Ed è precisamente quello che si sta verificando nella specie umana non biologicamente, ma culturalmente quando si pretende che la società nel suo complesso abbia raggiunto la sua massima espressione nei rapporti antropologici ed economici esistenti. Così nella società inglese del primo Settecento, estremamente disuguale, quella in cui si sviluppò l’economia politica di Adam Smith e successori che è alla radice dell’ideologia capitalistica e in particolare di quella neoliberista ancora più radicale perché liberatasi dagli avversari e dai residui culturali della sua nascita.
Tale condizione prescrive che tutto sia preordinato all’economia, la quale durante la presa di potere della borghesia, ha preso il posto del precedenti istanze metafisiche, ovvero di Dio, come garante dell’ordine costituito e dunque dell’ingiustizia sociale. Ovvio che se tutto è economia, tutto è anche merce di scambio, anzi deve necessariamente essere ridotto a merce per avere un senso e un valore. Pensiamo solo alla natura, all’etica, all’arte e alle stesse emozioni che oggi dipendono esclusivamente dai valori economici che producono.
Tale idea di fondo, per quanto profondamente contraddittoria, è rimasta lungamente mimetizzata dietro il mutevole paesaggio culturale e dietro le rivendicazioni sociali di due secoli, dietro le diverse strade che le rivoluzioni borghesi hanno preso nel continente europeo e nelle potenze marittime, ma finalmente è riapparsa nella sua purezza quando le condizioni sono state favorevoli alla diffusione dell’ agente patogeno.
Naturalmente se tutto è merce una società radicata in questa visione teme tutto ciò che non può essere ridotto a mero scambio sul mercato, compresa persino l’identità sessuale e dunque la funzione dell’intellighenzia contemporanea è quella di “ridurre” il mondo umano per renderlo più povero, ma più coerente con questa visione e con i suoi strumenti o al massimo di sfruttare ciò che ancora non si adatta al meccanismo per favorire e accelerare l’assoggettamento.
Grazie a una soverchiante opera di comunicazione e controllo, che le singole persone riescono sempre a domare intellettualmente visto anche l’immenso degrado dell’istruzione ridotta a semplice addestramento, sta provocando un’evidente involuzione umana verso forme più immediate e più rozze di rapporti che tra l’altro non contemplano più l’insieme nel quale essi acquistano un senso, ma solo le relazioni punto a punto, i singoli individui, le singole aspirazioni che in sé costituiscono il puro apolitico.
Ciò naturalmente spezza i collegamenti tra causa ed effetto per cui gli eventi navigano in un nulla cosmico regolato da concezioni elementari e primordiali come ad esempio bene e male di cui la comunicazione è riccamente addobbata.
Ovviamente non ci si accorge affatto dell’involuzione perché questi processi a pari dell’evoluzione sono ricchi di eventi e di novità, la perdita di qualcosa può essere perfino più interessante dell’acquisto di qualcosa, propone continue mutazioni verso il basso, ci rende abilis e non sapiens, quindi il rutilante mondo della fine della storia sembra in piena cosa verso il futuro, ma invece va in retromarcia.
Così si sta costruendo una nuova specie, l’homo mercatensis, una specie in rapido regresso . E non ci sarebbe modo di fermare il convoglio se le promesse che esso proietta sui suoi schermi fossero effettivamente realizzabili, ma il fatto che il mercato finisca per punire il 99% che si affaccia alle vetrine come la piccola fiammiferaia, dalla quale è stata chirurgicamente asportata la speranza, l’idea di cambiamento, il dubbio e la percezione di far parte di un’insieme, non finisse per alimentare un’insoddisfazione di cui però, come per certi nevrosi, non si conosce l’origine e che viene placata con il consumo compulsivo, con lo sballo e con gli psicofarmaci, altra strada di semplificazione medicale di un problema sociale.
Ognuno di questi punti meriterebbe almeno una decina di post a se stanti tanto complessa è la situazione e intricati i movimenti, ma stamattina ho voluto dare solo un breve sguardo d’insieme per ricordare che quando si perdono le ali, si diventa solo galline nello staio.
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