La rabbia dei lavoratori in cassa integrazione davanti ai cancelli della raffineria Eni |
Una decisione sbagliata che, ancora una volta, considera la produzione dell’acciaio più importante della vita delle donne e degli uomini.
Complici e responsabili tutti coloro che hanno alimentato la paura delle conseguenze sociali dello spegnimento dell’Afo2 agitando lo spettro della disoccupazione se non della miseria, allo scopo di esercitare una pressione violenta sul tribunale del riesame.
Era la sentenza che il “palazzo” attendeva per riconvocare il tavolo ArcelorMittal e stringere un nuovo accordo che riscriva in peggio quello del 2018 concedendo al magnate indiano licenziamenti; scudo penale; sconto sull’acquisto e finanziamento pubblico al capitale privato.
USB non cambia linea. Lo stabilimento siderurgico tarantino non è in condizioni di sicurezza e non rispetta il diritto alla salute dei cittadini.
Al tavolo ministeriale ribadiremo la necessità di predisporre un piano straordinario per l’eliminazione delle fonti inquinanti, la decontaminazione, la bonifica dell’area e la riconversione del territorio allo scopo di garantire occupazione, salario e reddito a tutti i lavoratori.
Nel frattempo cresce la mobilitazione dei lavoratori Ilva in amministrazione straordinaria che nelle intenzioni del governo sarebbero le prime vittime sacrificali della resa ai voleri di Mittal.
USB ha chiamato tutti alla lotta davanti ai cancelli della raffineria Eni contestando al governo la mancanza del rinnovo dei provvedimenti a sostegno del reddito dei lavoratori in cassa integrazione.
Venerdi 10 gennaio è convocata una nuova assemblea dei lavoratori Ilva As per decidere come proseguire la mobilitazione.
Sergio Bellavita USB nazionale
Francesco Rizzo USB Taranto
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