venerdì 29 marzo 2019

Verona trema, la marea sta arrivando

Tra poche ore avrà inizio il WCF alla presenza di ministri e figure di spicco della politica italiana, ma mentre il fronte del male discuterà di come impedire la libertà di scelta, fuori esploderà la gioia femminista
Tra poche ore nella sontuosa location del Palazzo della Gran Guardia di Verona avrà inizio, preceduta da una scia di polemiche, la tredicesima edizione del World Congress of Families. L’evento ha carattere internazionale e riunisce politici, attivisti e associazioni di tutto il mondo, con l’obiettivo dichiarato di «affermare, celebrare e difendere la famiglia naturale come sola unità stabile e fondamentale della società».

La citazione è presa dal sito dell’evento e se la definizione di «sola unità stabile» non bastasse a destare dubbi sulle reali intenzioni di questo incontro basta dare un’occhiata al programma e ai relatori per scoprire l’universo parallelo in cui si colloca il parterre veronese.
Si tratta di un circuito che collega formazioni della destra conservatrice e cattolica di tutto il mondo, tenendo dentro anche derive apertamente neo-fasciste come ad esempio Forza Nuova in Italia. L’idea di fondo è che la libertà delle donne e le conquiste civili come l’eguaglianza sul lavoro, l’aborto e il divorzio siano deleterie per la tenuta della famiglia tradizionale e causa del calo demografico. Ovviamente qualsiasi discostamento dalla norma eterosessuale viene considerato patologico e da disconoscere sul piano dei diritti. Basti pensare che uno dei medici presenti all’iniziativa, Massimo Gandolfini definisce l’omosessualità “un disagio identitario”.

Verona ospiterà la tredicesima versione di questa reunion, sarà la terza volta in tredici anni che al congresso parteciperanno personalmente membri del governo ospitante. Le prime due sono state nel 2018 in Moldavia e in Ungheria nel 2017, quando è stato promosso e presenziato dal premier Orbán.

In Italia, dopo un’aspra opposizione sociale e le lapidarie parole del Vaticano che si è di fatto sottratto dall’inziativa, la Presidenza del consiglio è stata costretta a ritirare il patrocinio inizialmente concesso. É rimasto comunque il logo del comune di Verona e soprattutto la presenza annunciata e rivendicata del sindaco della città, del governatore della regione Zaia, del ministro dell’Interno Salvini, del ministro della famiglia Fontana e, fatto di una gravità inaudita, del ministro dell’istruzione Bussetti.
La presenza del ministro dell’Istruzione a un evento del genere è un dato a dir poco allarmante, che rivela i veri obiettivi di questo incontro: influenzare le politiche degli stati e, in questo caso, forse anche i programmi scolasitici in direzione della negazione dei diritti acquisiti, in particolare per le donne e le soggettività lgbtq. L’università di Verona proprio per questo nei giorni precedenti si era rifiutata di concedere i suoi spazi per il congresso e aveva reso pubblico un appello, firmata del rettore e da oltre 500 tra docenti e ricercatori, in cui si metteva in evidenza «l’orientamento profondamente reazionario» dell’evento e la mancata validità scientifica delle tesi promosse da molti degli invitati. Rimostranze ci sono state anche da parte dei lavoratori Istat, che hanno costretto il nuovo presidente, Giancarlo Blangiardo, ha rinunciare alla presenza, dopo che è stato fatto notare che la vicenda avrebbe potuto gettare ombre sul ruolo imparziale dell’istituto di ricerca.

Verona quindi si prepara ad accogliere quella che agli occhi di qualcuno potrebbe essere solo una sfilata folkloristica di fondamentalisti e invasati, ma in realtà si configura anno dopo anno come il consolidamento di un fronte politico globale, unito dalle istanze sovraniste e da una cultura brutalmente sessista.

Ma questo summit della vergogna non agirà indisturbato. Non Una di Meno ha convocato una tre giorni di mobilitazione “Verona Transfemminista” che avrà il suo culmine nella manifestazione di sabato 30 marzo. Da settimane procede l’organizzazione di bus da tutta Italia che convergeranno nella cittadina veneta per invaderla di corpi, parole, pratiche e istanze che vanno nella direzione opposta di ciò che sarà discusso nelle sale del Palazzo della Gran Guardia.
È la prima volta che il WCF trova ad aspettarlo una protesta di massa. Oltre alle tantissime associazioni, spazi femministi, centri antiviolenza, consultori e collettivi che parteciperanno alla tre giorni, hanno annunciato la loro presenza al corteo anche alcune sigle sindacali e partitiche a cui è stata esplicitata la richiesta di non portare le proprie bandiere in piazza per mantenere l’indipendenza delle protesta.

Tutte le info sulle inziative della tre giorni sono sul blog di Non Una di Meno, il primo giorno ci saranno performance, laboratori e dibattiti. Il secondo vedrà sfilare il corteo mentre domenica ci sarà un’assemblea plenaria in cui interverrano anche le molte delegazioni di attiviste venute dall’estero per unirsi alla contestazione, tra cui l’argentina Marta Dillon. Il movimento femminista muove ancora una volta dei passi in avanti, nonostante tutti i tentativi di bloccare questa grande trasformazione.

Foto di copertina di Daniele Napolitano

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