Repubblica si è data la regola di non pubblicare immagini di
persone private della loro libertà. E questa foto non è un’eccezione.
Perché qui, il corpo del "reo" racconta altro.
Racconta il contesto emotivamente stravolto in cui un indiziato di
reato è stato fermato e l’effetto a catena che ha prodotto. Mentre il
vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini qualificava come
«bastardi» i due fermati dai carabinieri, pronunciando contestualmente
la sentenza definitiva di «condanna a vita ai lavori forzati» , in una
caserma dei carabinieri accadeva quello che questa foto documenta.
Gabriel Christian Natale Hjorth perdeva ogni diritto di habeas corpus. Privato della libertà e
prima ancora di essere sentito da un magistrato, diventava un trofeo
(magari da condividere via social) cui far pagare il conto per la morte
di un collega. Nell’effetto per giunta straniante che vede il capo chino
di quel ragazzo visivamente incorniciato dalle foto che sul muro
dell’ufficio ricordano il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e Giovanni
Falcone e Paolo Borsellino.
Raggiunto da Repubblica, il generale Roberto Riccardi,
portavoce del Comando generale, ha definito l’immagine «due volte
intollerabile» . «Intollerabile in sé e intollerabile che sia stata
scattata e divulgata».
A Francesco Gargaro, Comandante provinciale di
Roma, il Comando generale ha delegato un’immediata indagine interna.
«Quello che è accaduto è inaccettabile — dice — L’indagine interna per
accertare responsabilità disciplinari e penali ha già individuato i
responsabili.
I militari in questione sostengono che il fermato fosse
stato bendato per non riconoscere sui monitor dei pc le immagini di
altri sospettati. In ogni caso, abbiamo già denunciato alla magistratura
quanto accaduto e gli esiti dei nostri accertamenti». Ne va preso atto.
Con una sola chiosa: i monitor dei pc sono spenti.
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