Come avevamo anticipato venerdì 24 gennaio Nicoletta è stata condotta presso l’Ospedale di Rivoli per un piccolo intervento chirurgico da tempo programmato e di cui si conosceranno gli esiti soltanto tra alcune settimane.
L’intervento, come già detto, era in realtà stato fissato per il venerdì antecedente ma poi spostato alla settimana successiva senza che nè la diretta interessata nè il marito o i suoi avvocati ne venissero previamente informati e senza neppure una giustificazione successiva.
Nicoletta, dunque, è poi stata tradotta in ospedale senza aver potuto attendere alla profilassi necessaria e che l’Ospedale aveva prescritto per il giorno antecedente l’intervento.
Ma non basta: Nicoletta è stata portata in ospedale con un furgone della Polizia penitenziaria e con un nutrito gruppo di guardie che non l’hanno mai persa di vista, neppure quando ha dovuto spogliarsi per entrare in sala operatoria, neppure all’interno della sala operatoria dove un’agente ha assistito all’operazione e neppure successivamente quando, trasferita in una camera insieme ad altri degenti, ha dovuto, lei come gli altri ricoverati, condividere le inevitabili sofferenze e disagi post operatori con un drappello di agenti, all’interno ed all’esterno della camera, a cui si sono poi aggiunti alcuni funzionari della Digos.
A Nicoletta è stato consentita un’ora di colloquio, sempre alla presenza delle suddette guardie, con il marito e l’avvocato. Allontanati il marito e l’avvocato, che neppure hanno potuto confrontarsi con un medico, a Nicoletta è stato chiesto come stesse ed alla sua risposta di essere ancora intontita dall’anestesia e di soffrire di una forte nausea, le è stato somministrato un antiemetico e dimessa.
La polizia penitenziaria l’ha dunque ricaricata sul furgone, i cui ammortizzatori hanno contribuito ad aumentarne la nausea, e ricondotta in carcere.
La notte successiva l’intervento Nicoletta ha sofferto di acuti dolori che le hanno impedito di prendere sonno e, richiesto l’intervento del medico del carcere, le è stato somministrato dell’antibiotico che l’ospedale non le aveva fornito nè prescritto.
Unica consolazione in un contesto tanto sordo ai diritti dei detenuti, tanto più se malati, ed insensibile alle esigenze di privacy di una donna sofferente, sono state le accorate parole di un’infermiera che, senza farsi sentire dalle onnipresenti guardie, le ha sussurato “forza Nicoletta, siamo tutti con lei”.
Ora Nicoletta si è ripresa e sta bene ma deve affrontare altre difficoltà, oltre a quelle insite nello stato di detenzione.
Nicoletta continua a ricevere molte lettere e telegrammi che le consentono di continuare a sentire vicini amici, militanti o semplici simpatizzanti.
Tuttavia, anche questa possibilità è subordinata al minuzioso controllo (anche se non lettura) di tutto quello che le viene indirizzato.
In particolare Nicoletta ha già dovuto lamentare una sorta di censura: riviste, fogli e pubblicazioni dal contenuto politico vengono attentamente vagliati.
E così la rivista “RESISTENZA” è stata trattenuta dal personale penitenziario perchè “la roba politica non entra”, salvo esserle poi consegnata due giorni dopo a fronte delle proteste di Nicoletta che ha ripetutamente chiesto quale fosse il criterio di selezione delle letture che le venivano consentite.
Analogo iter per una tessera ANPI speditale a mezzo posta: trattenuta per alcuni giorni è stata consegnata a Nicoletta solo dopo una reiterata richiesta di spiegazioni.
Diversa invece la sorte di alcune fotografie ritraenti pacifiche manifestazioni Notav o i boschi della Clarea. In questo caso a Nicoletta è stata negata la consegna delle fotografie senza che, ancora oggi, qualcuno si sia degnato di fornirle una spiegazione.
Sappiamo tutti che il carcere è duro, Nicoletta ne era consapevole da prima di farvi ingresso.
Sappiamo anche che in carcere vigono regole che lungi dall’essere dettate dalla mera esigenza di regolare una vita senza libertà, tendono ad annichilire il detenuto.
NON SIAMO DISPOSTI AD ACCETTARE VESSAZIONI, UMILIAZIONI E NEGAZIONE DI DIRITI CHE NEPPURE IL CARCERE PUO’ SOPPRIMERE.
Vigiliamo sulla detenzione di Nicoletta, come su quella degli altri detenuti, e ci impegniamo a fare da cassa di risonanza ed a denunciare qualsiasi violazione arbitraria esercitata su persone private della libertà ma che non per questo possono essere private anche della loro umanità e dei loro diritti.
Domenica facciamoci sentire vicini a Nicoletta con i suoni e le parole del presidio!
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