L’intera
vicenda dell’assassinio del carabiniere nel quartiere Prati di Roma è
una perfetta esemplificazione di come il sistema mediatico e politico
italiano riesca a trasformare in farsa eventi drammatici, salvo poi
coprire nel silenzio le bufale e concentrarsi immediatamente sul
prossimo obiettivo propagandistico.
In gergo, un “cavallo di ritorno” è roba trafugata che viene
rivenduta al derubato, una specie di riscatto. È iniziata con questa
trattativa, intercettata dai carabinieri, la rissa a Prati, in cui è
stato accoltellato a morte il vice-brigadiere Rega. Le indagini sono
state rapide e più lucide delle notizie fatte filtrare in modo sconnesso
a una stampa credulona e hanno portato all’arresto in un hotel a 5
stelle di due studenti americani, uno dei quali confesso,
mentre per tutta la giornata di ieri le testate on line (anche
“civili”) e il “Giornalaccio” di Sallusti avevano spacciato la bufala
dei due assassini maghrebini, corredata da un video che pure mostrava
inequivocabili fisionomie “caucasiche”, per dirla con i protocolli Usa.
Una storia atroce di balordi a rota, che il ministro dell’Insicurezza
Salvini aveva trasformato in “bastardi” e “infami”, invocando per loro
inesistenti “lavoro forzati a vita”, al posto del tranquillo “lettino”
del carcere. Dove gli “animali” sbarcati dai barconi avrebbero dovuto
“marcire” fino alla morte, aggiungeva Giorgia “ollollanda” Meloni, molto
più incauta del suo collega fascistone “gnaziu” La Russa, che
evidentemente era meglio informato (dai suoi storici amici carabinieri)
che non Salvini e Meloni. E risparmiamoci la citazione dei commenti
razzisti dementi di parlamentari Lega e FdI, dello sconnesso Di Maio e
odiatori assortiti da tastiera.L’ignobile farsa si è chiusa in tarda serata, con il silenzio imbarazzato di tutti i protagonisti. La povera vittima e i due indagati, «ricchi e viziati» (loro sì!), entrano in una zona d’ombra, altro che (per fortuna) lavori forzati a vita, mentre i vigliacchi speculatori battono in ritirata, cominciando da Salvini che subito ha cercato un altro diversivo all’affare Metropol che lo perseguita e lo dissuade da elezioni anticipate. Come in altri casi, le autorità Usa si prenderanno cura degli imputati e quelle italiane abbozzeranno.
Però il vero “cavallo di ritorno” in questo affare è la realtà che, per 24 ore almeno, ha messo sotto i suoi zoccoli la percezione propagandistica. La vendetta razzista deve cercare altri bersagli. La nave “Gregoretti” della Guardia costiera resta al limite delle acque di Lampedusa con 135 “criminali” virtuali a bordo, che non possono attraccare perché costituiscono una minaccia alla “sicurezza” nazionale
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