La prima per afferrare i suoi significati, la seconda per comprenderne le ragioni.
Il
fumetto, disegnato con tratto ruvido, quasi nervoso in alcune tavole, è
un’efficace sintesi del rapporto che intercorre tra bugie e
responsabilità, tra omissioni e verità.
La storia
raccontata – un investigatore privato si mette a distanza di più di
cinquant’anni sulle tracce di Emilio Fucile, un soldato pugliese che non
è più tornato dal fronte – è classica nello sviluppo.
Più originale è
la costruzione con incontri e salti temporali che evidenziano la
complessità di quegli animali sociali che, per comodità e consuetudine,
chiamiamo uomini.
Opera temeraria che non ha paura
di misurarsi con le proprie ambizioni, Due attese procede per
accostamenti e sovrapposizioni nella rivelazione di un mistero
letteralmente sepolto nelle pieghe del tempo. L’indagine del detective,
malgrado risulti un po’ contorta in diversi passaggi, permette di
conoscere personaggi originali. Si vedano i nostalgici di ogni guerra
che venerano l’abisso o la maga alla quale si sono rivolti i familiari
di Emilio.
Ancora più significative sono le loro
parole. “Le malattie moderne ci scocciano. La morte deve sempre essere
un omicidio per essere giusta”, dice tal Rivo Rommel rimpiangendo il
sangue e il rumore dei campi di battaglia. In altre situazioni, con
funzione quasi oracolare, ci si sofferma su efficacissime descrizioni.
“La maga puzzava di terra e se una maga puzza di terra anche in un
grattacielo c’è da fidarsi”, si legge in una suggestiva sequenza del
fumetto.
Maurizio Lacavalla, al suo esordio sulla
lunga distanza del graphic novel, è un autore consapevole, un autore
dallo stile subito riconoscibile. Lo si nota dall’uso ragionato delle
didascalie, lo si evince dalla scelta di alcuni temi iconografici, lo si
intuisce dalle osservazioni affidate ai suoi protagonisti.
Due attese è
un’opera da leggere due volte.
La prima per afferrare i suoi
significati, la seconda per comprenderne le ragioni.
Nessun commento:
Posta un commento