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– di Marco Travaglio – il Fatto Quotidiano – Nel giorno del
pellegrinaggio ad Hammamet con figli d’arte, complici, coimputati,
miracolati, noti ladroni o aspiranti tali (chi non è capace a rubare
invidia tanto chi ci riesce), scassinatori, pali e addetti al piede di
porco, ci uniamo anche noi al ricordo dell’indimenticabile statista
pregiudicato morto latitante 20 anni fa. Purtroppo il nostro è il
ricordo di chi ricorda, non di chi s’è scordato tutto o non sa nulla,
come l’intera stampa italiana, che da giorni riempie paginate su Bettino
senza mai citare il bottino. L’inviata del Corriere sul luogo del
delitto e del relitto, per dire, si domanda pensosa se Craxi fosse
“latitante, come accusano gli esponenti del M5S (sic,
ndr) o esule, come vorrebbe la figlia” e si risponde che “l’enigma
ancora divide. Ma il tempo della damnatio memoriae può dirsi finito”.
Invece è appena cominciato, a giudicare dalla sua, di memoria, e da
quella degli altri “giornalisti” all’italiana.
Segnatevi questa data: 29 settembre 1994. Mentre il premier Silvio B.
compie 58 anni, il pool Mani Pulite fa arrestare Giorgio Tradati,
vecchio amico di Craxi e uno dei prestanome dei suoi conti esteri. Il 4
ottobre il pm Antonio Di Pietro lo fa deporre al processo Enimont. E il
suo racconto rade al suolo la difesa di Craxi sui “finanziamenti
irregolari alla politica”: “Nei primi anni 80, Bettino mi pregò di
aprirgli un conto in Svizzera.
Io lo feci, alla Sbs di Chiasso,
intestandolo a una società panamense (Constellation Financière).
Funzionava così: la prova della proprietà consisteva in una azione al
portatore, che consegnai a Bettino. Io restavo il procuratore del conto…
il prestanome”. Lì cominciano ad arrivare “somme consistenti”: nel 1986
sono già 15 miliardi. E altri 15 su un secondo: quello che Tradati,
sempre su input di Bettino, intesta a un’altra panamense (International
Gold Coast) presso l’American Express di Ginevra. Ma stavolta c’è una
variante: un conto di transito, il Northern Holding, messo a
disposizione da un funzionario della banca, Hugo Cimenti, per rendere
meno individuabili i versamenti. Come distinguevate – domanda Di Pietro –
i bonifici per Cimenti da quelli per Craxi-Tradati? Risposta: “Per i
nostri si usava il riferimento “Grain”, che vuol dire grano…”. Risate in
aula. Poi con Tangentopoli tutto precipita. “Intorno al 10 febbraio
1993 Bettino mi chiese di far sparire il denaro dai conti, per evitare
che fossero scoperti dai giudici di Mani Pulite. Ma io rifiutai… avrei
inquinato le prove… E fu incaricato un altro. I soldi non finirono al
partito… Hanno comprato anche 15 chili di lingotti d’oro (poi ritrovati
dai giudici elvetici, per un valore di 300milioni di lire, ndr).
Craxi rimpiazza Tradati e affida i suoi conti a Maurizio Raggio, ex
barista di Portofino, strano personaggio con interessi in Italia e
all’estero, fidanzato con la contessa Francesca Vacca Agusta, vecchia
amica di Craxi. Raggio si precipita in Svizzera, svuota i conti e si
ritrova fra le mani 40 miliardi di lire. Di Pietro sguinzaglia i
carabinieri a Portofino, dove vive con la contessa a Villa Altachiara.
Troppo tardi. La coppia se l’è già svignata in motoscafo, prima a
Montecarlo, poi in Messico. Cimenti intanto conferma ai pm: Raggio ha
lasciato sui conti solo un milione di dollari e trasferito il resto su
depositi alle Bahamas, alle Cayman e a Panama. Intanto Tradati continua a
raccontare: “I prelievi dai conti svizzeri di Craxi servivano anzitutto
per finanziare una tv privata romana, la Gbr di Anja Pieroni (una delle
amanti, ndr)… e acquistare un appartamento a New York e uno a
Barcellona”.
Donne e motori. Il resto lo racconta Raggio, arrestato il 4 maggio ’95 in Messico, dal carcere di Cuernavaca.
In poco più di un anno di latitanza, ha speso 15 miliardi su 40. Il
resto, l’ha riportato a Craxi, latitante ad Hammamet, che gli ha detto
come e dove spenderlo. La sua deposizione verrà autenticata dal
Tribunale e dalla Corte d’appello di Milano, nelle sentenze del processo
All Iberian confermate dalla Cassazione (Craxi e B., condannati in
primo grado e prescritti in appello). Ecco quella d’appello: “Craxi
dispose prelievi… sia a fini di investimento immobiliare (l’acquisto di
un appartamento a New York), sia per versare alla stazione televisiva
Roma Cine Tivù (di cui era direttrice generale Anja Pieroni, legata a
Craxi da rapporti sentimentali) un contributo mensile di 100 milioni di
lire… Dispose l’acquisto di una casa e di un albergo (l’Ivanhoe, ndr) a
Roma, intestati alla Pieroni”. Alla quale faceva pure pagare “la
servitù, l’autista e la segretaria”.
A Tradati diceva sempre: “Diversificare gli investimenti”. E Tradati
eseguiva, con varie “operazioni immobiliari: due a Milano, una a Madonna
di Campiglio, una a La Thuile”. Senza dimenticare gli affetti
familiari: una villa e un prestito di 500 milioni per il fratello
Antonio (seguace del guru Sai Baba) bisognoso di soldi per una mostra
itinerante e una fondazione dedicate al santone indiano. Intanto il Psi è
finito in bolletta per l’esaurimento delle mazzette e prima il
tesoriere Vincenzo Balzamo, poi i segretari Giorgio Benvenuto e
Ottaviano Del Turco, non sanno più come pagare i dipendenti. Ma Craxi se
ne infischia e tiene tutto per sé. Poi vengono le spese di Raggio: 15
miliardi per “il mantenimento della sua detenzione” in Messico e la
latitanza in Centroamerica con la contessa e certe distrazioni piuttosto
care: 235.000 dollari “per un’amica messicana”; e una Porsche
acquistata a Miami.
Case, aerei e Bobo. Il resto rimase nella disponibilità di Craxi, che
da Hammamet commissionò a Raggio alcune spesucce: l’acquisto di “un
velivolo ‘Citation’ del costo di 1,5 milioni di dollari”, l’estinzione
di un “mutuo personale” acceso da Raggio (circa 800 milioni di lire), le
parcelle degli avvocati e una raffica di “bonifici specificatamente
ordinati da Craxi, tutti in favore di banche elvetiche, tranne che per i
seguenti accrediti”: 100.000 dollari al finanziere arabo Zuhair Al
Katheeb; 80 milioni di lire alla Bank of Kuwait Ltd “in pagamento del
canone relativo a un’abitazione affittata dal figlio di Craxi in Costa
Azzurra”. Il povero Bobo – spiega Raggio – “aveva affittato una villa
sulla Costa nell’ottobre-novembre 1993, per sottrarsi al clima poco
favorevole creatosi a Milano”.
Dunque, conclude il Tribunale, i conti di Craxi servivano “alla
realizzazione di interessi economici innanzitutto propri” e “Craxi è
incontrovertibilmente responsabile come ideatore e promotore
dell’apertura dei conti destinati alla raccolta delle somme versategli a
titolo di illecito finanziamento quale deputato e segretario esponente
del Psi. La gestione di tali conti… non confluiva in quella
amministrativa ordinaria del Psi, ma veniva trattata separatamente
dall’imputato tramite suoi fiduciari, così da mettere in difficoltà lo
stesso Balzamo… Significativamente Craxi non mise a disposizione del
partito questi conti, se non per soccorrere finanziariamente Gbr, in cui
coltivava soprattutto interessi ‘propri’”. E, da vero uomo d’affari,
“si informava sempre dettagliatamente (con Tradati, ndr) dello stato dei
conti esteri e dei movimenti sugli stessi”.
I tesori nascosti. Le rogatorie dalla Svizzera confermano che Tradati
non mente. E dimostrano che sui conti di Craxi, nel 1991, mentre
l’amico Bettino imponeva la legge Mammì scritta su misura per la
Fininvest, Berlusconi bonificava 23 miliardi di lire in più rate tramite
la società occulta All Iberian. Nessuna risposta, invece, avranno le
rogatorie del pool sugli altri tesori di Craxi: quelli gestiti da altri
tre prestanome – Gianfranco Troielli, Mauro Giallombardo e Agostino Ruju
– su conti e società fantasma fra Hong Kong, Singapore, Bahamas,
Cayman, Liechtenstein e Lussemburgo. Tutti miliardi rimasti
inaccessibili, almeno ai giudici. Chissà mai chi ci campa a sbafo da 26
anni.
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