La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la richiesta di referendum elettorale – proposta da 8 Consigli regionali (Veneto, Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Liguria) – “per l’assorbente ragione dell’eccessiva manipolatività del quesito referendario nella parte che riguarda la delega al Governo, ovvero proprio nella parte che, secondo le intenzioni dei promotori, avrebbe consentito l’autoapplicatività della ‘normativa di risulta’”.
L’oggetto della richiesta referendaria, su cui si è pronunciata oggi la Consulta, erano, in primo luogo, le due leggi elettorali del Senato e della Camera con l’obiettivo di eliminare la quota proporzionale, trasformando così il sistema elettorale interamente in un maggioritario a collegi uninominali. Per garantire l’autoapplicatività della “normativa di risulta” – richiesta dalla costante giurisprudenza costituzionale come condizione di ammissibilità dei referendum in materia elettorale – il quesito investiva anche la delega conferita al Governo con la legge n. 51/2019 per la ridefinizione dei collegi in attuazione della riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari.
La sentenza sarà depositata entro il 10 febbraio. Oggi
la Corte ha esaminato anche il conflitto fra poteri proposto da cinque
degli stessi Consigli regionali promotori e lo ha giudicato
inammissibile “perché, fra l’altro, la norma oggetto del conflitto
avrebbe potuto essere contestata in via incidentale, come in effetti
avvenuto nel giudizio di ammissibilità del referendum”.
“E’ una vergogna, è il vecchio sistema che si difende:
Pd e 5stelle sono e restano attaccati alle poltrone. Ci dispiace che non
si lasci decidere il popolo: così è il ritorno alla preistoria della
peggiore politica italica” ha commentato il leader della Lega, Matteo Salvini.
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