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Finire impiccati dagli interessi passivi sul debito pubblico: succede, se si impedisce allo Stato di rimediare, emettendo liquidità a costo zero. Non a caso, l’Italia è in avanzo primario da decenni: in termini di servizi, lo Stato spende meno di quanto incassi dai cittadini sotto forma di tasse. E allora perché nessuno dà retta a Mario Draghi, che nella sua ultima esternazione da presidente della Bce
ha evocato il ricorso alla Modern Money Theory di Warren Mosler, cioè
il finanziamento teoricamente illimitato da parte dello Stato mediante
immissione di liquidità? Se lo domandano Paolo Becchi e Giovanni Zibordi
su “Milano Finanza“,
ricordando che la Mmt è oggi sostenuta persino da Jan Hatzius,
capo-economista di Goldman Sachs, e da Stephanie Kelton, “mente”
economica del candidato democratico Bernie Sanders. Con Trump, il debito pubblico
Usa aumenterà di altri 1.200 miliardi di dollari, sforando i 23.000
miliardi, proiettando l’America nel decimo anno consecutivo di
espansione «senza avere problemi di inflazione o di debolezza del
dollaro». Il debito del Giappone rappresenta il 250% del Pil, e Tokyo ha
appena lanciato un altro piano di espansione fiscale, con tassi
d’interesse vicini allo zero, «continuando a smentire gli economisti che
si preoccupavano del livello del suo debito pubblico».
Anche nell’Eurozona si è “stampato moneta”, ricordano Becchi e Zibordi, nel senso che la Bce
ha triplicato il suo bilancio (da 1.300 a 4.700 miliardi in pochi anni)
comprando più di un terzo dei titoli di Stato sul mercato, e
finanziando banche italiane e spagnole
che a loro volta ne hanno comprati
. «Il risultato è stato che i tassi
di interesse sono scesi più o meno a zero o persino sotto zero, e il
mercato e lo “spread” è stato addomesticato». A livello globale il debito pubblico
negli ultimi dieci anni è più che raddoppiato, aggiungono i due
analisti, ma i tassi d’interesse sono scesi ai livelli più bassi della
storia: un risultato che è più in accordo con la Mmt che con i testi di
macroeconomia più diffusi. «La tesi centrale di Warren Mosler è appunto
che la politica ottimale sarebbe non emettere titoli di Stato (Treasury o
Btp) e tenere i tassi a zero», riassumono Becchi e Zibordi. «I deficit
verrebbero finanziati con un misto di finanziamento da parte della banca
centrale ed emissione di titoli a breve come i Bot o i T-Bills a cui
applicare un limite di rendimento molto basso (0,5% ad esempio)». Da
settembre, la Fed sta comprando 60 miliardi di T-Bills al mese, aiutando
(pur senza ammetterlo, e dando una motivazione diversa) a finanziare
gli enormi deficit pubblici Usa. E non è un caso che Trump le chieda
insistemente di portare i tassi a zero.
Negli ultimi anni, archiviato l’orrore della Grecia – paese svenduto e
privatizzato, licenziamenti in massa, stipendi dimezzati e pensioni
decurtate, ospedali senza medicine per i bambini – negli ultimi anni «il
mondo assomiglia più a quello che descriveva la Mmt che a quello dei
Cottarelli & Company, per i quali invece l’aumento del debito pubblico
porta a rischi di default e, se monetizzato, porta a inflazione e
svalutazione senza freni». Quello che è stato vietato alla Grecia (e che
avrebbe salvato la società ellenica, che oggi ha “i conti in ordine” e
quindi la peggior economia
reale europea) viene invece praticato largamente: si smette di
considerare lo Stato “una famiglia” e si torna alla verità, cioè alla
funzione salvifica del potere di emissione monetaria a costo zero. «Se
ora applichiamo la Mmt alll’Italia
– scrivono i Becchi e Zibordi su “Milano Finanza” – dobbiamo ricordare
che dai primi anni ‘80 lo Stato ha pagato in totale 4.000 miliardi di
interessi su Bot, Cct e Btp, per cui si può senz’altro dire che il debito pubblico, di 2.300 miliardi, sia dovuto solo agli interessi cumulati», e dunque «ad un caso, se vogliamo, di “macro-usura”». Se l’Italia avesse applicato la ricetta Mmt di finanziare in parte tramite la banca centrale e in parte
con Bot a rendimento limitato – aggiungono i due analisti – avrebbe
potuto risparmiare qualcosa come 3.000 miliardi di interessi ed evitare
l’austerità, cioè gli “avanzi primari” a cui è obbligata dal 1995.
E’ curioso, continuano Becchi e Zibordi, che si finga di non vedere
che a salvare il mondo occidentale da una crisi sistemica (e non solo
quello, perché la Cina ha aumentato da 7.000 a 40.000 miliardi di
dollari i suoi aggregati monetari) sia stato il massiccio intervento di
creazione di moneta. Solo la povera Italia,
dopo la Grecia, deve restare esclusa dalla soluzione che tutto il mondo
pratica da tempo? Dal 1862 al 1980 lo Stato italiano ha finanziato il
54% dei suoi deficit con moneta emessa dalla banca centrale. «Il cuore
del problema è la famigerata creazione di moneta da parte dello Stato,
che nel mondo moderno è affidata alla banca centrale quando finanzia i
deficit pubblici». Un raddoppio dei debiti pubblici nel mondo come
quello occorso dalla crisi di Lehman in poi, finanziato in parte da
creazione di moneta della banca centrale, «non ha avuto conseguenze
negative, anzi: ha consentito di salvare i sistemi bancari e aumentare
la spesa (fuori dall’Eurozona), riducendo le tasse e quindi sostenendo l’economia. «Se si guarda a Spagna e Francia, che hanno raddoppiato il debito pubblico dal 2007 tenendo deficit elevati, si vede che hanno potuto riprendersi molto meglio dell’Italia», che invece «ha continuato a tassare più di quello che spendeva».
I 60 o 70 miliardi di interessi l’anno, infatti, «ritornavano solo in
piccola parte alle famiglie», per cui il deficit del 2% medio italiano,
in realtà, «non stimolava l’economia», e le tasse,
comunque, «finivano per aumentare sempre». In più, «il vincolo di
bilancio ha impedito allo Stato di intervenire a sostegno delle banche
italiane in crisi dopo il 2008», come invece è accaduto negli altri
paesi. E così, si è lasciato che si tagliasse in modo indiscriminato il
credito alle imprese italiane (-25% in dieci anni). «La soluzione –
scrivono Becchi e Zibordi – è invece proprio quella di andare avanti
sulla strada della monetizzazione del debito, come ha fatto il Giappone
dove la banca centrale ne possiede oggi il 44% e una cifra pari al 100%
del Pil nipponico». Da trent’anni il Sol Levante ha altissimi deficit
primari, «perché ha tenuto la tassazione molto più bassa di noi», e così
«il reddito pro capite giapponese è aumentato quanto quello medio
dell’Eurozona, mentre il nostro è collassato del -7% dal 2007». Dopo
trent’anni (e dopo aver pagato 4.000 miliardi di interessi sui titoli di
Stato), secondo Becchi e Zibordi è insensato non ricorrere alla Mmt:
significa «continuare a paralizzare per sempre il popolo italiano».
Servirebbe «una soluzione una tantum per monetizzare
parte di questo debito, che è poi quello che, sotto false spoglie, sta
facendo Bankitalia, che ha ora 400 miliardi di debito pubblico».
La Mmt, concludono i due analisti, ha il pregio di inquadrare questa
soluzione in una teoria della moneta moderna in cui la politica ottimale
sarebbe quella di non emettere più Btp, e di finanziare i deficit per
metà tramite la banca centrale e per metà con Bot a tasso prefissato.
«Un’altra possibilità è emettere debito permanente a cui dare la
caratteristica di moneta, cioè tramite cui consentire al pubblico di
spendere come da un conto corrente». Attenzione: i Btp decennali non
sono sempre esistiti; sono un’invenzione recente, dei primi anni ‘90, e
avevano lo scopo di attirare investitori e banche straniere sul nostro debito, che all’epoca era in mano alle famiglie e alle banche
(pubbliche) italiane. «Bisogna riconoscere che è stato un errore
estromettere le famiglie italiane e affidarsi al mercato estero, anche
se non si vuole ammetterlo nonostante l’evidenza delle banche
centrali che sono costrette a stampare moneta per ritirare dal mercato
titoli, sia in Europa, che in America che in Giappone». La Mmt di
Mosler? «Aveva previsto quello che è successo negli ultimi dieci anni».
La sua teoria «aiuta a capire che si può uscire dalla paralisi attuale
tornando a dare allo Stato il controllo del suo finanziamento». In tutto
il mondo, oggi, si discute finalmente della Modern Money Theory, «e
persino Draghi l’ha presa in seria considerazione». In Italia,
invece, «se ne parla solo per screditarla». Nel 2018, Mattarella stoppò
Paolo Savona perché, secondo il capo dello Stato, “i mercati” non lo
avrebbero gradito, al ministero dell’economia.
Eppure, con la Mmt, i “mercati” di cui parla Mattarella – i signori
dello spread – sarebbero fuori gioco: neutralizzati dall’emissione di
moneta.
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