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Dimostrata per la prima volta l’associazione tra burnout, la
sindrome dello stress da lavoro, e patologie cardiache. I ricercatori
hanno individuato frequenti disturbi del ritmo cardiaco potenzialmente
mortali come conseguenze dello stress sul lavoro prolungato e
continuativo
Dimostrata
per la prima volta l’associazione tra burnout, la sindrome dello stress
da lavoro, e patologie cardiache, in particolare un aumento del 20% del
rischio di fibrillazione atriale. L’argomento è al centro dello studio
americano, pubblicato dall’European Society of Cardiology (Esc),
condotto su 11 mila soggetti a rischio per 25 anni. I ricercatori hanno
individuato frequenti disturbi del ritmo cardiaco potenzialmente
mortali, come aritmie, ictus e infarto come conseguenze dello stress sul
lavoro prolungato e continuativo. Lo stress quindi può avere serie
conseguenze non solo di natura psichica ma anche fisica. Turni
massacranti, eccessivo carico di lavoro, carenza di personale sono tra i
fattori principali del burnout, che in alcuni casi ha condotto ad
alcolismo, depressione e anche al suicidio. La sindrome colpisce più
spesso le persone che lavorano nelle professioni di aiuto, come i medici
e gli operatori sanitari (ma anche insegnanti, avvocati o poliziotti). I
primi segnali della sindrome sono depersonalizzazione, stanchezza
cronica, ridotta produttività, cinismo e sensazione di perdita di
significato della propria attività.
Alla luce di tale importante studio
che Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” teneva a
diffondere, affinché anche in Italia si approntino delle strategie di
prevenzione e cura per combattere il fenomeno. E’ necessario dunque che
le aziende prendano provvedimenti poiché quando le pressioni di lavoro
aumentano cala il benessere generale degli individui.
Giovanni D’AGATA
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