venerdì 1 marzo 2019

Kenya, Silvia Romano sequestrata da 100 giorni: divieto di riscatto?

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Silvia Romano. 100 giorni dalla scomparsa della cooperante italiana in Kenia e ancora nessuna notizia certa. Indagini disperse in diverse direzioni senza risultati. Salvini si oppose al pagamento di un riscatto? Macchina del fango locale su Silvia Romano, un incredibile traffico di avorio per coprire inettitudine e connivenze.

Silvia Romano, silenzio assordante

Silvia Romano, divieto di riscatto? Il silenzio d’obbligo attorno ad un sequestro che, nello scorrere del tempo, si trasforma in paure, sospetti ed illazioni. E’ il caso di Silvia Romano, la cooperante milanese che lavorava in Kenia per la onlus Africa Milele su progetti diretti all’infanzia, rapita il 20 novembre dello scorso anno in circostanza ancora poco chiare. Da allora, sulla sorte della cooperante, tutto e il contrario di tutto: dalle bugie trionfalistiche della polizia locale che prometteva una liberazione pronta e subito, ai tre mesi di silenzio successivo che si sperava, servisse a favorire la sua liberazione. Ora quel silenzio, suscita preoccupazioni e domande.

Nessuna certezza

Scomparsa a Chakama, un villaggio della zona costiera del Kenya, Silvia Romano, secondo le prime indagini delle forze di sicurezza locali, sarebbe stata sequestrata da un gruppo armato degli Shabab, i militanti islamisti della Somalia che operano anche nella zona di confine tra i due Paesi. Versione successiva, un rapimento da parte di criminali a semplice scopo di riscatto. Sia la prima ipotesi che la seconda non hanno mai trovato conferme pubblicamente note. Nel caso di azione terroristica non si è avuta alcuna rivendicazione, mentre le indagini su banditi del posto non hanno portato a conclusioni univoche e a risultati.

Salvini vieta il pagamento di un riscatto?

Nei giorni immediatamente successivi al rapimento sono state arrestate almeno 14 persone, tutte successivamente rilasciate tranne tre. Le ricerche si sono concentrate nella foresta Boni, un’area di 1340 chilometri quadrati nel sud-est del Kenya, al confine con la Somalia. Una zona dalla fitta vegetazione dove si svolgono numerose attività illegali. A dicembre le autorità italiane avrebbero chiesto una prova che Silvia era ancora in vita. La risposta positiva sarebbe arrivata insieme ad una richiesta di riscatto. Ma, secondo il sito Africa Express, tutto si sarebbe bloccato per diretto ordine del ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Macchina del fango

Plausibile se non certo che al confine con la Somalia e tra Malindi e Lamu, sono operativi uomini dell’intelligence italiana, l’Aise, che ha sino a ieri pagato il riscatto per liberare tutti i sequestrati italiani. E’ davvero cambiato qualcosa? E chi lo ha deciso, e sulla pelle di chi e spiegando cosa? Il silenzio stampa dovuto per ogni rapimento non consente di capire in che direzione si stiamo muovendo la indagini e le eventuali trattative. Preoccupante oltre che vigliacca, una sorta di ‘macchina del fango’ attorno a Silvia Romano, denunciata dalla rivista dei padri comboniani “Nigrizia”: l’assurdità di un traffico d’avorio, polverone locale sollevato per coprire incapacità o connivenze.

Sequestri e riscatti, segreto e bugie di Stato

Ma il chiarimento che ormai si impone, superata la emergenze del sequestro in corso e oltre la trappola spesso di comodo del ‘segreto di Stato’, il pagamento o meno di un riscatto per salvare delle vite. Priorità umanitaria -almeno sino a ieri- sempre praticata, ripetiamo, SEMPRE PRATICATA, e con soldi dello Stato (fondi riservati dei servizi segreti, Aise), ma mai ufficialmente ammessa (per non ‘incentivare’ ulteriori sequestri). L’ipotesi di un cambiamento di direttive di governo nel trattare il sequestro di italiani, sarebbe scelta politica da chiarire in Parlamento -nessuna interpellanza, interrogazione, voglia di sapere?-, andando a coinvolgere le priorità umanitarie da sempre evocare dal Quirinale. Col premier Conte, solo titolare costituzionale a dare direttive ai servizi segreti. (e.r.)

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