global project di Marco Sirotti, Anna Clara Basilicò
21 / 3 / 2019
L’epopea di governo del “Capitano” Salvini
va alla ricerca di un nuovo abbrivio, passate le secche del martedì nero che lo
ha visto perdente sul piano della comunicazione di massa - nessun arresto
all’equipaggio della nave Mare Jonio - e mancato vincitore nella votazione al
Senato, dove evita il processo penale per sequestro di persona ed abuso di atti
d’ufficio solo grazie a Forza Italia e Fratelli d’Italia, mentre galleggiano i
malumori all’interno dei Cinquestelle.
Un colpo viene anche dalla risposta
sociale che hanno dato le piazze in tutta Italia, affollate dalle testimonianze
solidali con la missione Mediterranea. La coesione delle realtà antirazziste
nello stare in piazza dimostra, ancora, come il tessuto sociale sia solido e,
nei territori laddove sono attive reti di relazioni, la risposta che si
manifesta attraverso i presidi solidali è sottesa dalle azioni concrete di
sostegno ai migranti già presenti nelle città.
La sorte dell’imbarcazione ancora non è
definita, mentre dal Viminale – o meglio, dal profilo facebook del Ministro –
l’argomento cambia e si sposta sulle verifiche elettorali in Basilicata. Il
sequestro probatorio andrà convalidato o meno entro domani mattina, venerdì 22
marzo, mentre per quanto riguarda l’equipaggio il solo comandante è stato
iscritto nel registro degli indagati per la decisione di non spegnere i motori,
restando all’ancora al largo di Lampedusa. Il reato tanto caro al Ministro,
favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, è imputato “contro ignoti”.
Ma la giornata di ieri è stata segnata
dal folle gesto di Ouesseynou Sy, autista
italo-franco-senegalese deciso a compiere un gesto eclatante proprio in seguito
alla vicenda della Mare Jonio. La terribile dinamica dei fatti sarà accertata,
mentre nei fumi dello scuolabus incendiato già si disegna il mostro straniero
venuto in Italia apposta per dare fuoco ai bimbi innocenti – italiani, tutti
italiani? É di famiglia egiziana il ragazzino che ha lanciato l’allarme,
fingendo una preghiera in arabo. Non ha mai vissuto se non nella disperata provincia
lombarda: la sociologia ci fornisce l’etichetta “migrante di seconda
generazione”, tanto per non dimenticare la linea del sangue, forse più che del modello
culturale di riferimento.
Ma tant’è, sarà la
“bestia” comunicativa di Salvini o un sentimento realmente diffuso in una parte
del Paese, Sy è un immigrato rappresentativo di tutta la categoria e non
riuscendo a “fermare gli sbarchi”, Salvini adesso si spenderà in prima persona
per revocargli la cittadinanza. Puerile vendetta, di fronte al fallimento incontrato
nel tentativo di tenere la Mare Jonio fuori dalle acque territoriali, improvvisando anche
modifiche
ai codici della navigazione: mentre la nave raccoglieva i 49 migranti in mare,
Salvini stesso diffondeva una nuova direttiva destinata alle autorità portuali,
ai carabinieri, alla polizia, alla GdF e alla marina militare, stesa ad
hoc
per la Mar Jonio il cui attracco, battendo bandiera italiana, non può essere
rifiutato da nessun porto italiano. Secondo il Viminale «chi soccorre migranti
irregolari in acque non di responsabilità italiana senza che Roma abbia
coordinato l’intervento ed entra poi in acque territoriali italiane» lederebbe
«l’ordine e la sicurezza dello stato italiano». Provvedimento per lo meno
ambiguo: sebbene alla Libia sia stato riconosciuto di poter avviare operazioni
di soccorso nelle acque internazionali, è altresì vero che il territorio libico
non rientra nella categoria dei place of safety. dal che ne deriva
che anche le operazioni coordinate dalla cosiddetta marina libica non potrebbero
concludersi con il ritorno alle coste nordafricane.
Il tentativo di
emulare il suo predecessore Minniti, che mise in scacco tutte le ONG imponendo
un codice di condotta formalmente impeccabile ma eticamente irricevibile,
naufraga stroncato da ex ufficiali della Guardia
Costiera e giuristi. Questa volta è più
difficile: Mare Jonio batte bandiera italiana, l’ingresso nelle acque territoriali
non è soggetto ad approvazioni da parte delle autorità, resta dunque la
responsabilità di osservare la rotta per il porto più vicino indicato dalla
Capitaneria. Dice Lucia Gennari, avvocatessa imbarcata sulla Mar Jonio: «è solo
un’indicazione politica del ministero dell’interno, per applicarla le autorità portuali
dovrebbero pubblicare un decreto di attuazione che sarebbe impugnabile perché viola
diverse norme internazionali». In una frase ha smontato l’intero impianto della
direttiva svelandone l’illegittimità e la conseguente inapplicabilità pratica.
Tronfio sulla sua
linea, il Ministro dichiarava: «Questo non è un salvataggio, ma favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina» spingendosi molto
oltre: «o l’autorità giudiziaria riterrà che non si sia trattato di soccorso …
perché mi sembra evidente che … c’è un’organizzazione che gestisce, aiuta e
supporta il traffico di essere umani, o sarà il ministro dell’Interno in
persona a interdire tutti i porti.»
Non ha impedito
nulla il Salvini - Ministro, i porti non sono mai stati chiusi, e ora 49
persone che si trovano presso l’HUB di Lampedura hanno presentato domanda di protezione
internazionale.
Resta, nella
retorica del Salvini - Leghista, la sicumera del salvatore della Patria: «Se sono stato sequestratore una volta
ritenetemi sequestratore per i mesi a venire». Si sente sicuro di sé, ma debole
nella squadra di maggioranza e sceglie di affrontare il dibattito nell’Aula del
Senato dal suo scranno di parlamentare, non da quello di Ministro, dall’altra
parte dell’emiciclo. Siede in mezzo ai suoi, accanto ai Cinquestelle con cui la
convivenza al Governo si fa sempre più difficile, rappresentando
l’inequivocabile messaggio «siamo tutti sulla stessa barca».
Il voto dirà che non è così, dieci
defezioni tra le linee pentastellate farebbero mancare i numeri alla maggioranza,
intervengono in soccorso proprio quei partiti di destra che la Lega vorrebbe
fagocitare, la magistratura di Catania non potrà procedere contro il Ministro,
ma gli equilibri di maggioranza ne escono segnati.
L’inverno ormai
terminato dice che i tentativi di prendere il largo dalla Libia o Tunisia
aumenteranno. Ad oggi nessuna nave indipendente è presente nello specchio
d’acqua tra Lamepdusa e l’Africa, la missione Sophia organizzata e finanziata
dalla UE pare avviata alla dismissione, la decisione definitiva sarà presa in
una riunione dedicata il 31 marzo, ma la sorte sembra già segnata. Se nessuno
resterà in mare ad osservare – e salvare persone, se non si avrà più notizia
dei battelli che comunque non cesseranno di provarci, allora sarà gioco facile
strombazzare, nella campagna elettorale permanente in cui viviamo, che gli
sbarchi sono finiti. Continueranno nel silenzio, continueranno i lampedusani a
tirare a riva vivi e morti, così come lungo la rotta dei Balcani un esercito di
camminatori non ha mai smesso di sfidare le frontiere d’Europa
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