Quest’anno
cadrà il 29 luglio,
la data più anticipata degli ultimi 20 anni.
Un
trend che non accenna a invertirsi,
dato che quest’anno la data cade
quattro giorni in anticipo rispetto al 2018 e dieci rispetto al 2017.
Sono quindi lo stile alimentare, i trasporti, l’abitazione, il consumo di beni e servizi a determinare l’ampiezza della nostra impronta ecologica.
Gli ultimi dati ci dimostrano che, con gli attuali livelli di consumo, stiamo utilizzando le risorse di 1,75 pianeti Terra, un deficit ecologico che cresce dagli anni ’70 e che sta assumendo caratteri sempre più marcati ed evidenti in termini di deforestazione, perdita di biodiversità, erosione del suolo, depauperamento delle riserve idriche globali. Uno studio recente ha confermato che, negli ultimi 2.000 anni, non ci sia mai stato un periodo come quello recente caratterizzato da cambiamenti della temperatura così repentini e comprensivi su tutto il pianeta, causati dall’attività antropica.
Con una popolazione che sfiora il miliardo e mezzo, è la Cina il paese con la più alta impronta ecologica del mondo, seguita da Stati Uniti e India, mentre a livello pro capite, è il Qatar.
Nella regione del Mediterraneo, il cibo rappresenta il principale settore responsabile dell’impronta ecologica (circa il 28% del totale), superiore anche a quello dei trasporti (22%). Nei paesi dell’area, l’offerta di cibo è superiore del 20-40% rispetto al livello di fabbisogno giornaliero di circa 2,500 calorie pro capite. Generalmente, diete molto ricche di proteine animali e la dipendenza dall’import di prodotti alimentari determinano livelli elevati di impronta ecologica, anche se si osservano importanti differenze a livello nazionale. In Italia, Francia e Regno Unito il livello medio di impronta ecologica pro capite supera la media della regione (3.2 ettari globali). L’Italia è anche il principale “esternalizzatore” di impronta ecologica nel Mediterraneo, principalmente da Francia, Cina e India da cui importa diversi prodotti agro-alimentari. In EU, è la Germania ad avere il livello pro capite più elevato.
Le azioni da adottare per invertire la rotta sono molteplici e abbracciano tutti i settori. Le emissioni di carboniocausate dalla combustione di combustibili fossili rappresentano il 60% dell’impronta ecologica dell’umanità. Una riduzione del 50% di queste emissioni ritarderebbe l’Overshoot Day di circa 3 mesi. Piantare 350 milioni di ettari di foreste lo sposterebbe di 8 giorni.
Ogni singolo cittadino, ognuno di noi, può e deve fare la sua parte: ad esempio, riciclando e ri-utilizzando i diversi prodotti che si acquistano, usando più frequentemente trasporti pubblici o la bicicletta per spostarsi, adottando una dieta bilanciata e sostenibile – come quella mediterranea – nel rispetto delle proprie tradizioni, riducendo gli sprechi.
Se tutti gli abitanti del pianeta avessero lo stile di consumo di un italiano, sarebbero necessarie le risorse di 2,7 pianeti Terra;
quella di uno statunitense necessiterebbe le risorse di 5 pianeti.
Ma ne abbiamo solo uno e dobbiamo prendercene cura.
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