo, le Ripe di Meana, insomma il
partito dei “nani e delle ballerine” come lo definì il compagno Rino
Formica che non a caso è uno dei pochi socialisti che, insieme a Ugo
Intini, non risulta abbia rubato. Insomma il Psi abbandona la difesa dei
ceti medi, i nuovi “umiliati e offesi”.
Inoltre Craxi elimina ogni dibattito all’interno del
partito. Se in quegli anni uno, essendo di sinistra, militava nel Psi e
non nel Pci era proprio perché nel Partito socialista la discussione era
sempre aperta, anche se a volte confusionaria ed eccessiva. In questo
modo Craxi, come capita sempre ai leader carismatici, sentendosi dare
sempre ragione, si isola e perde quell’intuito politico e il contatto
con la realtà che erano stati all’origine della sua carriera.
E’ Craxi inoltre a innescare Berlusconi concedendogli
graziosamente, attraverso la legge Mammì, in cambio di 23 miliardi, il
controllo dell’intero settore televisivo privato. E Berlusconi finirà
per togliere agli italiani quel poco del senso della legalità che gli
era rimasto.
Se durante Mani Pulite l’ira della gente si concentrò
soprattutto sul Psi è per l’arroganza e la strafottenza con cui i
socialisti esercitavano il loro potere.
La famosa “Milano da bere” se la
bevevano solo loro.
Si comportavano come dei novelli don Rodrigo. Uno
dei segretari di Craxi, bel ragazzo, aveva come compito principale di
ramazzare belle donne da offrire poi ai capataz socialisti in cambio di
una comparsata nelle televisioni berlusconian-craxiane. Insomma eravamo
al Cecco Angiolieri: “S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui, torrei le
donne giovani e leggiadre/ le vecchie e laide lasserei altrui”.
Nel 1983
scrissi per Il Giorno una lettera aperta a Claudio Martelli,
allora vicesegretario del Psi, in cui gli dicevo sostanzialmente: guarda
che se i partiti continueranno a esercitare illegalmente il loro
strapotere in questo modo così evidente e sfacciato, nella gente monterà
un’insofferenza sempre più esasperata che un giorno vi travolgerà. Una
profezia che si avvererà dieci anni dopo.
Terza fase. Bettino Craxi diventa indifendibile sotto
ogni punto di vista.
Quando nel febbraio del 1992 Mario Chiesa,
socialista, presidente del Pio Albergo Trivulzio, fu pescato con le mani
sul tagliere mentre gettava nel cesso una mazzetta, Craxi affermò che
era “una mela marcia in un bigoncio di mele sane”. Se avesse fatto
allora quel discorso molto ricordato e troppo lodato che tenne in
Parlamento sei mesi dopo dichiarando che tutto il sistema politico era
corrotto, forse avrebbe salvato almeno la faccia. Ma chiamare in
correità gli altri partiti quando tu stesso sei stato preso con le mani
nel sacco è un’altra cosa. Non è un atto di coraggio è un tentativo
estremo di salvarsi.
Poi c’è la fuga ad Hammamet, seguendo un collaudato
copione della classe dirigente italiana che quando viene messa di fronte
alle proprie responsabilità se la dà a gambe, dal Re e Badoglio che
fuggono da Roma lasciandola in balia dei tedeschi a Mussolini che, dopo
tanta retorica sulla “bella morte”, che indusse molti giovani ad andare a
morire per Salò in nome dell’onore e della lealtà, che allora erano dei
valori, si fa pescare in una scomposta fuga travestito da soldato
tedesco. Da Hammamet Craxi infanga l’Italia e con ciò, implicitamente,
anche se stesso perché del nostro Paese era stato Presidente del
Consiglio. I democristiani si comportarono in modo diverso accettando le
leggi del loro Paese, Forlani si difese nel processo e, condannato,
fece i servizi sociali senza una parola contro la Magistratura italiana,
dimostrando un senso dello Stato che Craxi evidentemente non aveva. Se
poi vogliamo guardare le cose solo in casa Psi la fuga di Craxi lasciò
allo scoperto tutti i compagni che rimanevano in Italia (anche Claudio
Martelli poteva fuggire ma, come dice nel suo ultimo libro, prese la
decisione di restare in patria). Insomma in termini malavitosi, ma qui
stiamo ormai parlando di malavita, Bettino Craxi è stato un “infame”.
A me non è mai piaciuto maramaldeggiare sui perdenti.
Nei giorni in cui Craxi cadeva definitivamente nel fango e sulla balena
ferita a morte infierivano ogni sorta di fiocinatori, compresi i suoi
stessi compagni, a cominciare da Martelli, il “delfino” (“ridaremo
l’onore al Partito socialista”), scrissi su L’Indipendente diretto
da Feltri, il più ‘forcaiolo’ di tutti (“il cinghialone” appioppato al
leader socialista, termine che è suo e non di Di Pietro come è stato
detto erroneamente in questi giorni, che trasformava una legittima
inchiesta della Magistratura in una caccia sadica, l’Enzo Carra esibito
voluttuosamente in prima pagina in manette) io scrissi un articolo
intitolato “Vi racconto il lato buono di Bettino” (L’indipendente,
17 dicembre 1992). Di fronte a quel Craxi dai tratti “deformati,
sfigurati, sconciati, malati” che si presentava ai nostri occhi in quei
giorni, mi piacque ricordare che c’era stato anche un altro Craxi che
aveva acceso grandi speranze in molti.
Ma allo stesso modo oggi non
posso accettare la santificazione di un uomo politico che, a conti
fatti, è stato deleterio nella storia recente del nostro Paese. Infine
un “grande leader” come oggi Craxi viene definito da molti non può
finire la sua carriera politica nelle mani di un malavitoso come Raggio.
Fatto Quotidiano, 25 gennaio 2020
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