giovedì 21 marzo 2019

«Dobbiamo collegare difesa dei territori e lotta contro i cambiamenti climatici»

 

 dinamopress Riccardo Carraro
Lo storico attivista No Tav Guido Fissore racconta la mobilitazione verso il 23 marzo e le ragioni di una questione che riguarda tutti: dalla Val Susa al Salento, passando per Taranto, la Sicilia e le grandi città

I No Tav sono tra i promotori della «Marcia per il clima e contro le grandi opere» che sabato 23 marzo sfilerà a Roma. Il movimento si è sempre dichiarato ambientalista perché ha difeso il territorio da un’opera con un impatto spaventoso e priva di qualunque vantaggio dal punto di vista ecologico.
In questo momento storico è più importante che mai sottolineare che la lotta contro i cambiamenti climatici è anche una lotta contro il capitalismo predatore di cui le grandi opere inutili e imposte sono l’espressione brutale. I cartelli dei giovani del FridaysForFuture hanno ribadito questo concetto in tanti modi il 15 marzo scorso.
Al contrario di chi, nel campo del futuro centrosinistra è pronto a cavalcare l’ondata di proteste ma non fa un passo indietro rispetto a questo sistema economico fondato su opere come Tav, Tap, sui combustibili fossili e sul consumismo sfrenato.
Dopo una telenovela governativa di svariati giorni il dilemma dei bandi di gara si è concluso con la pubblicazione delle manifestazioni di interesse da parte di TELT. Quali sono gli impatti di questo atto sulla vostra lotta?
L’arrivo delle manifestazioni di interesse fa parte della procedura per lanciare bandi di gara, è un preliminare, quindi c’è stato un rallentamento dell’iter ma nessuna interruzione. Chi fa la gara selezionerà chi ha i titoli a partire da queste manifestazioni di interesse per partecipare ai bandi. Dicono che ci vorranno 6 mesi di tempo. La verità è che il cantiere di Chiomonte è fermo da un anno e mezzo ma il progetto non è stato interrotto. Abbiamo chiesto vari provvedimenti al governo e al Movimento 5 Stelle in questi mesi. Ad esempio il licenziamento del presidente dell’Osservatorio, come gesto politico, mentre invece si è chiuso il suo mandato a naturale scadenza. Avevamo chiesto di revocare la nomina di Virano a presidente di Telt e neanche questo è stato fatto. Dietro a ciascuno di questi fatti ci sono anche motivi tecnici, ma spesso questi sono un paravento per ragioni politiche.
E dall’altro lato del tunnel?
Gli argomenti di contesa con la Francia rimangono. In Italia sono stati accantonati i fondi per il tunnel ma la Francia non l’ha fatto. In più l’accordo italo francese prevede che le due nazioni abbiano progettati e stanziati anche i fondi per le proprie tratte nazionali. La Francia ha detto che fino al 2038 non prenderà posizione se fare o no la tratta nazionale e dovrebbe bastare questo a dire di no. Non ha senso fare un megatunnel se oltre a quello la linea francese rimane quella attuale. Nel movimento abbiamo diverse opinioni in merito alla fase. Identifichiamo un rischio nel fatto che ci sia un voto del parlamento per decidere. Non sappiamo come finirebbe ma è assai probabile che, con l’attuale parlamento, in un voto del genere vinca il sì all’opera. Il movimento in questo contesto rimane in piedi e continua a opporsi come ha sempre fatto negli ultimi 20 anni.
Come vi ponete rispetto alla proposta di Chiamparino di svolgere un referendum sul TAV?
Siamo contrari, non esiste l’istituto del referendum per questioni di questo tipo. In ogni caso, se mai dovesse esistere, dovrebbe essere un referendum nazionale perché pagano tutti per quest’opera, a prescindere da dove vivano. Di fatto quello che minaccia Chiamparino è solo una consultazione con valore consultivo e simbolico, non serve a nulla, non ha valore giuridico. Sarebbe analogo ai referendum fatti in Lombardia e Veneto sulle autonomie.
Come movimento NoTav avete scritto una bella lettera ai giovani del FridaysFor Future. Perché avete sentito importante collegarvi a quel movimento globale?
Collegare la difesa dei territori da parte dei movimenti contro le grandi opere con la lotta contro i cambiamenti climatici e per la difesa della terra è abbastanza naturale e la praticavamo già da tempo come consapevolezza diffusa. Abbiamo deciso di evidenziare di più questo aspetto alla prima assemblea a Venezia a fine estate e poi lo abbiamo ribadito nella seconda assemblea a Venaus a novembre 2018. Lo abbiamo fatto prima che diventasse un fenomeno popolare, grazie a Greta. La difesa dell’ambiente è fondamentale ed è chiaro che non c’è più molto tempo per invertire la tendenza. Ci sono scienziati che parlano della quinta o sesta estinzione di massa e sarà la prima causata dall’uomo. Il corteo è dedicato proprio a questo aspetto: le grandi opere inutili e imposte, non hanno solo un impatto spaventoso ma sono simbolo di un modo di produrre e consumare che è devastante e insostenibile per il clima e per il pianeta.
Tra le tante posizioni sul tema ha colpito quella di Zingaretti: ha dedicato a Greta la sua vittoria alle primarie e poi come primo atto politico ha visitato il cantiere di Chiomonte.
Sì, dobbiamo fare molto attenzione: il tentativo di molti di cavalcare questa ondata di sensibilità tra giovani per la difesa del pianeta è pericolosa perché usano argomenti strumentali, come quello di far passare la Torino-Lione per una questione ambientale. Dicono che il treno sia meno inquinante e che costruire il Tav farà sì che molti tir non circolino più sulle strade. Sostengono questa ipotesi mostrando un risparmio di Co2 ma non spiegano che questo accadrà solo se il traffico su strada tra 50 anni sarà raddoppiato rispetto a ora. Un assunto tutto da dimostrare. Comunque se tra 50 anni il traffico di merci fosse raddoppiato avremmo già smesso di credere di poter fermare il cambiamento climatico perché vorrà dire che avremmo un modo di consumare e trasportare i prodotti insostenibile per il pianeta. Saremmo già diretti verso la catastrofe. noltre non basta costruire i tunnel per togliere i tir dalle autostrade. Gli scali ferroviari sono in continuo depotenziamento perché la ferrovia non dà, oggi, le garanzie del sistema di trasporto su camion. L’unica cosa certa è che, se fanno il tunnel, produrranno 1 milione di tonnellate di Co2 all’anno con una costruzione che durerà decenni. Secondo gli scienziati, però, abbiamo solo 12 anni per fermare la catastrofe.

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