F.Q. Pietro Barabino
La domanda che l’avvocata ha rivolto a Salvini è la stessa che ilfattoquotidiano.it aveva posto, qualche mese fa, ai parlamentari del comitato bicamerale chiamato a vigilare sull’attuazione dell’accordo di Schengen senza ottenere alcuna risposta.
Da anni la riforma del sistema di Dublino è in discussione a livello di Unione Europea e la Commissione ha già proposto un meccanismo ‘equo e sostenibile’ che supererebbe le attuali debolezze e gli squilibri che penalizzano Spagna, Malta, Grecia e Italia. Per questo motivo c’è l’opposizione dei paesi del Gruppo di Visegrád che a oggi hanno rifiutato di fare la loro parte, accogliendo le quote a loro destinate di profughi. Allo stesso tempo c’è anche la contrarietà della Lega in nome di un ‘alleanza sovranista’ che nei fatti penalizza l’Italia.
La scorciatoia, drastica, fatta trapelare nelle scorse settimane da fonti del Ministero dell’Interno per aggirare il sistema, è quella di non immettere più i dati nel sistema Eurodac (la banca dati di identificazione europea).
“Così si scardinerebbe il sistema stesso – sarebbe il ragionamento di Salvini – La polizia continuerebbe a identificare chi sbarca, ma non condividerebbe con gli altri stati membri le informazioni”.
Una sbalorditiva strategia da ‘furbetti’ che effettivamente permetterebbe di eludere il sistema di Dublino, per quanto in modo scorretto e illecito, che tuttavia non brilla neppure per originalità, essendo la linea ‘storica’ seguita dall’Italia fino al 2015, quando – esattamente per questa ragione – Roma è stata sanzionata e ha rimediato il blocco della frontiera francese.
“Se anziché fare la ‘lotta ai solidali’ – commenta l’avvocata Alessandra Ballerini, che si trova a difendere migranti vittime delle violazioni del regolamento sia da parte italiana che francese – il Ministro dell’Interno comprendesse che alla luce della Carta di Nizza e del Trattato di Lisbona la solidarietà è un obbligo non solo tra le persone, ma anche tra gli Stati, forse troverebbe gli strumenti per far comprendere a livello europeo le violazioni in atto da parte francese”. Nel frattempo le Ong francesi Medicins du Monde, Anafé, Oxfam, WeWorld, Amnesty, Secours Catholique e Iris hanno denunciato alle Nazioni Unite gli abusi ai danni dei migranti che la Francia continuerebbe a fare al posto di frontiera di Mentone dove dal 2015 (come documentato fin dall’inizio da ilfattoquotidiano.it) vengono trattenute in attesa dei respingimenti. Dal canto loro i governi francesi che si sono succeduti dal 2015 a oggi hanno giustificato la linea dura sottolineando come, di fatto e al netto dell’ingente militarizzazione della frontiera, dall’Italia continuano ad arrivare in Francia migliaia di persone che hanno iniziato l’iter di accoglienza in Italia, il che dimostrerebbe la scarsa ‘affidabilità’ dei nostri controlli.
Se i politici nostrani sono soliti indignarsi per il fatto di “essere lasciati soli” dall’Europa, all’estero fanno notare come, se da una parte Dublino impone ai paesi di approdo l’accoglienza dei migranti fino al riconoscimento della protezione internazionale, dal 2014 a oggi lo Stato ha incassato oltre 200 milioni dalla Commissione per far fronte a queste spese, senza alcun controllo sulle modalità di gestione dei finanziamenti, a cui si aggiungono i 653,7 milioni di euro assegnati nell’ambito del Fondo Asilo (AMIF) e del Fondo sicurezza interna (ISF). Sempre grazie all’emergenza migranti”, dal 2015, l’Italia ottiene uno sconto di 5 miliardi sui vincoli di bilancio posti dal Fiscal Compact. Insomma nessuno Stato, a livello europeo, sembrerebbe soddisfatto dell’attuale gestione delle frontiere interne, e proprio per questo è difficile comprendere (se non in termini di inseguimento del consenso elettorale a breve termine) chi possa avvantaggiarsi dalle provocazioni e dal muro contro muro proprio in questa fase in cui tutti dovrebbero avere interesse a sedersi intorno a un tavolo per superare il regolamento di Dublino.
La scorciatoia, drastica, fatta trapelare nelle scorse settimane da fonti del Ministero dell’Interno per aggirare il sistema, è quella di non immettere più i dati nel sistema Eurodac (la banca dati di identificazione europea).
“Così si scardinerebbe il sistema stesso – sarebbe il ragionamento di Salvini – La polizia continuerebbe a identificare chi sbarca, ma non condividerebbe con gli altri stati membri le informazioni”.
Una sbalorditiva strategia da ‘furbetti’ che effettivamente permetterebbe di eludere il sistema di Dublino, per quanto in modo scorretto e illecito, che tuttavia non brilla neppure per originalità, essendo la linea ‘storica’ seguita dall’Italia fino al 2015, quando – esattamente per questa ragione – Roma è stata sanzionata e ha rimediato il blocco della frontiera francese.
Se i politici nostrani sono soliti indignarsi per il fatto di “essere lasciati soli” dall’Europa, all’estero fanno notare come, se da una parte Dublino impone ai paesi di approdo l’accoglienza dei migranti fino al riconoscimento della protezione internazionale, dal 2014 a oggi lo Stato ha incassato oltre 200 milioni dalla Commissione per far fronte a queste spese, senza alcun controllo sulle modalità di gestione dei finanziamenti, a cui si aggiungono i 653,7 milioni di euro assegnati nell’ambito del Fondo Asilo (AMIF) e del Fondo sicurezza interna (ISF). Sempre grazie all’emergenza migranti”, dal 2015, l’Italia ottiene uno sconto di 5 miliardi sui vincoli di bilancio posti dal Fiscal Compact. Insomma nessuno Stato, a livello europeo, sembrerebbe soddisfatto dell’attuale gestione delle frontiere interne, e proprio per questo è difficile comprendere (se non in termini di inseguimento del consenso elettorale a breve termine) chi possa avvantaggiarsi dalle provocazioni e dal muro contro muro proprio in questa fase in cui tutti dovrebbero avere interesse a sedersi intorno a un tavolo per superare il regolamento di Dublino.
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