Ripubblichiamo quest'articolo di un anno fa. I dati sono tutti validi oggi e le conclusioni sono di un'attualità imbarazzante.
lantidiplomatico.it Gilberto Trombetta, 19 gennaio 2019
6 milioni di italiani tra disoccupati e inattivi, 5 milioni in povertà assoluta, 10 in condizioni di povertà relativa.
Eppure ci sono strade da rifare, ponti e gallerie da manutenere,
metropolitane da costruire, reti autostradali e ferroviarie da ampliare.
Scuole e Ospedali da abbattere e ricostruire, territori da mettere in
sicurezza dal rischio idrogeologico e sismico.
Fabbriche da aprire, poli industriali da ricreare, distretti portuali da
organizzare. E ancora le centrali per la produzione di energia pulita.
Sistemi educativi da ripensare.
Trasformare questa fase storica di bassa
natalità in un’occasione per ridisegnare completamente l’insegnamento
riducendo drasticamente il rapporto tra insegnanti e numero di alunni
per classe.
Aumentando di molto il numero e il salario dei primi.
Quasi
una didattica personalizzata.
E poi gli investimenti nella ricerca. Eppure il Paese sta lentamente morendo. Da diversi decenni ormai. Perché?
Una domanda e un'offerta che non riescono a incontrarsi, a diventare effettive. Perché?
Perché manca – ci ripetono da tanto, troppo tempo - il mezzo di
comunicazione finanziario per mettere in connessione due bisogni reali,
che non hanno scarsità del bene da scambiare, ma della valuta che regola
questo scambio.
Perché “Mancano i soldi”, insomma.
Una delle più grandi balle che siano mai state raccontate.
E quella
forse con le conseguenze più gravi sulla vita di milioni di essere
umani.
La BCE negli ultimi anni, solo per l'acquisto dei titoli pubblici, ha
creato dal nulla 2,15 trilioni di euro.
Due virgola quindici trilioni di
euro. Dal nulla.
Non estratti dalle miniere o dalle nostre tasse. Tanto
meno dai soldi dei pensionati norvegesi.
Non mancano mattoni, ferro, cemento, materie da lavorare, da
trasformare che giustifichino tutti i poveri e i disoccupati. Che
giustifichino tutta questa disperazione.
Si tratta solo di un modello economico fondato sulla scarsità, sulla
privazione, dal lato della domanda. E sullo spreco dal lato
dell'offerta.
Eppure alla bugia, alla falsa credenza della scarsità di denaro hanno, nel tempo, risposto in tanti.
Come Keynes, che in un’intervista alla BBC radio del 1942
all’intervistatore che gli chiedeva da dove provenissero i soldi
necessari, rispose:
«Vi racconterò come risposi a un famoso architetto che aveva dei
grandi progetti per la ricostruzione di Londra, ma li mise da parte
quando si chiese: ”Dov’è il denaro per fare tutto questo?”.
“Il denaro? – feci io – non costruirete mica le case col denaro? Volete
dire che non ci sono abbastanza mattoni e calcina e acciaio e cemento?”.
“Oh no – rispose – c’ è abbondanza di tutto questo.
“Allora intendete dire che non ci sono abbastanza operai?”.
“Gli operai ci sono, e anche gli architetti”.
”Bene, se ci sono mattoni, acciaio, cemento, operai e architetti, perché
non trasformare in case tutti questi materiali?”. Insomma possiamo
permetterci tutto questo e altro ancora».
O come il premio Nobel James Tobin:
«L’intero obiettivo del sistema economico è la produzione di beni o
servizi da destinare al consumo nel presente o nel futuro. Penso che
l’onere della prova debba cadere sempre su coloro che tendono a produrre
meno anziché di più, su coloro che tendono a lasciare inoperosi uomini o
macchinari o terra che potrebbero essere usati.
È stupefacente quanti motivi si riescano a trovare per
giustificare tale spreco: paura dell’inflazione, disavanzi della
bilancia dei pagamenti, bilancio non in pareggio, debito nazionale
eccessivo, perdita della fiducia nel dollaro».
La povertà, la disoccupazione, la disuguaglianza sociale, le milioni di
vite distrutte, il futuro strappato alle nuove generazioni costrette a
emigrare.
Tutte queste atrocità non sono frutto del destino infame, sono una scelta politica.
Dettata da tornaconto personale di pochi e dalle false credenze di alcuni.
Sulle quali ci si sta però giocando la vita, i sogni, le speranze, il futuro di intere popolazioni.
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